La stagione avanza, i raccolti fanno fatica a lasciare i campi, perchè manca manodopera. Un ritornello, l’ennesimo, che si ripete dall’inizio della crisi Covid. Lo hanno ribadito, a turno, tutte le principali di organizzazioni di categoria, sottolineando come manchino dai 250.000 ai 350.000 lavoratori, soprattutto perchè si è fermato l’afflusso dall’estero, Est Europa in primis. Dalla politica, anche in questo caso, arrivano divisioni, messaggi dal titolo “stiamo lavorando” ma, ad ora, niente di concreto e risolutivo. Il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, per esempio, spinge per la regolarizzazione degli immigrati irregolari, “per sottrarli al caporalato” e anche per una questione di sicurezza sanitaria. Altri, sia nelle opposizioni, come la Lega di Salvini, ma anche Presidenti delle Regioni di schieramenti che sono al Governo, dicono, invece, di puntare innanzitutto, con interventi di legge mirati, a chiamare nei campi chi è in cassa integrazione per la crisi di altri settori, turismo e ristorazione in primis, ma anche chi percepisce il reddito di cittadinanza. Anche stimolando il senso di responsabilità nei confronti di un paese in grande difficoltà. Fatto sta che, ad oggi, a livello normativo, si muove poco o nulla, e le istituzioni prendono ispirazione dalle iniziative messe in campo in ordine sparso dalle organizzazioni di categoria che, attraverso portali ed app, cercano di far incontrare, tra mille difficoltà, domanda e offerta. “Per fare incontrare la domanda e l’offerta nel settore dell’agricoltura, potremmo valutare l’utilizzo di app che già utilizzano regioni come il Lazio - ha detto oggi, via Facebook, il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo - ho finito poco fa un incontro con i sindacati e con le associazioni datoriali sull’emergenza della manodopera nel settore agricolo. Stiamo lavorando, ci hanno rivolto delle richieste e ho delle possibili soluzioni”.
Come già riportato nei giorni scorsi, proprio alle app e a internet si sono affidate organizzazioni come Coldiretti, con “Jobincountry”, e Confagricoltura, con “AgriJob”, mentre la Cia, in queste ore, ha siglato un accordo con l’agenzia Synergie Italia, per incentivare il reclutamento. Ma niente che possa avere la portata di una normativa di emergenza di livello nazionale.
“La situazione è prossima a diventare davvero molto difficile, agli agricoltori è stato detto di continuare a produrre, e continuiamo a farlo con responsabilità - ha detto il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - e senza lamentarci guardando anche la difficoltà di altri settori. Ma non riusciamo a reperire manodopera, manca il flusso dell’Est Europa e dai Paesi extracomunitari. E mancano tanti collaboratori ricorrenti, molti che vengono da anni e sono già formati e qualificati. Non so se a breve avremo risposte dell’Europa, e ad utilizzare quei “corridoi verdi” che, invece, funzionano verso la Germania, per esempio. A chi solleva il tema dei salari, rispondo che non c’è differenza a seconda della provenienza, ovviamente: c’è un contratto nazionale che vale per tutti. Noi come organizzazione abbiamo chiesto anche di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge”.
Mezzo milione di giornate di lavoro sono andate perse in agricoltura a marzo con la chiusura delle frontiere ai lavoratori stranieri per far fronte all’emergenza coronavirus, rilancia ancora la Coldiretti, nel sottolineare che per non far marcire i raccolti nelle campagne e garantire le forniture alimentari alla popolazione è necessario che vengano varati al più presto strumenti più flessibili come i voucher per pensionati, studenti e cassaintegrati.
