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I PRODUTTORI TOP, A WINENEWS

Vino e caro-energia. Che pesa di più in maniera indiretta, ma anche sulle bollette aziendali

Il rincaro dell’elettricità (in media del +300%) incide soprattutto su bottiglie ed etichette. E sul potere di acquisto, che vuol dire meno consumi …
ANTINORI, CAPRAI, CAVIRO, COSTI, ENERGIA, FRESCOBALDI, MARCHESI DI BAROLO, MEZZACORONA, PLANETA, TOMMASI, UMANI RONCHI, VILLA SANDI, vino, Italia
Bottiglie in cantina (Ph: LuismiSanchez via Unsplash)

Tra i produttori del Belpaese, l’energia, almeno fino ad oggi, non è mai stata una voce di costo cui prestare troppa attenzione. Sostanzialmente stabile nei prezzi negli ultimi anni, elettricità (soprattutto) e gas (in misura decisamente marginale) rappresentano tra il 5% ed il 10% dei costi complessivi affrontati dalle cantine, molte delle quali, specie se di dimensioni importanti, hanno puntato da tempo sul fotovoltaico, producendo almeno una parte (ma in alcuni casi persino il 100%) del proprio fabbisogno energetico, abbattendo ulteriormente questa percentuale (che per la sola parte agricola, in molti casi, si aggira, mediamente, intorno al 2-3% dei costi aziendali). L’emergenza energetica, così, nel settore vino, almeno in maniera diretta, si fa sentire meno che in altri comparti produttivi, decisamente più energivori, anche se il raddoppio, se non la triplicazione, delle bollette inizia a creare preoccupazione anche tra gli imprenditori del vino, che si aspettano un ultimo sforzo da parte del Governo, magari sganciando il prezzo del gas da quello delle rinnovabili, e prevedendo un tetto al prezzo dell’energia come annunciato già in altri Paesi europei. I problemi veri, guardando al lungo periodo, riguarderanno l’erosione del potere d’acquisto dei consumatori: se la ripresa del turismo, nazionale ed internazionale, ha sostenuto fino ad oggi i consumi, la fine dell’estate sarà il vero banco di prova. Ristoranti, bar e alberghi stanno già affrontando un aumento dei costi di gestione senza precedenti, con l’aumento dei prezzi in menu di fatto inevitabile. Parallelamente, tra bollette ed inflazione le famiglie italiane vanno incontro a mesi di rinunce, con tagli attesi sia nel carrello della spesa che nel fuori casa. I cui effetti, evidentemente, ricadranno anche sulla filiera del vino che, fino ad oggi, è riuscita a contenere i rincari delle materie prime e della stessa energia con aumenti dei prezzi decisamente inferiori al livello dell’inflazione. Così, a WineNews, l’analisi di alcuni degli imprenditori più importanti del vino italiano.
“L’energia - racconta a WineNews Ernesto Abbona, alla guida della Marchesi di Barolo, nel cuore di Barolo - fino ad oggi non era una voce di costo cui prestare troppa attenzione, l’abbiamo sempre usata in modo parco, sprecare non è nell’indole degli agricoltori. Eppure, adesso i costi sono esplosi, e continuano a crescere quasi di settimana in settimana, rendendo fondamentale un confronto costante con il 2021, che ci ha spinto a fare delle riflessioni importanti. L’unica soluzione che abbiamo, al momento, è il fotovoltaico, e una volta che abbiamo sostituito tutte le lampadine con i led, e in condizionatori con quelli a pompa di calore, le uniche due cose che non si possono controllare sono riscaldamento e raffreddamento, le voci più importanti di spesa in termini energetici. Tutto questo ha un costo, e ne dobbiamo tenere conto, anche se fino ad oggi è stata una variabile secondaria, il cui prezzo era stabile. Costi che riguardano ogni altra filiera produttiva, riversandosi sui prezzi di materiali come vetro e cartone, che aumentano da un mese all’altro. Più che approvvigionarsi a inizio anno c’era ben poco da fare”.
