Quella italiana “è un agricoltura ricca fatta da agricoltori poveri”: nella sintesi del direttore del Crea, Stefano Vaccari, c’è il senso di un comparto strategico dell’economia italiana, con i suoi primati e le sue debolezze, e che, con la sua “filiera allargata”, vale il 15% del Pil. Settore che è stato strategico per la tenuta economica, sociale e occupazionale del Paese anche nell’anno del Covid, come sottolineato dal Sottosegratario alle Politiche Agricole, Giuseppe Labbate, nella presentazione dell’Annuario dell’AgricoItura Italiana n. 73 del Crea. Che fotografa la situazione al 2019, in un quadro precedente quindi, al 2020 (che, nei primi 9 mesi, ha visto comunque crescere nel complesso le esportazioni agroalimentari del +0,8% in valore, a fronte di un -4,4% nell’import, sottolinea l’Istat), ma che racconta di un’agricoltura italiana che, nonostante molti limiti strutturali ancora da superare (e anche su questo, ha ricordato Labbate, sarà strategico il Recovery Fund, soprattutto per superare ritardi sul fronte del digitale, dei trasporti e della logistica), vanta molti primati da cui ripartire. Perchè se il sistema agroalimentare italiano vale 522 miliardi di giro d’affari ed è quello a più alto valore aggiunto (31,3 miliardi di euro, davanti a Francia con 30,2 miliardi di euro, e Spagna, con 29,3 miliardi di euro, secondo i dati Istat riportati da Coldiretti), emerge che riesce a sviluppare questo valore da una superficie agricola che è la metà di quella spagnola e francese.
Nello stesso tempo, però, emerge che, degli oltre 1,5 milioni di aziende agricole italiane, solo il 27% hanno rapporti stabili con il mercato. Imprese che, va detto, ricoprono il 65% della Superficie Agricola Utilizzabile complessiva e rappresentano il 75% della produzione standard complessiva. Ma è pur vero che il 66% delle imprese agricole non sono specificamente orientate al mercato, con il 36% che ha rapporti saltuari, ed il 30% che produce per autoconsumo. Aspetto che limita, in qualche modo, la redditività del comparto, che pure è in crescita, spinta soprattutto dalla diversificazione dei servizi e delle produzioni legati all’agricoltura, a partire alla produzione di energia da superfici o fonti agricole. Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente, di cui oltre il 50% dovuto alle coltivazioni, il 29% agli allevamenti e la restante parte alle attività di supporto e secondarie. Mentre negli ultimi 10 anni, il valore aggiunto dell’industria alimentare, per esempio, è cresciuto del 12%, il doppio del manifatturiero. Indiscusso il contributo dell’agricoltura e dell’industria alimentare (incidenza sul settore del 64%) alla bioeconomia, che, con un fatturato in crescita (+1,3%) di oltre 324 miliardi di euro, costituisce ormai uno degli elementi di forza dell’economia italiana.
Come noto, la produzione a più alta qualità, ovvero quella certificata Dop e Igp, ha fatto meglio di altre di fronte alle difficoltà legate alla pandemia, e si confermano la più dinamica dell’agroalimentare italiano, con un valore che raggiunge i 17 miliardi di euro, tra componente alimentare e vinicola, e vale circa il 19% del totale dell’agro-alimentare italiano.
Sempre più significativa è la crescita delle attività connesse all’agricoltura, ormai oltre un quinto del valore complessivo della produzione agricola realizzata, dove spiccano l’agriturismo con +3,3% in valore e +4,1% di aziende nel solo 2019 (brusca flessione nel 2020 per le restrizioni conseguenti alla pandemia) e il contoterzismo (+1,7% in valore), particolarmente attivo in termini di maggiore diffusione di innovazioni tecnologiche, di ricorso alle pratiche dell’agricoltura 4.0, di facilitazioni nel rispetto di alcune prescrizioni ambientali, di riduzione del digital divide.