“In piena pandemia si è verificato - sottolinea la Coldiretti - un calo del 10% delle giornate di lavoro nel mese di marzo nonostante il fatto che il secondo inverno più caldo dal 1800 abbia anticipato la maturazione delle primizie con l’avvio delle raccolte, dagli asparagi alle fragole. Un segnale drammatico, con il calendario delle raccolte che si intensifica con l’avanzare della primavera. Dopo fragole, asparagi, carciofi, ortaggi in serra (come meloni, pomodori, peperoni e melanzane in Sicilia) con l’aprirsi della stagione i prodotti di serra lasceranno il posto a quelli all’aperto, partendo dal sud per arrivare al nord. Le raccolte di frutta delle prossime settimane stanno partendo con la raccolta delle ciliegie in Puglia, a seguire partirà la raccolta delle albicocche, poi prugne e pesche, sempre iniziando dal meridione, per poi risalire lo stivale ed arrivare, con la scalarità delle diverse varietà fino a settembre. A maggio inizia la raccolta dell’uva da tavola in Sicilia, a giugno le prime pere, ad agosto le prime mele e l’inizio della vendemmia mentre a ottobre inizia la raccolta delle olive e a novembre quella del kiwi. Una ricchezza del Paese che - precisa la Coldiretti - non può andare perduta in un momento in cui le scorte alimentari rappresentano una risorsa strategica del Paese per le difficoltà nel commercio internazionale e le misure protezionistiche adottate da molti Paesi. Con il blocco delle frontiere sono venuti a mancare almeno 200.000 lavoratori stranieri che arrivavano temporaneamente in Italia per la stagione di raccolta per poi tornare nel proprio Paese. È quindi ora necessaria subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne - afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini - l’Italia non ha bisogno di posizioni ideologiche o di scorciatoie, ma di scelte pragmatiche per il bene del Paese, come quelle che riguardano l’agricoltura e la produzione alimentare. Secondo l’analisi Coldiretti quasi 1/3 dei lavoratori stagionali agricoli che veniva in Italia temporaneamente lavorava in sole 6 province e quelle che registrano i valori assoluti più elevati sono Bolzano (6%), Verona (5%), Foggia (5%), Latina (4%), Trento (4%) e Cuneo (4%), dove i voucher rappresentano l’unico realistico strumento per intervenire concretamente.
Per combattere le difficoltà occupazionali, garantire le forniture alimentari e stabilizzare i prezzi con lo svolgimento regolare delle campagne di raccolta in agricoltura la Coldiretti ha varato la banca dati “Jobincountry” autorizzata dal Ministero del Lavoro” precisa Prandini nel sottolineare che si tratta di piattaforma di intermediazione della manodopera autorizzata che offre a imprese e lavoratori un luogo di incontro, prima virtuale on line e poi sul campo. In pochi giorni sono giunte migliaia di richieste di cittadini italiani in difficoltà e tra questi per le difficoltà dell’industria, del turismo e di altri settori del commercio - rileva la Coldiretti - molti beneficiano di un ammortizzatore sociale che perderebbero se fossero assunti nei campi. E per questo che servono in voucher limitatamente a certe categorie e solo strettamente per il periodo di emergenza del coronavirus al termine del quale è auspicabile la ripresa del mercato del lavoro”.
