Dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia Ue, che, in seguito al ricorso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, ha di fatto bocciato la catena di tapas bar spagnola “Champanillo”, rea di aver usato un nome che rimanda inequivocabilmente allo Champagne, con tanto di apparato iconografico evocativo, Bruxelles è il teatro di un’altra querelle, che riguarda il Prosecco ed il “Prošek”, il vino dolce croato che fa un altro passo verso la protezione della menzione tradizionale, con la decisione della Commissione Ue di procedere alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue della domanda di registrazione della menzione tradizionale “Prosek” da parte delle autorità croate. Nulla, ancora, di definitivo, come spiega a WineNews il direttore del Consorzio del Prosecco Doc, Luca Giavi: “la Commissione Europea si accinge a pubblicare l’atto con il quale ipotizza la possibilità di concedere alla Croazia l’utilizzo della menzione tradizionale “Prošek”. Siamo ancora in attesa della pubblicazione, una volta che succederà il Consorzio, come prevede la norma, presenterà le proprie osservazioni che, anche in forza di alcune recenti considerazioni della Corte di Giustizia, non potranno andare che nettamente in senso opposto agli orientamenti della Commissione Europea”.
“Non si tratta solamente di una questione legata all’evocazione del nome, ma di tutela del consumatore - spiega Luca Giavi - perché nessuno può negare, perché seppure si parla di due vini diversi si tratta pur sempre di vini, e benché la normativa comunitaria conceda la possibilità di omonimia ritengo che saremo in grado di spiegare che il problema è risolto solo se non vi è confusione per i consumatori. Ma, come sosteniamo, e come altre sentenze dimostrano per casi decisamente meno eclatanti, questo termine è destinato a generare molta confusione. Siamo comunque delusi - conclude il direttore del Consorzio del Prosecco Doc - sia dal pronunciamento della Commissione che dal peso specifico che l’Italia ha avuto in questa vicenda, prossimo allo zero. Sono convinto che, senza arrivare in Corte di Giustizia, riusciremo a far cambiare idea alla Commissione, non si capisce perché insistere dopo l’impraticabilità della Denominazione d’Origine si tenti questa strada. Anche perché, la sentenza della Corte di Giustizia sul caso “Champanillo” ha ritenuto sufficiente che la confusione di ingeneri anche solo in un Paese dell’Unione Europea”.
Dal fronte governativo, che in questo frangente ha mostrato più di qualche debolezza in sede comunitaria, si alza la voce di Gian Marco Centinaio, Sottosegretario alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. “Nei confronti di uno dei prodotti simbolo del nostro made in Italy da Bruxelles arriva una decisione gravissima e con cui di fatto l’Europa smentisce se stessa. Solo pochi giorni fa la Corte di giustizia europea era stata molto chiara intervenendo sulla querelle fra Francia e Spagna sul caso Champanillo. Per i giudici, il regolamento Ue protegge le Dop da condotte relative sia a prodotti che a servizi e può sussistere evocazione di una Igp o di una Dop qualora, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, vi sia un’affinità fonetica e visiva tra l’Igp o la Dop e il segno contestato. Ci sembra sia proprio il caso del Prosecco e del Prošek. La nostra denominazione - nota il sottosegretario - è inoltre strettamente legata a un territorio ben definito. Un valore riconosciuto anche dall’Unesco che ha iscritto le colline del Prosecco nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità. Vanno tutelati gli operatori agricoli e gli sforzi fatti per ottenere prodotti di qualità e impedire che terzi si possano avvantaggiare abusivamente della notorietà che deriva dalla qualità di tali prodotti. Ci opporremo in ogni sede e con tutti gli strumenti a disposizione contro una scelta irrazionale e lesiva di una nostra eccellenza apprezzata in tutto il mondo. Lo hanno evidenziato anche gli ultimi dati Istat sull’export del nostro vino che ha fatto segnare risultati straordinari in particolare proprio per le nostre bollicine. Noi siamo sempre stati rispettosi delle denominazioni altrui e ci aspettiamo lo stesso dagli altri. Ora si colpiscono gli interessi italiani, domani potrebbe toccare a quelli francesi o spagnoli. Nei due mesi di tempo che abbiamo a disposizione per bloccare questa decisione assurda dobbiamo fare ora più che mai sistema, all’interno e con gli altri paesi, per dire un fermo no a quello che può trasformarsi in un precedente molto pericoloso per tutto il Made in Italy”, conclude Centinaio.
