Se si considera la “variabile” enogastronomica, l’Italia nel mondo ha uno share invidiabile: “è vista molto bene, come un Paese riuscito a valorizzare al massimo questo aspetto che rappresenta un tratto distintivo della sua immagine. Secondo una ricerca molto ampia che abbiamo condotto in 18 Paesi per cercare di capire quali erano i valori attribuiti all’Italia, quali i nostri punti di forza e quali quelli di debolezza, l’enogastronomia è risultata in assoluto essere uno dei settori di punta del nostro Paese, e che non solo qualifica la nostra attività economica, ma rappresenta un fattore di attrazione del turismo. E questo mi ha colpito molto perché se, come immaginavo, il primo fattore sono il patrimonio culturale-artistico e le bellezze del nostro Paese, è molto interessante vedere come subito a ridosso ci sia l’enogastronomia. Siamo, cioè, un Paese bello, nel quale si vive bene, grazie a queste caratteristiche”. È l’analisi a WineNews di Nando Pagnoncelli, il più celebre sondaggista italiano, popolarissimo in Tv, punto di riferimento con i suoi immancabili e seguitissimi rilevamenti politici su La7 con Dimartedì. Un grande successo quello dell’enogastronomia italiana nel mondo, per il quale, però, secondo il presidente di Ipsos Italia, c’è un prezzo da pagare e “un rischio che si chiama Italian Sounding, una minaccia molto seria dovuta al fatto che la produzione enogastromomica italiana è talmente apprezzata che molti truffatori utilizzano nomi che evocano prodotti italiani”.
Un’immagine non fissa, ma dinamica perché capace di crescere ancora grazie al fatto che il nostro Paese si dimostra attento se si focalizza l’interesse sui temi più caldi del momento. “Negli ultimi anni l’Italia ha mostrato una crescita molto significativa della sensibilità rispetto alle questioni della sostenibilità, che si declina prevalentemente sui temi ambientali, ma - spiega il sondaggista - si registra anche una crescente attenzione - e lo vediamo dalle centinaia di ricerche di mercato che realizziamo sui prodotti alimentari - alla naturalità dei prodotti, e al fatto che, a differenza del passato, si leggono di più, per esempio, le etichette”. Studi e ricerche di mercato ma anche qualititative, dalle quali emerge che “magari non si hanno grandissime competenze in ambito alimentare, però c’è un maggiore interesse verso questi aspetti perché si ritiene che sia un momento nel quale la sensibilità alimentare e quella ambientale vadano di pari passo”. Le ragioni “sono da ricercare da un lato nel diverso stile di vita e nella qualità della vita individuale e familiare, dall’altro - conclude - perché c’è più attenzione a quelli che possono essere i destini del pianeta, e le condizioni in cui lo lasceremo alle generazioni futuro”. E questa attenzione passa anche dalla tavola.
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