Il gruppo genetico del Grignolino arriva da un vitigno scomparso, figlio del Nebbiolo e della Botagera. Emerge da una ricerca del Cnr presentata nel talk “Grignolino: il Dna di un grande vino”, organizzato dalla csntina Hic et Nunc di Vignale Monferrato, in un viaggio attraverso la storia, le caratteristiche agronomiche, genetiche, enologiche e sensoriali di uno dei vitigni simbolo del Monferrato - l’anarchico “testabalorda”, come Veronelli ribattezzò questo vitigno indomabile - che, grazie all’analisi del Dna, ha scoperto di avere un “nonno” nobile come il Nebbiolo.
Ampiamente diffuso oggi in tutta la provincia di Alessandria e in una parte dell’Astigiano, la sua zona di coltura parrebbe inizialmente limitata al Casalese. Il Grignolino compare, per la prima volta, in un documento del 1249, con il nome di “Berbexinis”. L’etimologia più probabile è quella che rimanda al grignolo, il vinacciolo, presente negli acini in numero di 3-4, nettamente superiore rispetto a quello di altre varietà. Caratterizzato da un tannino spiccato e dalla maturazione tardiva, largamente coltivato in epoca medievale, nei secoli passa dall’essere di alto valore economico - piantato perfino in California - a varietà quasi dimenticata,che da sempre ha incuriosito gli studiosi per le sue somiglianze morfologiche con il Nebbiolo e per la simile distribuzione geografica.
I documenti storici attestano che il Grignolino è stato il primo vitigno, oggi coltivato, ad essere stato citato in Piemonte, e come per gli altri vitigni tradizionali, la fecondazione incrociata è avvenuta spontaneamente: il vitigno “madre” e quello “padre” hanno trasmesso alla nuova piantina metà del proprio patrimonio genetico. Per individuare i due genitori abbiamo quindi bisogno dell’analisi del Dna. L’accurata analisi del Dna dei vitigni del Nord-Ovest Italia ha coinvolto più di 800 varietà, di cui oltre 200 piemontesi. Ne è nato un complesso studio sul network di parentele, in cui vengono evidenziati i cosiddettigenitori principali. La genealogia di molti vitigni è stata scoperta solo grazie al recupero di vecchi cloni, patrimonio storico e ricchezza culturale del territorio.
“Il Grignolino è un vitigno dalla lunga storia. Le prime notizie sono del 1249: si parla di Barbesino, ed era un vitigno di pregio. È il primo vitigno, coltivato ancora oggi, ad essere stato citato in Piemonte”, spiega Anna Schneider, ricercatrice Cnr, che ha coordinato il pool di ricercatori. “La sua zona d’origine fu il Casalese, poi si diffuse in Monferrato. Quella sul Grignolino fa parte di un’indagine genetica sui vitigni del Nord Ovest d’Italia realizzata dal Cnr. La nascita di un vitigno è il frutto di un momento e di un luogo ben precisi, potenzialmente svelabili con l’analisi genetica. Due diversi metodi di indagine - approfondisce Anna Schneider - condotti con marcatori differenti, ci hanno portato agli stessi risultati:il Grignolino è figlio di un genotipo ricostruito, estinto o forse non ancora recuperato, a sua volta figlio del Nebbiolo. Il profilo antocianico delle due uve è molto simile, anche a quello della Freisa (figlia del Nebbiolo e quindi “zia” del Grignolino). Oggi possiamo dire con certezza che c’è un rapporto di parentela stretta tra il Grignolino e il Nebbiolo: il gruppo genetico del Grignolino arriva da un vitigno probabilmente scomparso, figlio del Nebbiolo e della Botagera. Il Nebbiolo è il nonno del Grignolino”.
Facendo un passo indietro sulla linea della storia, ci fu un periodo di grande successo commerciale del Grignolino: ancora negli anni Settanta lo producevano molti grandi produttori, da Bruno Giacosa a Gigi Rosso, dai Marchesi di Barolo a Bersano, ed oggi torna l’interesse per un vitigno difficile da coltivare e vinificare. “Il futuro è un vino che interessa anche i produttori delle Langhe com’era un tempo. Il Grignolino è un grande vino su cui questo territorio deve scommettere”, commenta Paolo Massobrio, giornalista e fondatore de “Il Golosario” (moderatore della tavola rotonda sul Grignolino, ndr). Da un punto di vista squisitamente enologico e sensoriale, “il Grignolino si esprime in maniera diversa a seconda del terreno, è importante non mistificare le sue caratteristiche, prediligendo l’infusione all’estrazione, per non rovinare le bucce e manipolare poco i vinaccioli, per garantire vivacità e buone prospettive di invecchiamento”, conclude Cristiano Garella, enologo della cantina Hic et Nunc.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024