Fonte per eccellenza di materie prime freschissime e di stagione, in tempi difficili - come quelli di una pandemia, in cui si riscopre la cucina semplice e di territorio - e nei momenti di prosperità, coltivato non più solo in campagna, ma anche in città, per necessità o come passatempo, oggi il buon vecchio orto è sempre di più la “dispensa” dei piatti dei grandi chef che lo curano con passione accanto alle cucine dei loro ristoranti, dal Nord al Sud del Belpaese, con paladini “illustri” come lo chef tre stelle Michelin Enrico Crippa del “Piazza Duomo” di Alba della famiglia Ceretto. Tanto da farne, una nuova frontiera della gastronomia, che guarda ad una cucina contemporanea che è sempre più “custode” di biodiversità, sostenibile e attenta a ridurre gli sprechi. E non c’è niente di più bello di un orto ricco e curato e non c’è niente di più buono delle sue primizie.
A Polesine Parmense, lo chef stellato Massimo Spigaroli incanta occhi e palati col suo orto-giardino, all’ingresso dell’Antica Corte Pallavicina, castello del Trecento sulla golena del fiume Po. Qui si coltivano ortaggi, piante aromatiche e frutta, ingredienti del suo menu gastro-fluviale e prodotti dell’Agribottega. Il ristorante, grazie alla vicinissima azienda agricola di famiglia, produce il 95% di quello che porta in tavola: verdura, carne, farina, pane, salse e conserve, vini. In Sicilia, al Baglio Occhipinti c’è anche un orto in cui è radicata la filosofia di una cucina autenticamente sana. Se il finocchietto selvatico è l’ingrediente principe della pasta alle sarde e finocchi e le melanzane siciliane sono il fulcro del gusto della pasta alla Norma, tra le varietà antiche tradizionali del territorio vengono coltivati inoltre broccoli, cavoli, cicoria, bieta, cipolle, aglio, piselli, fave, pomodori, zucchine estive di Vittoria e zucche. Sulla Riviera del Brenta, il ristorante Margherita del Romantik Hotel Villa Margherita di Mira, tempio della cucina veneta, ha un orto coltivato nel grande parco della villa palladiana del Seicento. Peter Girtler, chef 2 stelle Michelin nella sua Einhorn Stube al Romantik Hotel Stafler di Mauls, a Vipiteno utilizza per i suoi piatti verdure ormai dimenticate e coltivate nell’orto, accertandosi che il percorso di frutta e ortaggi dal luogo di coltivazione all’ospite sia il più breve possibile. La specialità del ristorante “Il Tartufo” dello chef Marco Pasquarelli dell’albergo diffuso Borgotufi di Castel del Giudice, in Molise, non è solo il tartufo, ma anche le mele biologiche Melise, frutti autoctoni recuperati. In Val d’Ega, nell’orto del Biohotel Steineggerhof di Collepietra a Bolzano, vengono coltivate oltre 50 erbe e verdure diverse. Tra gli orti di erbe dell’Hotel Pfösl di Nova Ponente, invece, “Pane & sale” è coltivato con piante che vengono usate nella lavorazione del pane (cumino, anice, finocchio, coriandolo o trigonella caerulea).
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