Sotto ai riflettori, a “Vinitaly 2023”, non poteva non esserci il tema “vino e salute”, deflagrato dopo la proposta irlandese di inserire gli “health warnig” nelle etichette di tutti gli alcolici, per ora in “stand-by”, ma comunque avallata dalla Commissione Ue. E se nei mesi scorsi la reazione della filiera del vino italiano e delle istituzioni è stata di netta contrarietà, a tutela di uno dei suoi prodotti di eccellenza e della sua reputazione, a Verona, il concetto è stato ribadito, con forza, in vari momenti, dai rappresentati della filiera e dagli esponenti del Governo. “Qualsiasi eccesso è nocivo, anche bere 10 litri di acqua al giorno fa male così come 2 litri di vino”: con questa evidenza, che sembra essere nota solo ai Paesi tradizionalmente produttori e consumatori di vino, ha debuttato Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, aggiungendo, intervistato da WineNews, che “a chi non lo capisce in Europa faremo cambiare idea”.
“Nella mia carriera politica - ha sottolineato Tajani - ho sempre difeso l’agroalimentare italiano e, quindi, il vino. Chi sostiene tout court che faccia male è spinto da un modello culturale diverso dal nostro e anche da interessi economici contrastanti con i nostri. Ci siamo battuti contro il nutriscore, che avvantaggia alcuni prodotti rispetto ad altri tradendo la regola della libera concorrenza in Europa, e oggi assistiamo a una offensiva su tutta la Dieta Mediterranea, che rappresenta il nostro stile di vita, che attrae, insieme alla nostra storia e alle bellezze del nostro Paese, milioni di turisti in Italia”. E come Ministro degli Esteri che ha competenze anche sul commercio internazionale, Tajani ha ricordato la necessità di combattere l’italian sounding “per riprendere lo spazio di mercato che ci spetta”. “Quanto all’export di vino che sta ancora crescendo - ha continuato - non dobbiamo accontentarci e dobbiamo far crescere la qualità per occupare spazi di gusto e di cucina di alto livello”. Un ambito, quello della ristorazione, strategico su cui puntare per portare la nostra cultura del cibo e del vino nel mondo. “Con la Federazione Italiana Cuochi - ha annunciato il Ministro - intensificheremo le iniziative per la Settimana della cucina italiana con il fine di incrementare il turismo enogastronomico che ha necessità anche di essere migliorato nella fruizione delle Strade dei vini e meglio comunicato. E sul forte rapporto tra gastronomia e vino intendiamo fondare la candidatura di Roma per Expo 2030”.
Sulle ragioni scientifiche che dimostrano i benefici del consumo moderato di vino sono intervenuti Pierfrancesco Nocini, medico e rettore dell’Università di Verona, affiancato da due medici specialisti dell’Ateneo, dal medico dietologo Giorgio Calabrese. La Dieta Mediterranea, è dimostrato con dati scientifici, riduce l’incidenza dei tumori, diversamente dalle altre diete diffuse in altri Paesi in particolare del Nord Europa. E lo sviluppo di endopatie è strettamente favorito dal binge drinking, cioè dal bere per ubriacarsi, molto diffuso negli stessi Paesi soprattutto nel fine settimana. Abitudine che potrebbe essere combattuta proprio adottando il nostro approccio culturale al vino, bevuto ai pasti e in quantità limitate”.
A ribadire che “un bicchiere di vino rosso, integrato in un modello di Dieta Mediterranea, fa bene alla salute”, è stato anche il convegno firmato da Coldiretti e Filiera Italia con la partecipazione dei Ministri della Salute Orazio Schillaci, dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, e degli Esteri Antonio Tajani, assieme al presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il segretario generale Coldiretti Vincenzo Gesmundo, e il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia. “Un’occasione per rispondere - spiegano Coldiretti e Filiera Italia - agli attacchi al made in Italy a tavola, dal vino alla carne sintetica, basandosi su dati scientifici”. Per questo gli esponenti del Governo Meloni hanno chiesto che la battaglia non sia ideologica, come ha sottolineato nell’apertura del convegno Gesmundo, e si sposti sul campo medico e affidata alla scienza. L’attacco al vino messo in atto dalla Commissione Ue, secondo Schillaci, non ha alcuna base scientifica. Quello che va contrastato è l’abuso e soprattutto il consumo di super alcolici. La richiesta dell’Irlanda di indicare sulle etichette dei vini che nuoce gravemente alla salute si spiega perché in quel Paese l’alcolismo è un problema sanitario nazionale. Il Ministro della Salute ha ribadito l’importanza di una dieta corretta ed equilibrata che si identifica nella Dieta Mediterranea. “Riconosciamo solo la storia e il prestigio indiscusso delle nostre aziende vitivinicole, non claim allarmistici a danno della cultura e dell’intero settore - ha dichiarato Scordamaglia - perché parliamo di un settore simbolo che rappresenta oltre la metà del valore economico della filiera dei prodotti a denominazione di origine europei, e solo questo giustifica la necessità e la nostra sfida prima culturale di far comprendere, a partire dalle Istituzioni, che tale settore deve continuare a crescere promuovendo il consumo responsabile e tutelando le distintività territoriali”.