Intanto, proprio in queste ore, l’Italia è tornata a rivolgersi all’Europa, con il Ministro Bellanova che in collegamento con il Commissario Europeo all’Agricoltura Janus Wojciechowski, chiede un intervento “immediato ed efficace della Commissione Europea perché alla filiera agricola e alimentare italiana arrivino chiari, concreti, segnali di sostegno. La fase che stiamo attraversando è estremamente complicata e dobbiamo tutti insieme impegnarci al massimo per affrontare le diverse emergenze e sostenere quotidianamente le nostre aziende”, ha esordito Bellanova, ribadendo quanto contenuto nel documento italiano già inviato alla Commissione: attivazione degli strumenti di mercato previsti dal regolamento Ocm e di quelli necessari a fronteggiare il blocco del canale horeca, Ocm vino, risorse per soddisfare le richieste del mondo produttivo, semplificazione e flessibilità nelle procedure e nell’utilizzo degli strumenti. “Ti chiedo di fare il possibile”, ha rimarcato Bellanova, “per attivare immediatamente gli strumenti di mercato, già previsti dal regolamento dell’Ocm, per un primo segnale positivo ai nostri operatori e a quei comparti produttivi, come latte, carni, ortofrutta e vino, particolarmente messi a dura prova. È necessario attivare urgentemente efficaci strumenti di intervento come lo stoccaggio privato di formaggi, carne bovina, carne suina e ovicaprina; attivare l’ammasso anche per i vitelli di età inferiore a 8 mesi; nel settore latte lo stoccaggio privato anche per il latte refrigerato e i semilavorati; definire un sostegno finanziario adeguato per soddisfare le richieste provenienti dal mondo produttivo; semplificare e rendere estremamente flessibili gli strumenti e le procedure”. Sull’Ocm vino, “ho apprezzato”, ha detto Bellanova, “l’apertura della Commissione. Serve però maggiore ambizione, e tutta la flessibilità possibile per le varie misure contemplate, oltre ad un’assegnazione aggiuntiva, in modo da sostenere le misure in grado di contrastare l’eccesso di offerta sui mercati, ad iniziare dalla distillazione, per la quale chiedo un tuo intervento preciso”. E se “una attenzione specifica merita il settore della floricoltura, che sta registrando perdite ingenti, in molti casi con effetti irreversibili”, sullo sviluppo rurale, ha concluso Bellanova, “è necessaria maggiore flessibilità nelle riprogrammazione, per ampliare il raggio d’azione degli strumenti finanziari e autorizzare un overbooking sui fondi Feasr 2021”.
E, ancora dall'Europa “italiana”, arriva una proposta indirizzata proprio al Ministro Bellanova, firmata da Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann, coordinatori S&D e PPE alla Commissione Agricoltura dell’Europarlamento. “C’è una soluzione per dare una risposta immediata alla mancanza di lavoratori stagionali nelle campagne italiane, garantendo la loro e la nostra sicurezza contro il diffondersi del coronavirus. È “quarantena attiva”, che può contribuire a salvaguardare un quarto del made in Italy e la sopravvivenza di molte aziende agricole italiane , ormai in ginocchio per la mancanza di manodopera. L’approccio che seguono altri Partner europei - spiegano i due deputati Ue - riguarda i lavoratori agricoli stagionali che provengono da altri Paesi dell’Unione. In Italia arrivano soprattutto dai Paesi est-europei, Polonia e Romania in testa, e rappresentano una componente fondamentale di numerosi “distretti agricoli”: dalla raccolta delle mele in Trentino Alto Adige all’ortofrutta in Emilia Romagna”. Il protocollo per la “quarantena attiva”, che sta già dando buoni risultati, spiegano De Castro e Dorfmann, prevede che nei primi 14 giorni dal loro arrivo, ai lavoratori venga concesso di svolgere le attività agricole, purché obbligatoriamente separati dagli altri dipendenti per quanto riguarda gli alloggi, occupati (a eccezione delle famiglie) per la metà della loro capienza, con l’obbligo di seguire norme igieniche rigorose. Sui campi, invece, i lavoratori devono essere ripartiti in squadre di lavoro costanti e ristrette in termini numerici, in modo che in caso di sospetto di contagio, il dipendente possa essere immediatamente isolato e segnalato al Servizio sanitario nazionale al pari di tutti i componenti della sua squadra. “Questo approccio darebbe una risposta anche alle sollecitazioni e alle richieste di riconoscimento dei diritti dei lavoratori agricoli che ci stanno arrivando da varie organizzazioni, da Caritas a Slow Food, a Effat, la Federazione europea dei sindacati alimentari, agricoli e turistici. Anche gli agricoltori italiani - concludono De Castro e Dorfmann - sono pronti a fare la loro parte, nell’interesse comune che i nostri prodotti possano continuare ad arrivare sulle tavole delle famiglie italiane”. Parole, annunci, richieste, proposte. Tante. Ma ora servono i provvedimenti.
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