“Tutti questi aumenti di prezzo - continua Ernesto Abbona - non possiamo sempre a riversarli sui nostri clienti. Inoltre, per le aziende come la nostra, che ruotano intorno ai vini affinati, che andremo a vendere tra qualche anno, l’erosione della marginalità è superiore, e intacca la liquidità, se non si è stati bravi ad accantonare risparmi e materie prime. Lo scenario non è roseo, ma la cosa che fa ben sperare è che il mercato, al momento, sembra in salute, così come il turismo nei territori. Difficile anche fare previsioni, speriamo in un intervento dello Stato per calmierare i prezzi, a partire dall’industria, altrimenti si rischia di perdere competitività con l’estero e scaricare gli aumenti sul carrello della spesa. Il problema dei prezzi andrà affrontato con i fornitori nei prossimi mesi: come Marchesi di Barolo abbiamo un fatturato Gdo molto marginale, ma chi lavora su quel canale troverà maggiori difficoltà. Lavorare con l’horeca è diverso, è più facile trovare un compromesso. Difficile, nel breve periodo, cambiare il modo di lavorare da un giorno all’altro: a livello tecnologico comporterebbe nuovi investimenti e sarebbero soluzioni per le quali ci vorrebbero dei mesi”, chiosa Ernesto Abbona.
Da un capo all’altro della Penisola, Alessio Planeta, anima con la cugina Francesca e il fratello Santi di una delle cantine simbolo del Rinascimento del vino siciliano, condensa in poche parole tutta la complessità del momento. “Il contratto con il nostro fornitore è bloccato fino a fine 2022, e nel frattempo siamo corsi ai ripari rinforzando le energie alternative, come i pannelli solari. La nostra è un’azienda abbastanza energivora, soprattutto in estate, perché abbiano bisogno di energia elettrica per raffreddare la cantina e le uve durante la vendemmia. I numeri sono fluttuanti, ma non c’è dubbio che questi aumenti si mangino diversi punti percentuali della nostra redditività. Stiamo cercando di prevenire i futuri contraccolpi contrattando i prezzi per il 2023: l’aumento del costo dell’energia, frutto in primis delle speculazioni, a un certo punto si dovrà fermare, o le imprese falliranno. Alla fine, siamo forse uno dei pochi settori che ancora si può permettere di pagare questi rincari, i problemi sono ben diversi se pensiamo, ad esempio, alla ristorazione, che rischia spesso di alzare bandiera bianca. Speriamo che si trovi la quadra - dice ancora Alessio Planeta - ma questa non è una dinamica che possa gestire lo Stato, è una bolla che deve necessariamente sgonfiarsi, perché così erode la marginalità costruita, con una certa fatica, altrove, portando ad inevitabili rincari sui listini. Spero che lo shock porti noi agricoltori a lavorare in modo diverso, puntando sull’autonomia energetica, che è assolutamente fattibile, specie con i bandi ed i fondi del Pnrr. C’è comunque ottimismo, perché i consumi vanno bene, ma il vero banco di prova sarà l’inverno, con gli aumenti dei costi in settori e Paesi ben più energivori di noi. Ci sono sacche di risparmio importanti, a cominciare dall’abbassamento dei termostati, a patto che gli italiani, responsabilmente, accettino di farlo”, conclude Alessio Planeta.
Dalle Marche, Michele Bernetti, a capo di Umani Ronchi e presidente dell’Imt - Istituto Marchigiano Tutela Vini, dà una lettura decisamente più cauta del problema energetico. “L’incidenza del costo dell’energia non è così rivelante, e con il fotovoltaico, sui cui abbiamo puntato già dal 2011, copriamo più di un terzo del nostro fabbisogno, abbattendo sensibilmente questa voce di spesa. Certo è che l’ultima bolletta, rispetto ad un anno fa, è più che raddoppiata: un aumento che vale come lo stipendio di qualche operaio, ed è destinata a diventare una voce importante di spesa. Dipende tutto da quanto durerà questa situazione: nel 2021 e nel 2020 il costo dell’energia era particolarmente basso, e secondo me ci attesteremo a metà strada, ma c’è da capire quanto tempo ci vorrà. Al costo delle bollette, poi, va sommata la crescita dei prezzi dei materiali, dal vetro al cartone, così come del gasolio agricolo, che pure può contare su molte agevolazioni. Purtroppo, sono tutti aumenti che si riversano sui listini, pensiamo alle bollette dei ristoranti e delle enoteche, che riversano tutto sui prezzi finali, a volte perdendo di vista il reale apprezzamento del vino, che comunque ha visto una crescita dei prezzi inferiore alla media dell’inflazione. Ci vuole equilibrio, anche in questo, perché scaricando i costi sui clienti il ristoratore rischia di lavorare meno e chiudere”, dice Michele Bernetti.