“Sul vino non si deve fare terrorismo psicologico, come invece nel caso dell’Irlanda, ma informazione corretta per una migliore educazione al consumo”, è il messaggio del coordinatore vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari Luca Rigotti, nel suo intervento alla tavola rotonda “Vino fare sistema”. “Sull’indicazione in etichetta di calorie ed ingredienti e sull’inserimento di messaggi di avvertenza - sottolinea Rigotti - ribadiamo la necessità che per i prodotti vitivinicoli si segua un approccio consapevole ed educativo, mai allarmistico”. Non solo: “mentre le indicazioni nutrizionali e della lista degli ingredienti possono avere, se impostate nel modo corretto, un significato di trasparenza e di supporto alle scelte consapevoli da parte dei consumatori, ciò non può in alcun modo avvenire attraverso l’imposizione, come nel caso dell’Irlanda, di messaggi intimidatori da trasmettere al consumatore che non tengano in alcun conto la differenza tra consumo e abuso”, osserva. “Ricordiamo, infatti, che l’accordo raggiunto dal settore vitivinicolo con la Commissione Europea – dicono le Cooperative - prevede l’indicazione in etichetta delle sole calorie, mentre l’indicazione degli altri valori nutrizionali e dell’elenco degli ingredienti potrà avvenire off-label”. E in tema di “warning label” il coordinatore vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari ha le idee chiare: “sono controproducenti in termini di educazione al consumo, e appaiono piuttosto come una sorta di ‘scarico di responsabilità’ da parte di chi le impone, preferendo questo approccio a quello più difficile di insegnare ed educare ad un consumo corretto e consapevole del vino”. Insomma: “iniziative come quella irlandese mettono a repentaglio l’unitarietà dell’organizzazione comune di mercato, così come l’immagine di un prodotto dalla tradizione millenaria, simbolo della Dieta Mediterranea e del buon vivere”, conclude.
A schierarsi contro la proposta irlandese è anche la Federvini, guida da Micaela Pallini, che per superare la questione, propone, tra le altre cose, che “il Governo italiano si adoperi nel dialogo e nella collaborazione con Paesi partner quali Stati Uniti e Giappone, che nei mesi scorsi hanno dimostrato di condividere la posizione italiana, a livello di Wto; che vengano messe in campo azioni e iniziative di cooperazione internazionale volte a promuovere, a livello europeo, l’adozione della Dieta Mediterranea: una delle migliori argomentazioni a favore della non dannosità del consumo moderato e responsabile di bevande alcoliche è rappresentata proprio dalla longevità della nostra popolazione e, più in generale, dalla buona salute delle popolazioni che hanno adottato tale dieta, e ancora, che si istituisca un Comitato Interministeriale tra i Dicasteri di Affari esteri, Sovranità alimentare, Imprese e Salute per definire in maniera coordinata la posizione italiana sul tema in tutte le sedi internazionali, evitando assenze o mancanza di coerenza nei messaggi e nelle azioni delle diverse autorità governative”.
Il tutto a tutela di un prodotto identitario che genera nei territori una ricchezza diffusa che la Coldiretti stima in 14 miliardi di euro, e che tra produzione, vendita e indotto, dà lavoro a 1,5 milioni di persone. “Il vino rappresenta un patrimonio del made in Italy anche dal punto di vista occupazionale che va difeso dai tentativi di colpevolizzarlo sulla base di un approccio ideologico che non tiene contro di una storia millenaria che ha contribuito non solo a far grande il nostro agroalimentare, ma si inserisce appieno nella Dieta Mediterranea che in questi anni ha visto gli italiani primeggiare per longevità a livello europeo e mondiale” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, ribadendo “la necessità di tutela l’agroalimentare made in Italy e il vino in particolare forte dei 10.000 anni di storia e un patrimonio unico al mondo di vitigni autoctoni. Un settore chiave del sistema nazionale con 14 miliardi di fatturato e 8 miliardi di export. E dalla distintività - ha aggiunto Prandini - si deve ripartire per rafforzare la politica di internazionalizzazione e accrescere l’export”.
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