Ancora, sottolinea il Crea, si conferma rilevante il sostegno pubblico al settore agricolo, con 11,9 miliardi di euro nel 2019 di contributi in varie forme, soprattutto attraverso fondi europei, ma in calo rispetto agli anni precedenti: dal 2015 al 2019, infatti, si è verificata una riduzione oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali. Sul fronte degli scambi commerciali, invece, come evidenziato dal Rapporto sul Commercio Estero 2019, netta è stata la riduzione del deficit della bilancia agroalimentare italiana, sceso largamente al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. Si tratta di un dato straordinario, confermato dai primi 9 mesi del 2020, in cui, addirittura, si verifica un cambio di segno nel saldo, per la prima volta positivo dall’inizio della serie storica, grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni (+0,8%) a fronte di un importante calo delle importazioni (-4,4%). In particolare, l’export, dopo un’ottima performance nei primi tre mesi dell’anno (+6,3%) e un calo nel secondo trimestre (-4,6%) soprattutto a maggio, ha visto una ripresa dei flussi, confermata al termine del terzo trimestre 2020 (+0,8%). I settori dell’export più colpiti dagli effetti del Covid-19, nel secondo trimestre 2020, sono stati il florovivaismo, le carni, i prodotti dolciari e il vino, parzialmente compensati dalla crescita di altri importanti prodotti del Made in Italy, come la pasta, le conserve di pomodoro e l’olio di oliva.
Focus - La sintesi dei 13 capitoli dell’Annuario dell’Agricoltura Italiana n. 73 del Crea
1 - L’andamento economico del sistema agro-alimentare italiano
Il sistema agro-alimentare italiano si dimostra uno dei cardini dell’economia nazionale. Se è vero che l’insieme del valore aggiunto di agricoltura e industria alimentare supera di poco il 4% del PIL nazionale, includendo anche i settori a valle, tale incidenza sale notevolmente. Agricoltura e industria alimentare emergono, inoltre, tra i settori dell’economia nazionale più resilienti di fronte alla crisi in corso: per il 2020, si stima una riduzione pari rispettivamente a -8,6% e -8,3% in termini di valore aggiunto, contro una media generale di oltre il 10% (Istat) e sono anche gli elementi cardine della bio-economia italiana di cui rappresentando un valore pari al 64%. La bio-economia comprende i comparti produttivi che impiegano risorse rinnovabili biologiche di terra e di mare - colture, foreste, pesci, animali, micro-organismi, così come residui biologici e rifiuti e, secondo la stima del Crea, si caratterizza per una ulteriore crescita (+1,3%), con un fatturato di oltre 324 miliardi di euro costituendo, ormai, uno degli elementi di forza dell’economia italiana. L’agricoltura italiana conferma la sua leadership europea: è, infatti, la prima in Europa per valore aggiunto e la terza per produzione lorda vendibile e. in tal senso, l’Italia mostra primati importanti: oltre a quello ormai consolidato di primo produttore mondiale di vino (in volume), ha di recente guadagnato il primo posto a livello europeo nella produzione di ortaggi (in valore), superando la Spagna. L’industria alimentare nazionale ha vissuto un decennio di crescita, con il valore aggiunto che è aumentato di oltre il 12%, quasi il Doppio rispetto al manifatturiero. L’occupazione è aumentata di 1 punto percentuale, con un effetto notevole in termini di miglioramento della produttività del lavoro, cresciuta di oltre il 13%. Una performance complessivamente positiva, nel confronto con il manifatturiero, emerge anche dall’analisi dell’indice della produzione industriale: dal 2010 ad oggi, quest’ultima è diminuita, mentre quella relativa all’industria alimentare presenta un incremento di quasi 8 punti percentuali. Un contributo fondamentale alla crescita è provenuto dai mercati esteri, il cui indice di fatturato ha mostrato quasi stabilmente tassi di progressione più elevati rispetto a quello del mercato interno. Negli ultimi anni, Il sistema agro-alimentare nazionale ha mostrato un continuo processo di miglioramento della propria performance sui mercati internazionali, che ha portato a una netta riduzione del deficit della bilancia agro-alimentare italiana, sceso al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. Questo straordinario risultato non sembra minato dall’andamento dei primi 9 mesi del 2020, i cui dati mostrano, addirittura, un cambio di segno nel saldo, che assume un valore positivo grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni (+2%) a fronte di un importante calo delle importazioni (-4,6%). In particolare, le esportazioni, Dopo un’ottima performance nei primi tre mesi dell’anno e un calo nei mesi di aprile e, soprattutto, maggio, hanno visto una ripresa dei flussi, confermata al termine del terzo trimestre 2020.
