I grandi vini da collezione, esistono da tanti anni. Ma, a ben guardare, è relativamente da poco tempo, un paio di decadi, che il vino di pregio, inizialmente quasi solo francese, poi sempre più anche italiano, e non solo, è diventato un vero e proprio asset di investimento alternativo. Che è cresciuto molto, in popolarità, anche perchè ha reso più di altri segmenti. Come racconta, tra gli altri, il “Knight Frank Luxury Investment Index”, che mette insieme beni da collezione come orologi, arte, monete, whisky rari, borse, automobili, gioielli e diamanti. Da cui emerge che, se nel complesso il rendimento di questi asset, in 10 anni, è stato del +123%, il vino ha visto una crescita del +137%. E di spazio, il vino da collezione, ne ha ancora molto, perchè tra i beni posseduti dai grandi collezionisti, non rappresenta che l’1% del totale, in un “paniere” fatto al 21% da dipinti e pitture, al 17% da fotografie, al 16,4% da sculture, al 16% da disegni ed opere su carta, ed ancora da installazioni (6,4%), libri (6%), oggetti di design (+5%), gioielli e orologi (4%), videoarte (4%), auto e moto d’epoca (2%) e digital art e Nft (1%). Emerge da “Collezionisti e valore dell’arte in Italia - 2022”, ricerca promossa da Intesa Sanpaolo Private Banking, in collaborazione con la Direzione Arte, Cultura e Beni Storici e la Direzione Studi e Ricerche by Intesa Sanpaolo e la fiera “Artissima” (e pubblicata da Edizioni Gallerie d’Italia - Skira). Da cui si nota anche una sorta di “identikit” del collezionista. I dati (basati sulle risposte di 256 collezionisti tra i 4.741 della Vip Collectors List di Artissima) rivelano che i collezionisti dimorano in netta prevalenza nelle regioni settentrionali: più del 50% tra Lombardia e Piemonte, ma il collezionismo è capillarmente diffuso sul territorio nazionale, dato che sono registrati 582 luoghi di residenza differenti, con un predominio - non sorprendente - dei grandi centri urbani, dato che più della metà dei collezionisti residenti in Italia vive in tre sole città, capeggiate da Milano, Torino e Roma. Inoltre, cresce la visibilità sociale e la riconoscibilità pubblica dei collezionisti italiani: mecenati e filantropi sono cresciuti dell’8,4% negli ultimi 4 anni e i fondatori di musei privati sono aumentati del 10,5% nel medesimo lasso di tempo. Ancora, emerge che oltre il 70% del campione è formato da collezionisti “professionisti”, caratterizzati da esperienza longeva, comportamenti d’acquisto non occasionali e raccolte eclettiche (formate, in media, da 4 diverse tipologie di beni). La maggioranza dei collezionisti acquista in media ogni anno meno di 10 nuove opere e il budget per le acquisizioni, nell’85% dei casi, rimane inferiore ai 100.000 euro, prediligendo opere d’arte contemporanee e/o post-war, mentre solo una minoranza raccoglie arte moderna. L’86% dei collezionisti provvede autonomamente alla gestione della propria collezione e solo l’8% si avvale di un consulente o di servizi di art advisory. Più della metà dei collezionisti custodisce la collezione nella propria abitazione, seguita da altri luoghi di proprietà (14% in azienda, 13% in altra sede) e dai depositi (15%). Nella maggioranza dei casi le collezioni non sono accessibili al pubblico. Un target importante, per una ristretta nicchia di etichette di vino di tutto il mondo. Che, come raccontano i numeri, partendo dall’1% che rappresentano nelle collezioni di oggi, possono crescere ancora tanto.
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