“In ottica futura, gli interventi da fare sono senza dubbi sull’ottimizzazione dei consumi, ma finché non si arriva ad un calcolo preciso dell’impronta carbonica non è possibile farlo. Un altro fronte è quello delle energie e delle pratiche alternative, con sistemi che consumino meno. A livello politico, è una situazione complessa, sulla quale mi auguro si possa intervenire con nuove forme di sostegno, ma non ci sono risorse per tutti. La priorità deve essere per le imprese, così da contenere i costi di produzione e quindi l’inflazione, che finirebbero per pagare le famiglie. Il settore vino, comunque, è meno energivoro di tanti altri settori, e credo che sarà capace di assorbire gli aumenti delle bollette: non dobbiamo farci prendere dalla paura, ma mantenere calma e gesso”, conclude Michele Bernetti.
In quella che è una delle aziende di riferimento del Meridione, Feudi di San Gregorio, come ricorda il presidente Antonio Capaldo, “il costo dell’energia pesa per il 6-10% dei costi complessivi di gestione. Ciò che trovo particolarmente grave, in un contesto come questo, è che il prezzo delle rinnovabili sia allineato a quello dell’energia (a sua volta ancorato al gas, ndr). Al di là di questo, noi produciamo con il fotovoltaico il 50% del nostro fabbisogno, e come quasi tutte le cantine del Belpaese, utilizzando tutti gli spazi, e quindi i tetti, disponibili in azienda, non saremmo lontani da un livello di auto produzione del 100%. Il problema, in questo frangente, è che ci eravamo mossi per tempo sul primo 50%, ma oggi diventa impossibile trovare pannelli e impianti, che arrivano dalla Cina e al momento costano il triplo di prima. Bisogna aspettare che si sgonfi questa bolla. È difficile fare una lettura precisa della situazione, ma se l’Europa riuscisse a imporre un tetto al costo dell’energia e, soprattutto, svincolare il prezzo delle energie alternative dal resto, ci potrebbero essere degli effetti positivi, così da riportare tutto a condizioni un po’ più normali”. Per quanto riguarda l’impatto del costo della bolletta elettrica sul resto della filiera, “ancora non si è sentito in maniera tangibile, ma dalla fine dell’estate si sentirà eccome, sulle tasche dei consumatori come dei ristoratori, che fino ad oggi hanno potuto far fronte ai rincari grazie ad un livello dei consumi decisamente sostenuto. Finite le vacanze, le famiglie dovranno far fronte ad un potere d’acquisto ridotto, e di conseguenza la domanda andrà in sofferenza”.