2 - Caratteristiche strutturali del sistema agro-alimentare
Il sistema agro-alimentare italiano è estremamente diversificato sotto il profilo strutturale: dall’estrema frammentazione della base produttiva agricola, alla presenza di grandi imprese multinazionali nelle fasi a valle della filiera. Continua la lenta contrazione del numero delle aziende agricole, fenomeno che probabilmente subirà una accelerazione in seguito agli impatti economici negativi del periodo pandemico. Le prime indagini segnalano maggiori difficoltà di vendita e finanziarie per le aziende agricole più legate ai canali commerciali tradizionali. Cresce l’occupazione nelle industrie alimentari a fronte di una diminuzione del numero di imprese e aumenta, quindi, la dimensione media in termini di addetti in un comparto che risulta ancora molto frammentato, con la presenza di numerose unità produttive di piccole dimensioni ed artigianali. Le imprese agroalimentari, organizzate nelle forme cooperative ed associative, sono in leggera contrazione, un ulteriore segnale della difficoltà di aggregare l’offerta nel contesto strutturale italiano. L’incertezza per il futuro ha indotto una stagnazione dei consumi alimentari fin dal 2019 ma, paradossalmente, i primi dati provvisori del 2020 evidenziano una leggera crescita del valore delle vendite, anche nelle piccole superfici delle imprese di distribuzione. Il periodo pandemico ha portato i consumatori a privilegiare gli acquisti attraverso il commercio elettronico, favorendo la diffusione di questo canale anche tra gli esercizi più tradizionali che, in molti casi, si sono dotati di sito internet e servizio di vendita tramite web, garantendo la consegna a domicilio.
3 - I fattori della produzione e la redditività
Nel 2019 l’occupazione in agricoltura ha mostrato una buona dinamicità (+4,2%), soprattutto se confrontata con l’andamento dell’occupazione generale piuttosto stagnante (+0,6%). L’apporto della componente straniera ha continuato a crescere, superando il 18% dell’occupazione agricola totale. Tuttavia, la situazione pandemica, che si è venuta a creare nei primi mesi del 2020, ha generato preoccupazioni relative ad una possibile carenza di disponibilità di manoDopera stagionale, circostanza che ha riportato l’attenzione sulle condizione dei lavoratori stranieri, per i quali l’intervento delle organizzazioni di volontariato, come la Caritas Italiana, è stato particolarmente importante di fronte alle difficoltà incontrate durante il lockdown. Nel 2019, ristagna il valore medio del mercato fondiario (-0,4%), mostrando una nuova battuta d’arresto delle compravendite, Dopo due anni in cui si era intravisto qualche timido segnale di ripresa. D’altro canto, si è mantenuto alto l’interesse per la conduzione dei terreni in affitto in alternativa all’acquisto. Per quanto riguarda il credito agricolo, nel 2019 si conferma il trend decrescente, iniziato nel 2015, con una riduzione del 3,1%, tendenza che, comunque, interessa l’intera economia con ampiezza anche maggiore (-6,7%). Migliora la qualità del credito: il tasso di deterioramento dei prestiti, cioè il numero dei nuovi prestiti che entrano in sofferenza, rispetto allo stock di prestiti esistente ad inizio periodo, è passato dal 2% del 2018 all’1,8% nel 2019. Per concludere, i consumi intermedi hanno mostrato, nel complesso, una modesta crescita (+1,2%), più che altro dovuta alla variazione nei prezzi (+0,9%).
4 - Il sostegno pubblico in agricoltura
Il capitolo offre un dettagliato panorama sul sostegno e sulle politiche pubbliche in agricoltura, a diversi livelli: comunitario, nazionale e regionale. Viene dedicato un focus alla strategia europea “Farm to Fork”, una delle politiche chiave del Green Deal europeo, e un focus all’intervento pubblico in agricoltura durante l’emergenza Covid-19.
Nel 2019, il sostegno pubblico al settore agricolo nazionale, secondo la stima CREA, si è attestato sui 12 miliardi di euro circa, rilevante, seppur in calo, rispetto agli anni precedenti; infatti, dal 2015 al 2019, la riduzione del sostegno pubblico è stata di oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali.
