Se è vero che il vino è il prodotto principe dell’agroalimentare italiano, capace di volare in tutti i mercati del mondo e di trainare l’export di tutto il wine & food, un’altra delle sue capacità è quella di attrarre turisti da ogni angolo del pianeta, desiderosi di scoprire i territori in cui i vini nascono, la loro bellezza, il loro intreccio con le tradizioni gastronomiche, ma anche con la cultura, la storia, la bellezza e l’arte. Valori assoluti di cui il Belpaese è ricco, che si condensano nella parola “enoturismo”, fenomeno che è cresciuto a dismisura negli ultimi anni, e che, secondo tutte le ricerche più aggiornate, per una buona parte delle cantine che ci investono, rappresenta una buona parte di fatturato tra incoming, degustazioni, vendita diretta e così via.
Ed, anche per questo, da quando apprende WineNews, VeronaFiere, che, con Vinitaly firma la fiera più importante dedicata al vino italiano, starebbe pensando di introdurre, dal 2024, un nuovo format dedicato al turismo del vino, una sorta di “borsa dell’enoturismo”, o dentro Vinitaly (ad aprile) o in un altro momento come Wine2Wine (a novembre), magari in collaborazione con il Ministero del Turismo, guidato da Daniela Santanchè, con cui ci sarebbero già stati dei contatti e che, come annunciato, nei giorni scorsi, dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, sarà a Vinitaly per parlare della materia.
Il futuro lo dirà, ma, intanto, l’attenzione sul tema è alta, come testimoniano, sempre a WineNews, le parole dello stesso Ministro del Turismo, Daniela Santanchè: “il vino è il fiore all’occhiello dell’intero settore agroalimentare italiano, tanto che la nostra Nazione è leader in Europa con ben 526 prodotti vinicoli certificati, contribuendo enormemente a rendere il “made in Italy” un sinonimo di eccellenza nel mondo. Inoltre, l’enoturismo, con i suoi percorsi “lenti”, legati saldamente a storia e tradizioni locali, è capace di attirare 15 milioni di turisti e generare un fatturato di 2,7 miliardi. Bisogna, quindi, sostenere un asset così strategico e vitale per il benessere socioeconomico dell’Italia, anche preservandolo da normative scellerate come quella irlandese, che rischierebbero di incidere negativamente sulla nostra filiera produttiva di punta”.
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