Sulla stessa linea è la riflessione di Marco Caprai, alla guida della Arnaldo Caprai, che ha rilanciato Montefalco ed il Sagrantino, e cantina da sempre pioniera sul fronte della sostenibilità. “Per una realtà come la nostra il costo della sola corrente è triplicato, poi ci sono i costi di altre fonti come il gasolio, che allo stesso modo hanno avuto rincari altissimi. L’incidenza del costo energetico sui costi totali per noi è passata dall’1-1,5% dello scorso anno al 5% di oggi, e se non cambia qualcosa, questo dato peggiorerà. Nell’immediato le aziende singole possono fare poco. Serve un provvedimento del Governo che sterilizzi l’Iva sulle bollette, gli oneri di sistema, ma non è semplice. Questo è un tema che tocca in maniera trasversale le imprese e le famiglie di tutta Europa, e se per le imprese agricole è una situazione delicata, per quelle energivore della filiera dell’agroindustria è una devastazione. Qui, nel nostro territorio, una cartiera importante ha messo tutti in cassa integrazione perché tenere aperto vuol dire produrre in perdita. Il prezzo delle bottiglie è aumentato del 30%, e al netto di questo non è garantito che ne avremo abbastanza per imbottigliare il vino che andiamo a produrre con la vendemmia alle porte. E poi, soprattutto, l’aumento delle bollette a cui non seguirà l’aumento degli stipendi e delle entrate delle famiglie, porterà ad una riduzione dei consumi e quindi, se non cambia qualcosa, ad una crisi di mercato. Ma servono soluzioni strutturali: va bene, per esempio, pensare ai laghetti per le irrigazioni, ma bisogna soprattutto pensare a dighe e invasi che consentano non solo di non sprecare acqua, ma anche di produrre energia. Qualcosa, come singole aziende - aggiunge Caprai - si può fare, già l’abbiamo fatto, istallando pompe di calore, inverter, pellicole sui vetri per abbattere il calore negli spazio dove serve più fresco. Ma di certo niente di tutto questo è sufficiente a contrastare una situazione simile. Ci stiamo predisponendo per il bando agri-solare, ma non si può pensare che qualche pannello fotovoltaico in più risolva la situazione. Inoltre, ora ci saranno finanziamenti, ma ci sono anche tanti punti interrogativi. Tutto viene prodotto in Cina, aumenterà la domanda e quindi aumenteranno anche i costi. E poi, quando i pannelli tra 10 o 20 anni saranno a fine vita, chi si farà carico dei costi di smaltimento? E sarà anche sostenibile a livello ambientale?”. La situazione è davvero difficile, insomma. E inoltre, aggiunge Caprai, “al di là di alcune aziende di grande livello che hanno marginalità altissime, la maggior parte delle aziende del vino ha margini tra il 5 ed il 7%, e l’aumento dei costi di produzione che, fino ad oggi, era stimato nel +30%, ma aumenterà, rischia di mandare alcuni prodotti fuori mercato. E poi c’è la questione Pnrr, in cui progetti, anche per le infrastrutture, sono stati messi in campo con i costi di un anno fa, ma ora tutto è cambiato”.
“Stiamo facendo i conti con aumenti completamente fuori dalle peggiori previsioni di un anno fa - aggiunge dal Trentino Francesco Giovannini, direttore generale del Gruppo Mezzacorona - noi ad oggi ci difendiamo perché abbiamo sempre investito in sostenibilità, abbiamo una buona parte della produzione di energia elettrica garantita dal fotovoltaico, una parte che compriamo a tariffe fissate sui valori del 2021, almeno per tutto il 2022. Ma l’aumento dei costi diretti in percentuale è enorme, se non avessimo adottato queste soluzione saremmo a +300%. Anche se, di fatto, pesa molto di più l’aumento dei costi indiretti su prodotti come vetro, carta e così via, che fino a maggio abbiamo stimato in un +28%, ma è un dato che per come stanno le cose andrà visto sicuramente al rialzo. Fino ad ora, inoltre, abbiamo sempre avuto disponibilità di bottiglie, ma è sempre più difficile avere garanzie. A livello aziendale, per contenere i costi, qualcosa si può razionalizzare ulteriormente, ma non si può pensare di fare molto più di quanto già fatto. E quello che preoccupa di più è la contrazione del potere di acquisto da parte delle famiglie, che ovviamente si sentirà sui consumi”.