Il sistema di sostegno si basa su fondi finanziari che provengono da tre fonti: il 64% è alimentato da risorse comunitarie, il 21% da risorse nazionali e il 15% da risorse regionali. La voce più importante della spesa comunitaria è rappresentata dai pagamenti diretti: essi rappresentano il 28% del sostegno pubblico totale in agricoltura, il 44% del sostegno derivante dalla PAC del I e del II pilastro e l’85% della spesa del I pilastro.
Nel corso dell’emergenza Covid-19, numerose sono state le misure in favore del settore agroalimentare varate per fronteggiare la crisi, tanto a livello nazionale, quanto in ambito UE. I due decreti “Cura Italia” e “Rilancio” sono stati indirizzati soprattutto a iniettare liquidità alle imprese agricole e a tutelare il lavoro in agricoltura, con interventi che hanno spaziato dall’innalzamento al 70% della percentuale di anticipo sui contributi PAC all’istituzione di numerosi Fondi speciali per la copertura di interessi su finanziamenti bancari e sui mutui contratti, per la possibilità riconosciuta alle imprese agricole di avvalersi degli interventi di garanzia per le PMI, per le filiere in crisi e per alleviare l’emergenza alimentare e fornire sollievo agli indigenti.
Sul fronte dell’Unione Europea, da un lato vi sono misure di natura procedurale, tese a rendere più flessibile il funzionamento dei Piani di sviluppo rurale 2014-2020, inserendo nei PSR una specifica misura per il contrasto all’emergenza (Misura 21); dall’altro, nell’ambito del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, è stata rafforzata la dotazione finanziaria, portata ad un valore di 1.074,3 miliardi di euro (prezzi 2018), ed è stato costituito uno strumento europeo di emergenza per la ripresa (Next Generation EU) del valore di 750 miliardi.
5 - Le produzioni agricole
Il capitolo descrive l’andamento produttivo dei principali prodotti agricoli e agroalimentari italiani nell’ultimo biennio sulla base dei dati Istat, dando conto anche dei principali interventi settoriali di politica agraria (nazionali e comunitari) e degli eventi che hanno condizionato le dinamiche dei settori, nonché dell’andamento degli scambi internazionali per prodotto. A questo proposito, nell’ambito del paragrafo sull’olio d’oliva, un box è dedicato agli effetti prodotti sulle esportazioni italiane verso gli USA dai dazi statunitensi imposti sulle importazioni di olio spagnolo. Infine, l’ormai consueto e ricco paragrafo su miele e api, che dà conto non solo degli aspetti produttivi, ma anche di quelli strutturali del settore. Il capitolo è arricchito da un focus realizzato da Ismea sull’andamento delle principali filiere agroalimentari durante l’emergenza Covid-19. Altri approfondimenti hanno riguardato particolari settori (florovivaismo e vino). Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente. Oltre il 50% di tale valore si deve alle coltivazioni, mentre gli allevamenti zootecnici pesano per il 29% circa e la restante parte si deve alle attività di supporto e secondarie. In particolare, tra le coltivazioni, patate e ortaggi pesano per il 15% del valore del totale, mentre le legnose contribuiscono per un altro 23%, con un peso dominante dei prodotti vitivinicoli che, da soli, incidono per l’11% circa. Tra le Regioni che nel 2019 hanno fatto segnare un arretramento del valore della produzione agricola, le perdite più accentuate sono state sofferte da Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, sulle quali hanno influito soprattutto le performance negative dei prodotti frutticoli e di quelli vitivinicoli. Il Nord-Est rimane indiscusso leader nella produzione vitivinicola nazionale. All’opposto, in alcune delle Regioni in cui si è registrata una crescita del valore della produzione, il risultato è dovuto al buon andamento dell’olivicoltura (Calabria), di patate e ortaggi (Campania) e del florovivaismo (Liguria). Quest’ultimo, tuttavia, è stato tra i comparti agricoli che, nell’anno seguente, hanno maggiormente risentito degli effetti del lockdown e della crisi innescata dal Covid-19 per via della chiusura dei canali di vendita interni ed internazionali, così come emerge dall’approfondimento specifico per il settore. L’emergenza pandemica ha pesato meno di quanto atteso sulla filiera del vino - così come emerge dal focus di approfondimento - e in misura limitata su quella degli ortaggi e della frutta, con effetti differenziati sugli attori riconducibili ai nuovi modelli di consumo e alla chiusura del canale Ho.Re.Ca; per l’olio d’oliva gli effetti sono contrastanti per via dell’aumento dei consumi domestici che hanno avvantaggiato le referenze presenti nella distribuzione organizzata e della mancata domanda del canale Ho.Re.Ca. e di quella alimentata dal turismo, che hanno invece penalizzato le produzioni legate al territorio. Le attività zootecniche, invece, hanno risentito soprattutto dei rallentamenti nelle macellazioni, a causa della necessità di riorganizzare le strutture per ridurre i rischi di contagio tra gli operatori.
