Negozi di vicinato ed e-commerce: sono le direzioni che sta prendendo il settore alimentare che, da un lato, si allinea alle esigenze della contemporaneità che ben si sposano con le nuove tecnologie (acquisti con un “click” e consegna a domicilio) ma, dall’altro, fa un tuffo nel passato con un ritorno al rapporto “stretto” con il negoziante di fiducia che punta sull’eccellenza del prodotto. Tutto questo si traduce in un cambiamento forte per la produzione e la distribuzione alimentare con le aziende costrette ad analizzare e agire per seguire il trend. E la grande distribuzione? Tiene ancora (anche se negli Usa comincia a dare chiari segni di sofferenza) ma sembra uscire più “ammaccata” dal post-lockdown rispetto alla concorrenza. L’e-commerce sfrutta le doti di comodità, precisione e velocità, mentre l’antico sistema del negozio di vicinato garantisce al consumatore di “non perdersi fra gli scaffali” e di vivere un’esperienza d’acquisto di qualità guidata dal venditore specializzato, che conosce i gusti e le abitudini del cliente. E’ il parere degli esperti, intervenuti ad “Economia sotto l’ombrellone”, edizione n. 11, a Lignano Sabbiadoro, che si sono confrontati sul tema “La distribuzione alimentare fra locale e globale”: Paolo Ciani (Villa Food), Marco Tam (Greenway Group/Filare Italia) e Luca Tonizzo (Venfri). I tre relatori si sono anche confrontati sulle necessità per le aziende alimentari italiane di distribuire all’estero e sulla difficoltà a garantire una adeguata distribuzione alimentare nei piccoli borghi, soprattutto montani, a causa della mancanza di negozi.
“Per la distribuzione all’estero bisogna sfruttare adeguatamente il made in Italy che nell’alimentare ha un grande appeal - ha detto Tonizzo - e che può consentire alle aziende di produzione di trovare nuovi mercati contrastando la sofferenza che, comunque, si sta vivendo sul mercato interno”. Sulla stessa linea il giudizio di Marco Tam: “nella distribuzione alimentare internazionale il marchio made in Italy ha una grande forza, paragonabile a quello made in Germany sui prodotti della meccanica, e noi dobbiamo assolutamente sfruttarlo, purtroppo, però, siamo carenti di protagonisti della Gdo internazionale di proprietà italiana e ciò ci pone in condizione di svantaggio rispetto, ad esempio, ai francesi che con catene distributive di proprietà danno priorità all’esportazione di prodotti Made in France nel mondo”. Senza dimenticare che “il food ormai - ha aggiunto Ciani - si è contaminato e oltre alla richiesta di prodotti local c’è una richiesta di prodotti global, si pensi allo zenzero che prima non esisteva e oggi è su tutte le nostre tavole, e questo offre grandi occasioni di distribuzione dei prodotti locali a livello internazionale e sicuramente i prodotti italiani hanno un grande appeal sui mercati esteri in tutto il mondo”.
Sui negozi di montagna o dei piccoli borghi, Tonizzo ha sottolineato come oggi facciano un vero e proprio “servizio sociale” e che le poche speranze di riuscire a tenerli aperti vengano da una crescita del turismo perché difficilmente un negozio riesce a reggere economicamente dove il mercato potenziale è così ristretto a causa del progressivo spopolamento. Per questo servirebbe un intervento legislativo che agevoli fiscalmente o in altri modi quegli “imprenditori coraggiosi” che decidono di tenere aperto un negozio in luoghi simili. Serve poi rendere, ad esempio, più vivibile la montagna, creando economia e aziende di eccellenza in quei luoghi, in modo che le persone siano invogliate a stabilirsi nei piccoli borghi. Tutti inoltre d’accordo nel sottolineare che i grandi cambiamenti in atto nella distribuzione dipendono anche dalla sempre maggior attenzione del consumatore alla sostenibilità dei prodotti, alla loro qualità e agli aspetti salutistici della nutrizione.
Ma le persone, ha detto Tam, “spesso non si rendono conto che tutto ciò ha come contropartita un costo maggiore dei prodotti stessi e cercano, al contempo, prodotti sempre meno costosi. Negli anni, comunque, la richiesta di prodotti alimentari più sani e sostenibili continuerà a crescere”. Un cambiamento nell’approccio del consumatore che va dall’etichetta fino ai singoli ingredienti ed è guidato dai più giovani. “C’è sicuramente un’evoluzione in corso - ha sottolineato Ciani - oggi i ragazzi di 25/30 anni sono molto più attenti rispetto ai loro genitori e nonni. Ci sono prodotti che stanno sparendo da loro consumo, come ad esempio le carni di cavallo o di capretto, e altri molto richiesti e difficili da trovare, come il pesce bio. Il trend principale per i prodotti del futuro è quello di avere la cosiddetta “etichetta bianca”, ossia un’etichetta più pulita possibile senza conservanti, additivi e coloranti e che sia più “naturale” possibile. Senza dimenticare, però, ciò comporterà un aumento dei costi per i produttori e per i consumatori”. Importante è anche l’aiuto che le nuove tecnologie possono dare per rendere sempre più naturali, sostenibili e salubri i prodotti che arrivano in casa.
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