Che l’aumento dell’elettricità e del gas pesino direttamente in bolletta, ma ancora di più in maniera indiretta, lo conferma anche Benedetto Marescotti, direttore marketing di Caviro, uno dei colossi della cooperazione italiana. “I rincari in bolletta pesano, ma si spalmano su tutta la produzione e quindi in qualche modo si ammortizzano, anche se guardando all’inverno dovremmo fare i conti con quello che arriverà, pensando anche alla gestione degli uffici e così via. Ma noi del mondo del vino non abbiamo una produzione particolarmente energivora, come invece hanno i produttori di vetro, di carta e così via, e questo pesa molto di più. Sulle bottiglie, in pochi mesi, abbiamo avuto due rincari del +15-20% ogni volta, e quello impatta direttamente sul costo singolo di ogni pezzo. In più è difficile trovarle, anche prodotti standard come la classica bordolese, che copre quasi il 70% dell’offerta nella grande distribuzione, e non si riesce più a lavorare in maniera programmata come un tempo, perché la conferma della disponibilità di un ordine arriva 2-3 giorni prima di quando il materiale serve effettivamente. E ovviamente c’è preoccupazione per il calo del potere di acquisto. Se non si trovano ammortizzatori o soluzioni a livello istituzionale è un problema. In più, speriamo che la campagna produttiva non porti anche alla necessità di aumenti dei prezzi dei vini, altrimenti trovare un bilanciamento che garantisca un po’ di redditività, già al limite, sarà davvero difficile”.
Ed il futuro, salvo novità sperate ed attese, non è dei più rosei, come spiega Lamberto Frescobaldi, alla guida di una delle più storiche ed importanti realtà del vino di Toscana e del Belpaese. “In tempi non sospetti abbiamo bloccato il costo dell’elettricità 2022 ai prezzi del 2021, ma il nostro gestore è stato chiaro: se non cambia qualcosa nel 2023 l’aumento sarà anche del 600%. Per fortuna da tempo, quando poteva sembrare addirittura un eccesso, abbiamo investito nel fotovoltaico, nelle centrali a biomasse, nel recupero delle acque, e tutto questo aiuta nel lavoro di cantine che tra stabilizzazioni di temperatura e così via, oggi richiedono più energia di quelle in cui lavoravano i nostri predecessori. Ma, come agricoltori e produttori di vino, siamo colpiti anche e soprattutto indirettamente dall’aumento dei prezzi delle bottiglie, sempre più difficili da trovare, o dei container per le spedizioni. Sicuramente avremo aumenti importanti dei costi di produzione, oggi le stime, in media, parlano di un +30%, e sarà difficile trasferire tutto sul mercato, soprattutto per i vini di fascia più bassa dove anche pochi centesimi di aumento rischiano di farti perdere mercato. I prossimi mesi, tra autunno e inverno, saranno cruciali: o vengono messi in campo degli interventi su larga scala che riportano lo cose alla normalità, o in tanti casi salterà il banco”.
Visione olistica, ancora, quella di Pierangelo Tommasi, che con la Tommasi Family Estates ha tenute in Valpolicella, Oltrepò (Tenuta di Caseo), Toscana (Casisano nel Brunello di Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma), Puglia (Masseria Surani) e Vulture (Paternoster). “Di energia se ne consuma anche nel settore vitivinicolo”, ricorda Pierangelo Tommasi. “Ed in particolar modo quest’anno: a causa della siccità, in molte delle nostre tenute, dove abbiamo impianti di irrigazione, l’uso dell’elettricità è stato decisamente superiore. In cantina, invece, il fabbisogno riguarda principalmente i macchinari delle linee di imbottigliamento, che più sono vecchi più consumano. Nel nostro caso, inoltre, c’è da aggiungere il costo, tutt’altro che secondario, dell’appassimento delle uve destinate alla produzione dell’Amarone. Nelle prime due settimane c’è bisogno di ventilatori potenti per ridurre l’umidità, che restano in funzione quasi senza soluzione di continuità. È chiaro, quindi, che le preoccupazioni per gli aumenti del costo dell’energia sono notevoli, visto che tra costi di trasporto e produzione la bolletta segna aumenti intorno al 250%. Possiamo contare anche noi su una quota di energia auto prodotta da fotovoltaico, che al momento, nelle diverse aziende del gruppo, vale