6 - Le produzioni ittiche
Il Capitolo 6 approfondisce, per il 2019, le tematiche relative al settore ittico nazionale quali: l’attuazione delle politiche comunitarie e nazionali, la struttura della flotta e le catture, le produzioni dell’acquacoltura, l’industria di trasformazione, gli scambi con l’estero e i consumi di prodotti ittici. Diminuisce il volume e il valore degli sbarchi e, anche per la piscicoltura nazionale, si registra un lieve calo della produzione. L’industria di trasformazione continua ad essere dominata da piccole e micro imprese, spesso a carattere familiare. Migliora leggermente il saldo negativo della bilancia commerciale di prodotti ittici (5,1 miliardi di euro). L’Italia rappresenta uno dei principali paesi UE per il consumo di prodotti ittici, crescono i consumi domestici del 2,5%, in quantità e in valore, in particolare di polpi e calamari. Sul fronte degli scambi, occorre registrare una flessione del 2% per le importazioni e del 4,7% per le esportazioni. Per quanto riguarda la produzione della flotta nazionale, questa diminuisce in quantità (-10%) e in valore (-7%). Nel Mediterraneo, il livello di sfruttamento degli stock risulta ancora lontano dagli obiettivi fissati dalla PCP. A seguito dell’emergenza Covid-19, aumentano gli acquisti domestici di prodotti ittici trasformati a discapito del prodotto fresco, fortemente penalizzato anche dalla chiusura dei canali Ho.Re.Ca e dalle difficoltà di riorganizzazione delle vendite della GDO. Gli scambi commerciali con l’estero mostrano che il settore ittico è tra i più colpiti dagli effetti delle misure di contenimento. A sostegno del settore sono previsti specifici interventi comunitari e nazionali e le iniziative adottate nell’ambito dell’approccio Community-Led Local Development.
7 - Le foreste e le filiere forestali
Il patrimonio forestale nazionale copre una superficie di 10.982.013 ettari (INFC, 2015), il 36% del territorio nazionale. La sua ricchezza è pari alla sua vulnerabilità: più della metà dei boschi di latifoglie ricade in aree soggette a pericolosità da frane, il rischio di incendi ed eventi estremi aumenta a causa dei cambiamenti climatici, la scarsa gestione sostenibile e l’abbandono delle pratiche agricole e pascolive in aree montane e periurbane, aumenta le superfici a rischio di degrado, con un conseguente aumento nel rischio di innesco e propagazione degli incendi più grandi e dannosi. L’Italia rimane un importatore netto dall’estero di materie prime, limitando principalmente la propria produzione in assortimenti per uso energetico. Tuttavia, occorre sottolineare che le produzioni forestali (legname da industria e legna da ardere) mostrano un andamento crescente dal 2017 al 2019, anche grazie al materiale proveniente dai boschi colpiti nel 2018 dalla tempesta Vaia. Il macrosistema del legno coinvolge il 15,2% delle imprese manifatturiere nazionali, con l’8,4% degli addetti. La crisi Covid-19 ha indebolito sia la domanda interna che quella esterna: il Centro Studi Federlegno Arredo stima che, per l’intero 2020, il calo medio della produzione sarà del 16%. Nel 2019 la produzione della carta ha subìto un leggero calo rispetto al 2018 (-2%), mentre è degno di nota l’incremento della produzione (+0,9%) del comparto carta per uso domestico e igienico-sanitario, che permette all’Italia di confermarsi leader a livello europeo. Cresce sempre di più l’attenzione sociale al ruolo dei boschi nella lotta al cambiamento climatico e alla tutela della biodiversità, come anche la richiesta di servizi ecosistemici socio-culturali con lo sviluppo di iniziative imprenditoriali innovative dall’alto valore aggiunto.
