Da sabato, in tutta Italia, è entrato in vigore il nuovo Dpcm, la cui efficacia si esaurirà il 5 marzo 2021, che regola l’esercizio delle diverse attività economiche, con le restrizioni e i limiti dentro i quali potranno lavorare ristoratori e non solo. Con una novità, tra le pieghe del decreto, per l’enoturismo, a volte dimenticato, ma che nelle Regioni gialle potrebbe tornare a vedere la luce, sulla scorta delle riaperture dei musei nei giorni festivi. Ma anche una norma che grida vendetta, che equipara le enoteche ai bar, non permettendo la vendita di vino e alcolici dopo le ore 18, comunque ammessa, al contrario, in Gdo.
Ma partiamo dalla buona notizia, perché, come spiega, a WineNews, l’avvocato Marco Giuri, tra i massimi esperti di normativa vitivinicola e non solo, ossia l’enoturismo e le visite in cantina, “un tema complesso, che riguarda la visita e la degustazione, per cui non possiamo riferirci ad un unico criterio. Con l’apertura, nelle Regioni gialle, della somministrazione, è sicuramente consentito organizzare le degustazioni. Rimaneva un margine nebuloso rispetto alle visite in cantina e in vigna, elemento chiarito dal fatto che nelle Regioni gialle, nei giorni feriali, sono consentite le riaperture dei musei e delle mostre, con ingressi contingentati. Utilizzando lo stesso criterio, anche le cantine, durante i giorni feriali, nelle Regioni gialle, possono riaprire. Ovviamente, facendo attenzione al contingentamento, e quindi predisponendo dei sistemi di prenotazione anticipata in modo da sapere, in azienda, chi arriva, quando e garantire gli stessi criteri di sicurezza dei musei. La buona notizia - sottolinea Marco Giuri - è che con questo nuovo Dpcm si può sicuramente riaprire nelle Regioni gialle all’enoturismo”.
Per una possibilità che si apre per il vino italiano, almeno in quelle Regioni in cui musei e ristoranti hanno riaperto, c’è però un evidente mancanza nei confronti di un’altra componente fondamentale per il settore, le enoteche. Comprese, nel nuovo Dpcm, tra le attività (negozi specializzati con codici Ateco 47.25) a cui è espressamente fatto divieto di vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica e analcolica dalle ore 18, lasciando invece libertà di vendita di tali bevande a tutti gli altri negozi commerciali. Una norma che lascia a dir poco perplessi, perché nasce con l’intento di evitare assembramenti, ma si avvita su se stessa nella definizione stessa di “asporto”. Vinarius, l’Associazione delle Enoteche italiane, ha scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, chiedendo, “un sollecito chiarimento in merito affinché non vengano discriminati attività e operatori professionali appartenenti al settore del commercio di bevande alcoliche e analcoliche. La preoccupazione deriva dal fatto che inibire l’apertura dopo le 18 toglie all’enoteca il 30% del fatturato giornaliero in un quadro economico generale che ci vede già penalizzati”.
C’è da capire se si tratti di una svista o di una decisione presa arbitrariamente, ma nei prossimi giorni sono attese risposte da parte del Governo. A livello normativo, per entrare nel dettaglio, il Dpcm prevede che “su tutto il territorio nazionale, a prescindere dal colore della Regione, per tutti i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dai codici Ateco 56.3, ossia bar e servizi simili senza cucina, e 47.25, commercio al dettaglio di bevande in esercizi specializzati, da non consumarsi sul posto, l’asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18”, spiega ancora l’avvocato Giuri.
Questo crea un problema, “perché se ho un’enoteca, che ha il codice prevalente 47.25, come tutte le enoteche, dopo le 18 non posso più vendere bottiglie. Non si parla di asporto, di bicchieri o di degustazioni, ma della classica vendita della bottiglia, perché purtroppo ci si riferisce al concetto generale di asporto, di cui non esiste una definizione giuridica, e quindi si deve intendere il portare fuori il prodotto dal locale a dove ho intenzione di consumarlo. È un concetto talmente generico che dentro ci rientra anche la commercializzazione, arrivando al paradosso che mentre bar e enoteche non possono più vendere successivamente alle 18, altri codici Ateco, come la Gdo (47.11), possono venderlo. Mi pare una disuguaglianza oggettiva, probabilmente un errore o una svista del legislatore, che ha utilizzato il termine improprio di asporto per sottolineare il fatto che questa modalità possa generare assembramenti all’esterno dei locali. Meglio avrebbe fatto - conclude Marco Giuri - a vietare la vendita, e ci aspettiamo che nelle prossime ore ci possano essere dei chiarimenti da parte del Governo, così come su altri fronti, perché questa situazione venga risolta. È iniquo garantire la vendita di vino e alcolici a codici Ateco diversi escludendo bar e enoteche”.
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