Durissime anche le parole del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che del Prosecco, quando era Ministro dell’Agricoltura, ha contribuito in maniera determinante alle fortune odierne. “Non ho parole per commentare quanto accaduto”, dice Zaia. “Di questa Europa non sappiamo cosa farcene. Un’Europa che non difende l’identità dei suoi territori, un’Europa che dovrebbe conoscere la storia del Prosecco. Dovrebbe capire che, non solo si tratta di un prodotto che ha avuto tutti i riconoscimenti formali, dalle stesse strutture amministrative della Commissione Europea, anche rispetto alla riserva del suo nome, ma il Prosecco ha, addirittura ottenuto il massimo riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Tanto è vero che il territorio in cui si produce è definito “le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene”. E, quindi, adesso saremmo costretti a discutere anche sul nome di un sito già proclamato ufficialmente Patrimonio dell’Umanità. “Si tratta - sottolinea il presidente della Regione Veneto - di una decisione che si pone, per altro, in aperta contraddizione con la sentenza diffusa appena qualche giorno fa, il 9 settembre scorso, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che vieta l’uso di nomi o grafiche che evocano in modo strumentale ed ingannevole prodotti a denominazione di origine riconosciuti e tutelati dalle norme Ue. Ciò che sta accadendo è vergognoso - conclude il presidente della Regione Veneto -. Così non si difende l’agricoltura e così non difendono investimenti. Ma, soprattutto, così si mortifica la storia e l’identità di un territorio. Spero che ci siano gli strumenti per ricorrere. La Regione farà la sua parte”.
Dal mondo dell’associazionismo agricolo, per la Coldiretti il via libera dell’Ue al Prosek croato rischia di rovinare il record storico dell’export di Prosecco nel mondo, cresciuto del 35% nei primi sei mesi del 2021, e contraddice anche in maniera clamorosa la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha dichiarato illegittimi proprio i nomi truffa che evocano in modo strumentale ed ingannevole prodotti a denominazione di origine riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea come la star delle bollicine italiane. I giudici Ue hanno ricordato che il regolamento comunitario - spiega la Coldiretti - protegge le Dop da condotte relative sia a prodotti che a servizi, e il criterio determinante per accertare la presenza di una evocazione illegittima è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa come per lo Champanillo, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, proprio la merce protetta dalla Dop, nel caso lo champagne. E, secondo la Corte, non è necessario che il prodotto protetto dalla denominazione e il prodotto o il servizio contestati siano identici o simili, poiché l’esistenza del nesso tra il falso e l’autentico può derivare anche dall’affinità fonetica e visiva. Dunque - conclude Coldiretti - se è illegittimo usare un nome o un segno che evocano, anche storpiandolo, un prodotto a denominazione di origine, la sentenza della Corte dovrebbe essere applicata anche al Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, oltre che alle tante altre imitazioni diffuse in Europa, dal Meer-secco al Kressecco, dal Semisecco e al Consecco, dal Whitesecco al Crisecco. “È necessario fare presto per fermare una decisione scandalosa che colpisce il vino italiano più venduto nel mondo”, commenta il presidente Coldiretti Ettore Prandini, nel precisare che “si tratta di un precedente pericoloso che rischia anche di indebolire la stessa Ue nei rapporti internazionali e sui negoziati per gli accordi di scambio dove occorre tutelare la denominazione Prosecco dai falsi come in Argentina e Australia”.
Anche la Cia - Agricoltori Italiani alza i toni, sottolineando lo strabismo di Bruxelles. “Se la Commissione europea dovesse procedere al riconoscimento della menzione “Prosek”, si tratterebbe di registrare una posizione incoerente e ai limiti della follia, che andrebbe contro le denominazioni europee, anziché a tutela. Un fatto grave contro il quale combatteremo a difesa del nostri produttori di Prosecco Italiano”, commenta Cia/Agricoltori Italiani. “Da quanto abbiamo appreso, continua Cia, la Commissione ha risposto seguendo la procedura, ovviamente l’auspicio è che la stessa non proceda. Dovremmo capire come i soggetti interessati potranno presentare obiezioni e farci eventualmente promotori. L’unico vero prosecco, conclude Cia, è quello prodotto nei nostri territori e ci batteremo su questo fronte”.
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