8 - Produzioni di qualità e sicurezza alimentare
Il capitolo descrive l’andamento del sistema delle Dop-Igp e dell’agricoltura biologica, delineando i principali interventi messi in atto per assicurare la sicurezza alimentare e la gestione del rischio. Viene approfondito, inoltre, il dibattito in corso nell’Unione Europea e fra i Paesi membri riguardo alle informazioni nutrizionali da inserire in etichetta e sui sistemi proposti: Nutriscore in lizza con Nutrinform Battery (un simbolo “a batteria” che indica il contenuto di energia, espresso sia in joule che in calorie, e il contenuto di grassi, grassi saturi, zuccheri e sale, espressi in grammi, presenti in una singola porzione di alimento rispetto alle quantità giornaliere di assunzione raccomandata) e Key-hole. Questi i numeri del sistema Dop-Igp: 309 produttori alimentari Dop-Igp; 3 Stg, di cui l’ultimo registrato il 13 marzo 2020 è il piatto Amatriciana tradizionale; 88.490 operatori coinvolti tra produzione e trasformazione; 44.714 allevamenti; 229.912 ettari di superficie investita; 528 vini a denominazione, 410 Dop (divisi secondo la tradizionale menzione italiana in 77 Docg e 333 Doc) e 118 Igp; 17 miliardi di euro il valore della produzione della componente alimentare e vinicola; 9,5 miliardi di euro il fatturato all’estero, il 21% del totale agroalimentare: 5,6 miliardi di euro fornito dai vini, 3,8 miliardi di euro dall’agroalimentare. Con queste premesse, le produzioni di qualità certificata (Dop-Igp) si confermano tra le più dinamiche dell’agro-alimentare italiano, risultando in crescita di oltre il 4%, pari ad una fetta stimata equivalente al 19% del totale dell’agro-alimentare italiano. Il comparto dei prodotti con una provenienza geografica, inoltre, appare tra quelli che hanno saputo fronteggiare meglio le difficoltà derivanti dalla pandemia, svolgendo una funzione strategica anche per la tenuta economica e sociale dei territori coinvolti nella loro produzione. Questi, invece, i numeri della agricoltura biologica: 81.000 operatori, di cui 70.540 produttori agricoli e 21.000 trasformatori; quasi 2 milioni di ettari di superficie investita. Il mercato dei prodotti biologici risulta in continua crescita: nel I° semestre 2020, il valore dei consumi biologici è aumentato del 4,4% rispetto al 2019, raggiungendo i 3,3 miliardi di euro. Vi è anche un focus sul rafforzamento dei controlli antifrode durante i primi mesi della pandemia. Nel 2019, l’Igp ha effettuato un maggior numero di controlli (19.852 contro i 16.109 dell’anno precedente), a fronte dei quali la percentuale di operatori irregolari sul totale è risultata in calo (12,2% contro il 16,1%) e stabile la quota di prodotti irregolari (14,8% contro il 14,5%). Durante il I° semestre di emergenza Covid-19, l’Igp ha rafforzato ulteriormente il controllo antifrode sulla filiera agroalimentare, effettuando 40.975 controlli, di cui 6.408 ispezioni presso gli stabilimenti di produzione, analizzando 5.204 campioni. Il 63% dell’attività ispettiva è stata svolta nei settori vitivinicolo, oleario e lattiero-caseario, con particolare attenzione ai prodotti Dop/Igp e biologici. Nei 46.127 prodotti controllati, sono state riscontrate percentuali di irregolarità del 10,9%, in linea con quelle registrate prima dello stato emergenziale. Inoltre, l’Igp ha potenziato il controllo sul web, di fronte all’incremento delle vendite online: attività che ha prodotto 710 interventi per la rimozione su ebay, Alibaba e Amazon, di inserzioni irregolari di prodotti agroalimentari. Riguardo, infine, agli sprechi alimentari, nel 2019 sono andati persi o sprecati oltre 5,5 milioni di tonnellate di prodotti ancora commestibili, per un valore di 10 miliardi di euro, con uno spreco settimanale medio a nucleo familiare di 4,9 euro. Nel 2019, il 2,9% della produzione agricola, pari a 1,5 milioni di tonnellate, non è stata raccolta, fra queste, gli ortaggi, oltre 300.000 tonnellate, rappresentano il 19,6%; seguono leguminose, patate, tuberi e bulbi (18,9%), cereali (18,2%) e frutta fresca (13,4%). A favore dei più bisognosi, nel 2019 sono state recuperate dalla grande distribuzione e dalla ristorazione 75.449 tonnellate di prodotti eccedenti, distribuite a circa 1,5 milioni di indigenti.
