In piena tempesta Covid, la nave del vino italiano diretta verso i mercati del mondo, non è naufragata, e anzi, secondo tante fonti (dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma a quello di Unione Italiana Vini, passando per le analisi di Confagricoltura), è riuscita, almeno nei primi 3-4 mesi 2020, a tenere la rotta, pur in mezzo a mille difficoltà portate dal lockdown attuato in tanti Paesi. In alcuni, dove il canale prevalente dei vini italiani è l’Horeca, le cose sono andate peggio, mentre in altri, dove le etichette del Belpaese sono forti anche in Gdo o nei Monopoli (come testimoniano i buoni dati di Usa e Canada), l’impatto è stato in parte assorbito. La tenuta nei mercati esteri, almeno nei primi mesi 2020, si legge anche guardando alle performance delle diverse Regioni registrate dall’Istat, analizzate da WineNews.
Nel complesso, il primo trimestre parla di un export 2020 cresciuto del 6,2% (sullo stesso periodo 2019), a quota 1,5 miliardi di euro. Il Veneto del Prosecco e dell’Amarone, del Soave e del Lugana, tra gli altri, si conferma locomotiva delle esportazioni italiane, con una crescita del +7,4 per 542 milioni di euro, davanti alla Toscana del Chianti Classico e del Brunello di Montalcino, del Chianti e del Nobile di Montepulciano, del Morellino di Scansano e della Vernaccia, per citare gli alfieri più celebri, che tra le grandi Regioni del vino italiano è quella che è cresciuta di più, a +12,2%, per 246 milioni di euro. Sul gradino più basso del podio c’è il Piemonte di Barolo e Barbaresco, della Barbara d’Asti e del Nizza, del Gavi e dell’Asti, dell’Alta Langa e del Roero, sostanzialmente stabile, a +1,4%, per 235 milioni di euro.
Ha tenuto anche il Trentino Alto Adige del Teroldego e del Trentodoc, che ha spedito nel mondo 132 milioni di euro di vino (+3,2%), così come l’Emilia Romagna di Lambrusco e Sangiovese(+0,8%), a 75 milioni di euro. Tra le Regioni principali per valore, invece, in grande sofferenza la Lombardia, in calo del -14,3% a 59 milioni di euro, e anche l’Abruzzo, giù del 2%, a 44 milioni di euro, mentre crescono in maniera importante le grandi regioni del Sud: +33,6% per la Sicilia, con la sua grande Doc regionale, ma anche con l’Etna, la Val di Noto, Vittoria e così via, che ha spedito vino per 45 milioni di euro, +20,5% per la Puglia del Primitivo di Manduria e del Salento, del Nero di Troia e dei vini di Castel del Monte, a 44 milioni di euro. In crescita, tra le altre anche il Friuli Venezia Giulia del Collio e del Friulano, a +6,9%, le Marche del Verdicchio e del Rosso Conero a +5,9%, e ancora il Lazio (+16%), le Marche (+5,9%), la Campania (+35%) e la Basilicata (+6,2%). Trend negativo, invece, per Sardegna (-5,1%), Calabria (-7,7%), Molise (-1,2%), Umbria (-7,9%) e Valle d’Aosta (-18,1%).
Questo, dunque, lo stato dell’arte fotografato dall’Istat, in una fase influenzata solo in parte dalla Pandemia, e con un avvio sprint legato ai timori di nuovi dazi in Usa e delle Brexit nel Regno Unito che, vale la pena ricordarlo, ha spinto alla corsa alle scorte due dei principali mercati del vino italiano. Non una “Caporetto”, dunque, ma neanche un trionfo, in attesa dei dati sul secondo trimestre dell’anno, che ha visto la ristorazione di gran parte del mondo sostanzialmente ferma per entrambi i mesi di aprile e maggio 2020, e che sta facendo i conti, in queste settimane, con una lenta e difficile ripartenza.
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