un terzo del nostro fabbisogno, con l’obiettivo, nel lungo termine, di diventare totalmente autosufficienti. Non è semplice, però, trovare una risposta, anche perché non è nella nostra filosofia ritoccare i prezzi dei listini a questo punto dell’anno. C’è stato qualche arrotondamento, ma sufficiente a mala pena ad assorbire l’aumento dei costi delle materie prime, per ripagare gli aumenti del costo dell’energia ci vorrebbe ben altro. Il timore, adesso, è per i prossimi mesi. Dall’ultimo “Opera Wine” a Verona arrivò un messaggio, da parte di tutto il mondo del vino, di grande speranza e fiducia, con l’attesa per un grande Vinitaly e l’entusiasmo per la ripartenza dopo due anni segnati dal Covid-19. Qualche nuvola, però, si stava già addensando all’orizzonte, e credo che lo scotto lo pagheremo da settembre, quando le famiglie, finite le vacanze, si troveranno a dover pagare le bollette e gli effetti dell’inflazione sul carrello della spesa. Da una parte - conclude Pierangelo Tommasi - sono molto preoccupato, perché il potere d’acquisto delle famiglie ne risentirà, ma dall’altra sono curioso di vedere come l’italiano supererà questa difficoltà oggettiva per continuare ad uscire, bere e mangiare fuori, come ama fare. Conoscendo la mentalità dei mercati esteri, invece, sono abbastanza sicuro che con il calare del potere d’acquisto caleranno in maniera speculare anche i consumi di vino”.
Ad essere preoccupato per i rincari e la scarsità di bottiglie, etichette e così via, più che per l’aumento delle bollette, “comunque più che raddoppiate”, è anche Giancarlo Moretti Polegato, alla guida di Villa Sandi, una delle aziende di riferimento del mondo Prosecco. “Il costo dell’energia elettrica è più che raddoppiato. Aziende come noi che producono bollicine, inoltre, hanno costi mediamente più alti di chi fa vini fermi, perché per esempio noi abbiamo necessità di usare i frigo per raffreddare il vino nelle fasi di fermentazione”. In ogni caso, con costi industriali dell’energia che si aggirano intorno al 2%, “anche grazie a forti investimenti che abbiamo fatto a fine 2021 sul fotovoltaico, quello che pesa di più - conferma Polegato - sono i prezzi del vetro. Le vetrerie sono sempre in tensione, siamo continuamente avvisati del fatto che ci saranno altri aumenti legati al gas, quindi ci hanno già ventilato altri aumenti consistenti a gennaio, sperando che fino a fine anno non ce ne siano degli altri. Non si può stare tranquilli, insomma. E c’è anche il problema dei volumi di fornitura: non è come un tempo che si facevano stock e programmi, si va nel migliore dei casi di mese in mese. E anche per carta e cartone vale lo stesso discorso. Speriamo che ci sia una soluzione a livello europeo a questo problema che riguarda tutti, o meglio ancora che questa guerra finisca, e che si torni il prima possibile ad una situazione di normalità”.
A dare una lettura in linea con gli altri, ma un po’ diversa nelle conclusioni, è Renzo Cotarella, ad della Marchesi Antinori, azienda privata n. 1 del vino italiano. Che se da un lato conferma come l’aumento dei costi energetici per le aziende vinicole del Belpaese, si faccia sentire soprattutto sulla parte indiretta, ovvero sulle materie prime come il vetro, le capsule e la carta, che nascono da aziende decisamente energivore, dall’altro sottolinea come si debba provare a trasformare una criticità economica in una evoluzione etica. “È chiaro che servano soluzioni a livello sistemico. Ma le aziende qualcosa possono fare. Le aziende agricole vivono alla luce del sole, si può investire nel fotovoltaico, si possono cambiare le vecchie caldaie con le pompe di calore, sostituire le luci con i led, ammodernare il parco macchine, anche grazie ai fondi di industria 4.0, che pure ancora ci sono. Ma soprattutto, senza fare troppi sacrifici non richiesti, questa situazione può servire a focalizzarci ancora di più su un aspetto etico, che vuol dire che, a prescindere, si deve lavorare senza consumare l’energia e le risorse che non sono necessarie, anche se uno, magari, non ha problemi economici e anche ora può permettersi di spendere”.

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