9 - La diversificazione dell’agricoltura italiana
Continua il trend di crescita delle attività connesse all’agricoltura che, ormai, pesano per oltre un quinto del valore complessivo della produzione agricola realizzata, con tassi di crescita più vivaci rispetto a quelli di molti altri comparti di primo piano per l’agricoltura nazionale. In particolare, tra le attività di supporto, il contoterzismo prosegue nel suo consolidamento (+1,7% in valore): infatti, negli ultimi anni si è fortemente ampliato non tanto il numero delle aziende coinvolte quanto, piuttosto, la numerosità delle funzioni svolte, determinando al contempo un effetto positivo in termini di maggiore diffusione di innovazioni tecnologiche, di ricorso alle pratiche dell’agricoltura 4.0, di facilitazioni nel rispetto di alcune prescrizioni ambientali, di riduzione del digital divide, oltre che di un più diffuso ricorso ad alcuni importanti strumenti di natura istituzionale, come i contratti di filiera. L’altro pilastro della diversificazione italiana è rappresentato dall’agriturismo, la cui crescita continua (+3,3% in valore e +4,1% di aziende nel solo 2019) ha subìto un duro colpo per gli effetti delle restrizioni alla mobilità e alla socialità delle persone, conseguenti alla pandemia. Sul fronte delle agro-energie, aumenta il contributo dell’agricoltura come produttore di energia nell’ambito delle fonti rinnovabili, che proseguono la loro crescita e pesano ormai per il 21% circa sulle fonti energetiche nazionali. Al contempo, calano i consumi di energia da parte del settore agricolo (-3,9%). Sulla base degli albi regionali degli operatori di agricoltura sociale, attivi in sole 9 Regioni, nel 2020 il numero ufficiale degli operatori iscritti è pari a 227, in aumento del 22% rispetto al 2019. Tuttavia, questo numero sottostima largamente la reale consistenza del fenomeno, poiché al momento manca un censimento completo di queste realtà.
10 - Agricoltura, ambiente e territorio
Il capitolo offre una panoramica delle relazioni tra agricoltura, risorse naturali e gestione del territorio: in particolare, l’uso delle risorse idriche, il contributo del settore agricolo alla lotta ai cambiamenti climatici e il ruolo delle aree protette nella conservazione della biodiversità. I dati mostrano come il 57% delle aziende italiane non pratichi nessuna forma di irrigazione; nel 2019, a livello nazionale, il settore agricolo ha evidenziato un leggero incremento delle emissioni in atmosfera (+0,3%), in controtendenza rispetto a quanto riscontrato a livello europeo (-1%); quasi un terzo del territorio protetto dalle aree Natura 2000 è interessato da attività agricole. A quanto emerso si accompagna un’attenta analisi delle strategie europee in materia ambientale (tra cui il Green Deal e la Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030), la cui recente evoluzione evidenzia la centralità del settore agricolo per affrontare le sfide della crisi climatica e della tutela della biodiversità.
11 - Agricoltura e città
Durante gli ultimi decenni, si è assistito a una profonda riconfigurazione dei rapporti sociali, economici e fisici tra città e campagna, grazie al cambiamento degli stili di vita dei cittadini e alla loro maggiore attenzione verso la salubrità degli alimenti e i valori associati alla ruralità.
Il capitolo offre un quadro delle principali tendenze che caratterizzano questo cambiamento, tra cui la dinamicità delle aziende agricole peri-urbane, l’affermazione degli orti come forma di socialità e di gestione del verde urbano e la filiera corta come modalità di commercializzazione sempre più diffusa in tutti i comparti agricoli. In questo contesto, diverse città italiane hanno avviato percorsi per definire una propria food policy, cioè una strategia complessiva per affrontare temi connessi al cibo, come la produzione e l’approvvigionamento di cibo sano e sostenibile, la commercializzazione, e lo spreco alimentare.
12 - Distribuzione e consumi ai tempi del Covid-19
Il capitolo descrive nella prima parte la capacità di reazione del settore della distribuzione alimentare, nella seconda parte viene proposto un approfondimento dedicato ai consumi e ai cambiamenti delle abitudini alimentari, determinati dalla quarantena. Infine, viene dedicato un focus, realizzato dalla FIPE, dedicato alle consegne a domicilio nell’ambito della ristorazione.
