Il tappo di sughero, secondo il sentire comune e diversi sondaggi, è quello che, tutt’oggi fa pensare ad un vino di maggior qualità. Il tappo a vite, di contro, garantisce una gestione tecnica del vino maggiore, elimina il rischio del “sentore di tappo”, ed è sempre più diffuso, anche se, ancora, non sfonda tra i vini di fascia più alta, almeno in Paesi come Italia e Francia. Sughero vs vite, in fin dei conti, è una delle tante diatribe che animano il dibattito interno alla filiera del vino. E, in questo senso, il 21 aprile 2022 potrebbe essere ricordata come la data in cui si è compiuta una piccola grande rivoluzione nel mondo del vino. È sera, e, nella città meneghina all’Hotel Leonardo, l’Onav Milano ha organizzato la serata “Walter Massa alla prova del tappo”, voluta dal celeberrimo produttore del Piemonte. Il risultato sarà sorprendente: il tappo a vite vince la sfida e getta le basi per scalzare il sughero dalle bottiglie, anche dei vini di un certo livello e non soltanto del “re del Timorasso”. Ma procediamo con ordine. In sala sono presenti 65 soci Onav tra maestri, esperti e assaggiatori, sommelier di altre associazioni e operatori del vino. Conducono la degustazione alla cieca Walter Massa e il docente Onav ed enologo Stefano Ratti. La prova consiste nel mettere a confronto quattro bottiglie che contengono vino della stessa annata, stessa vasca, stessa vinificazione ma sigillati con quattro tappature diverse. L’esperimento è condotto su due vini: il bianco Timorasso Derthona 2016 e il rosso Barbera Monleale 2016. Lo scopo è quello di capire quali effetti i diversi tappi hanno sul vino a distanza di tempo. Aperti precedentemente e senza mostrare le tappature, sono stati serviti il Timorasso Derthona 2016 e Barbera Monleale 2016, chiusi con diversi tipi di tappi a vite e con diversi tipi di sughero.
Quest’ultimo lo conosciamo tutti, ma spiega Ratti, oggi si stima che il 7% delle bottiglie in commercio subiscano problemi legati al sentore di tappo. Per gli altri è doverosa una precisazione: dei tappi a vite (come del resto per quelli in sughero, ndr) esistono differenti tipologie e porosità. Gli ospiti in sala assaggiano i due vini “alla cieca” nelle quattro versioni, senza sapere cioè quali tipologie di tappo erano riferite ai diversi calici. Che cosa sarà successo alla tipicità? Agli aromi? Il confronto avrà un esito sorprendente, soprattutto per il Timorasso, dove le differenti tappature hanno definito ne hanno decisamente influenzato l’espressione aromatica. Dopo un dibattito intenso e costruttivo, l’aula si esprime quasi all’unanimità sulla tappatura del calice numero uno quale migliore espressione di sentori tipici del Timorasso, la componente agrumata era evidente così come la nota tipica di idrocarburo. È stato il vino con la bottiglia tappata a vite quello considerato il più fresco e agrumato dei quattro e il più “Timorasso” della serie. E così, quando Walter Massa svela le tappature, la sorpresa è unanime: il tappo a vite è quello più apprezzato da tutti. Sui rossi le differenze percepite dall’aula sono minori e i giudizi complessivi si dividono pressoché equamente tra le quattro tappature. L’unico vino “pronto” si è dimostrato essere il 4 (tappo sughero), vino sul quale i due anni di barrique sembravano più evidenti.
“Sul bianco - sintetizza Walter Massa - il tappo a vite ha fatto la differenza, e sul rosso le differenze tra i quattro calici erano più attenuate, ma il tappo a vite non ha perso punti, dà la stessa qualità del sughero che aveva risposto in maniera perfetta”. Così il vignaiolo che sta facendo del tappo a vite una scelta di campo ha la conferma con una prova empirica condotta da professionisti e si augura che possa fare breccia nella cultura italiana e nel nostro mercato del vino. “Spero che finalmente saranno eradicati alcuni antichi pregiudizi, che ancora persistono tra i consumatori, soprattutto italiani e francesi, sul tappo a vite - ha aggiunto Massa - ritenuto spesso erroneamente uno strumento usato solo nei vini di bassa qualità. Il tappo a vite sta entrando nei ristoranti italiani di fascia alta, i sommelier li stanno proponendo”. Ma oltre al fatto che i tappi a vite costano meno e permettono di abbassare il prezzo della bottiglia al consumatore e sono sostenibili a differenza di quelli in sughero che si sta esaurendo, il primo motivo della scelta per Walter Massa è un altro.
“Una scelta - spiega il produttore piemontese che ha i vigneti sui Colli Tortonesi - fatta per il rispetto della materia, per il mio figlio vino, per il rispetto di chi vuole bere un vino di qualità”. Infatti, spiega sempre Massa, “il tappo a vite nel bianco non fa permeare la solforosa, quindi ne metto 40 grammi litro e non più 50 grammi litro”. Se il dado era stato tratto già da qualche anno, ora la scelta sarà sempre più definitiva. Walter Massa tapperà a vite tutti i bianchi dell’annata 2021, mentre il Moscato lo è già dal 2018. Il rosato Libertà per definizione dà la libertà di scegliere ed è tappato a vite. Anche il Piccolo Derthona ha già il tappo a vite. Il Derthona è il vino su cui ha fatto gli esperimenti ed è chiuso per oltre il 50% con il tappo a vite e il restante con il tappo classico. Anche Sentieri (Barbera) è tappato sia con la vite sia con il tappo classico, mentre il particolare rosso “Implicito” (che ha formati da un litro o 1,5 litri) ha solo il tappo a vite. “Non lo ho ancora sperimentato sulla Croatina e sulla Freisa che sono ricchi di tannini - dice Massa - ma penso di farlo quest’anno”. Mentre l’esperimento sulla Barbera Monleale del 2016 ha dato una novità: bisogna usare una chiusura che faccia permeare qualche grammo di ossigeno all’anno per stimolarne l’evoluzione e permettere al vino di esprimere calore, velluto, setosità. “Come diceva Erasmo da Rotterdam - conclude Massa - il vino è il riflesso della mente: chi beve il mio vino accetta il mio pensiero”.
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