“Ora che siamo tutti sulla stessa barca, non credo, tutto sommato, che l’immagine dell’Italia sia compressa, perché è così per tutti, e anche tutti gli altri Paesi dovranno recuperare la propria. Anzi, per la prima volta, sta succedendo che altrove stanno studiando quello che facciamo noi. E passate l’emergenza e la paura, l’Italia avrà una tale voglia di rifarsi che ci sarà un’effervescenza che coinvolgerà tutto. Non condivido le ipotesi economiche pessimistiche: di solito dopo guerre e catastrofi i Paesi rifioriscono. Sconfortano all’inizio, ma poi fanno esplodere tutti gli anticorpi della comunità”. Riflessioni, a WineNews, dell’antropologo Marino Niola, giornalista, scrittore e professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
In parentesi: ecco, nel momento difficile che l’Italia sta vivendo, dove, secondo Niola, abbiamo messo il cibo, simbolo di italianità, convivialità e dello stare insieme, tutti aspetti che abbiamo esportato nel mondo e che ci rendono famosi. Perché “gli italiani non possono mettere in discussione il loro rapporto con il cibo, e lo conferma il fatto che, forse, non hanno mai cucinato e non si sono mai scambiati tante ricette come in questo momento. Addirittura si fanno aperitivi e cene in chat, dove ognuno sta a casa sua e si collega con gli amici, mangiando, bevendo e conversando di vino e di cibo”. E quando lentamente torneremo alla normalità, “non ci dimenticheremo di quello che abbiamo imparato, come ad ottimizzare, a massimizzare e a non sprecare. Prima quando ci facevano tante prediche su questo, non le ascoltavamo, ora invece stiamo capendo che è importante. Queste sono le lezioni che non si dimenticano”.
“Anche il vino non è che non si sta bevendo, anzi - aggiunge - l’enoteca sotto casa che mi rifornisce a domicilio, mi dice di non aver mai venduto tanto. Perché il vino fa socialità, tra chi sta insieme in casa, tira su il morale, rincuora. Durerà un po’ di fatica, per le difficoltà di approvvigionamento che ci sono ora e perché le sue aziende sono ferme, ma il settore si riprenderà”.
La crisi dell’Italia è eccezionale, conclude il professore, “ma mi ricorda epoche che ho sentito raccontare dai miei genitori, in tempo di guerra e di epidemie del passato. È un brutto momento ma al confronto di quei racconti non è nulla”.
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