Nel corso di questa pandemia, si stima che verranno bruciati circa 116 miliardi di consumi. Il crollo investe tutti i tutti i settori, soprattutto al Nord, ma è la ristorazione che, ad oggi, ha subìto l’impatto più negativo (-33% secondo le stime della prima fase). Con il lockdown, la distribuzione ha adottato nuovi modelli di servizio, decretando il boom dei processi di delivery. L’e-commerce ha raggiunto livelli di crescita (da +80% a +160% su base annua) che, ad oggi, non mostrano segnali di rallentamento. Il Covid-19 muterà i rapporti di forza tra le varie componenti della filiera (soprattutto industria alimentare e distribuzione) e, in questo contesto, sembrano favoriti gli operatori impegnati nei canali virtuali e quelli radicati sul territorio (sia produttori che distributori), a svantaggio delle reti di vendita mass market e delle multinazionali.
La quarantena ha modificato anche le abitudini alimentari: da rilevare in positivo, e in sintonia con le raccomandazioni nutrizionali, un maggiore consumo di prodotti vegetali: nel 33% dei casi per la verdura, nel 29% per la frutta, nel 26% per legumi e, nel 21% per l’olio di oliva, nonchè un aumento nel consumo di acqua. In negativo, occorre sottolineare l’eccesso di consumo di carne rossa e dolciumi e la diminuzione rilevata per pesce, pasta e riso integrali.
Il food delivery è stato l’ancora di salvezza per la ristorazione: non più servizio aggiuntivo, ma punto di forza per rimanere sul mercato. Prima del lockdown solo il 5,4% delle imprese della ristorazione era in grado di fornire un servizio di delivery; il 10,4% si era subito attivato per svilupparlo, mentre il restante 85% affermava di non avere intenzione di muoversi in questa direzione. Nel quadro di una situazione che appariva drammatica, il 23,5% dei ristoratori segnalava una buona crescita della domanda di cibo a domicilio, mentre il 35% percepiva segnali incoraggianti da parte di un mercato disorientato e allarmato. L’home delivery continuerà ad essere un driver di sviluppo fondamentale per la ristorazione, anche quando le attività potranno tornare a svolgere i servizi tradizionali.
13 - Solidarietà e sussidi alimentari durante l’emergenza Covid-19
Con una incidenza della povertà assoluta del 7,7% sulla popolazione, le conseguenze economiche delle misure per il contenimento del Covid-19 hanno colpito un contesto sociale con criticità piuttosto evidenti, abbattendosi in particolare sulle categorie più vulnerabili, circa 5 milioni di lavoratori occasionali (stima Censis), spesso non in regola che ruotavano intorno ai servizi.
Sono stati erogati 400 milioni di euro ai Comuni italiani, con un radDoppio del budget destinato a quelli delle zone rosse della Lombardia e del Veneto, individuate a inizio marzo 2020, per il rilascio di buoni spesa ai cittadini in difficoltà o la fornitura agli stessi di generi alimentari tramite enti caritatevoli. Ulteriori risorse, pari a 300 milioni di euro, sono andate a incrementare il Fondo nazionale indigenti, con il tempestivo ed efficace utilizzo a favore delle fasce più deboli della popolazione, mettendo loro a disposizione un paniere bilanciato con prodotti di qualità e a rischio eccedenze. Le derrate distribuite hanno incluso latte, pasta, succhi di frutta, preparati ortofrutticoli trasformati, carne in scatola da bovini nati, allevati e macellati in Italia, omogeneizzati di carne di agnelli nati, allevati e macellati in Italia e prodotti di qualità come l’olio Evo, formaggi, prosciutti e salumi Dop e Igp. Fondamentale il contributo della rete capillare delle circa 10 mila strutture caritatevoli (enti religiosi civilmente riconosciuti e organizzazioni senza scopo di lucro), che ha dovuto fronteggiare un aumento delle richieste di aiuto di circa il 40% in media, con picchi del 70% nelle regioni del Sud. Dopo un primo momento di disorientamento, le condizioni operative sono state riadattate per garantire il rispetto delle norme per il contenimento della pandemia.
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