Il mercato internazionale del commercio enoico, che pure non si è mai fermato, entra in una fase del tutto nuova. Finora, almeno per il vino italiano, le esportazioni nei mercati del mondo hanno tutto sommato tenuto, ma la coda lunga della pandemia che coinvolge tanti Paesi del mondo, a partire dagli Usa, che valgono da soli un quarto delle esportazioni di vino made in Italy nel mondo, fanno supporre, con molta probabilità, che le maggiori difficoltà debbano ancora venire. E, in questo quadro, viste le tante restrizioni e le difficoltà a viaggiare liberamente e serenamente da un Paese all’altro, che complicheranno il lavoro di produttori ed export manager ancora per un bel pò, la promozione ha bisogno di ripensarsi. Chissà se per un periodo di passaggio, come messo in conto già da mesi, o per un lasso di tempo più lungo.
Di certo, c’è che tutto ciò che ruota intorno alla promozione tradizionale - eventi, fiere, wine dinner, e quant’altro - è praticamente fermo (anche se in giro per l’Europa qualcosa torna, lentamente, a muoversi), con tanti progetti finanziati dall’Ocm Promozione che, evidentemente, non hanno visto e non vedranno la luce.
Si tratta di milioni e milioni di euro, indispensabili per il vino italiano, che hanno assoluto bisogno di essere riprogrammati, e quindi spostati, su altri progetti. Di natura diversa, che non preveda la presenza fisica degli imprenditori e dei manager, e che passi quindi per format virtuali e per un grande piano incentrato sull’online. Da approntare, però, in tempi brevi, perché se c’è una cosa che l’emergenza Coronavirus ci ha insegnato è che le decisioni vanno prese velocemente, ed è un invito che riguarda tutti: associazioni dei produttori, Ministero delle Politiche Agricole e Regioni, perché qualcosa è già stato fatto, in termini legislativi, ma tanto altro c’è da fare. Magari sfruttando l’occasione per dare vita ad un ente unico di promozione del vino italiano, richiesta che arriva da tempo, e da più parti, o comunque unire le forze in azioni più incisive.
Il mondo, del resto, sta cambiando in fretta, così come i consumatori ed il loro approccio al mercato, e perdere risorse già allocate è un lusso che il vino italiano non può permettersi.
Ecco perché, se ci sono progetti che non potranno vedere la luce, e se non c’è stata finora la capacità di riconvertirli, forse sarebbe il caso di rinunciare ai fondi Ocm e permettere a chi è dietro in graduatoria, ed ha capacità di spesa (ricordiamo che in seguito all’emergenza la quota di cofinanziamento dell’Ocm è passata dal 50% al 60%, ndr), di mettere a sistema i fondi che, altrimenti, rischiano di tornare a Bruxelles. Sarebbe uno smacco. Anche perché, il Ministero delle Politiche Agricole, di concerto con le Regioni, con il decreto n. 6986 del 2 luglio, ha già smosso qualcosa: il limite temporale per presentare i progetti di promozione è slittato prima al 15 ottobre, poi al 31 marzo 2021. Concedendo alle imprese, e ai gruppi di imprese, altro tempo per riconvertire i propri piani.
Cosa un po’ più semplice per le aziende più strutturate, che possono contare su piani articolati di promozione e vendita, su una forza vendita distribuita sul territorio e su figure come il brand manager (che può assorbire fino al 20% del budget di un progetto), e quindi meccanismi di promozione gestiti direttamente dalla distribuzione, e accompagnati da piani di advertising: per loro la riconversione digitale sarà più semplice.
Le aziende che invece avevano un piano promozione sbilanciato su degustazioni e wine dinner, ma anche su fiere organizzate da terzi, sono destinate ad avere più difficoltà.
Il decreto del Ministero delle Politiche Agricole che ha rivisto tutto il funzionamento dell’Ocm Promozione, attraverso variabili piuttosto complicate (modifiche ai programmi e alle azioni di promozione, rimodulazioni degli importi e così via) permette comunque una certa elasticità nella gestione dei fondi. Che va al di là della riprogrammazione, a volte non semplice, e coinvolge anche la capacità di spesa delle singole aziende, permettendo, entro certi limiti, di rivedere le quote di partecipazione di ognuna, così che chi è in difficoltà abbasserà la propria, e chi ha risorse può investirle. E poi, si può passare da una voce di spesa all’altra senza particolari difficoltà, ad esempio dalla pianificazione di un evento alla pubblicità tabellare, entro certi limiti di spesa e di proporzione, ma anche oltre, con una variante al progetto.
Insomma, degli strumenti per ripensare la promozione, esistono. Magari sono ancora migliorabili. Ma ora più che mai serve davvero che il sistema del vino italiano cambi passo, e pur nella consapevolezza della diversità delle migliaia di aziende che lo costituiscono, riesca a fare sintesi su pochi obiettivi fondamentali e comuni a tutti. Quantomeno per difendere le proprie quote di mercato, e le posizioni di leadership conquistate in tanti anni di duro lavoro, in cui tanti produttori, anche con il supporto delle rappresentanze e delle istituzioni, hanno battuto marciapiedi, ristoranti, locali e fiere di tutto il mondo. Mantenere quelle posizioni, per essere pronti a ripartire quando il mondo tornerà alla normalità, sarà fondamentale.
Sprecare o perdere risorse per farlo, in questa fase più che mai, sarebbe davvero un errore imperdonabile.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024