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STORIE DI RINASCITA

Riflettori puntati su un vitigno dimenticato: l’Asprinio d’Aversa, che si “marita” con i pioppi

Una esempio di sostenibilità ambientale e valorizzazione paesaggistica, ma anche di grande poesia. Gli investimenti delle cantine del territorio
ALBERATA AVERSANA, ASPRINIO DI AVERSA, AVERSA DOC, CANTINE BONAPARTE, CONSORZIO VITICA - DOC AVERSA, I BORBONI, Italia
La vendemmia dell’Alberata Aversana (ph: Cantine Bonaparte)

Il grande scrittore e giornalista Mario Soldati lo aveva definito “grande, piccolo vino”: ora sull’Asprinio d’Aversa, antichissimo e quasi sconosciuto vitigno campano che si caratterizza per la sua originalissima forma di allevamento, l’Alberata Aversana - la vite viene “maritata”, ovvero fatta arrampicare sui pioppi, raggiungendo altezze fino a 15 metri - si accendono di nuovo i riflettori, grazie agli investimenti dei produttori della Doc Aversa, e con il libro “Asprinio d’Aversa: Racconto di un matrimonio felix di 3000 anni fa”, del professor Michele Scognamiglio, che ne ripercorre la storia affascinante. Se ne è parlato nei giorni di “Vinitaly 2023”, che si è chiuso ieri a Verona, in un focus che si inserisce nella strategia di recupero e valorizzazione della tradizionale forma di allevamento, di matrice etrusca, con, tra gli altri, il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, il musicista Peppe Vessicchio, l’enologo Umberto Trombelli, e Silvana Ballotta, alla guida di Business Strategies.
L’Aversa Doc è una piccolissima denominazione (solo 32 ettari) dal grande potenziale, distribuita in 22 comuni nelle province di Caserta e Napoli. L’Asprinio d’Aversa è un vitigno particolarmente vocato alla produzione di spumanti di qualità: il primo Metodo Classico risale alle sperimentazioni del 1978 della cantina Caputo e oggi, tra le aziende bandiera del territorio, c’è “I Borboni”, la cui Riserva storica testimonia il potenziale evolutivo dei vini dell’Aversano. Tra i produttori che credono e investono nel rilancio dell’Asprinio - che ha rischiato di scomparire completamente fino al 2016, quando è stato lanciato un vero e proprio allarme per recuperarlo - c’è anche Cantine Bonaparte, nuova realtà proprietaria di uno dei pochi ed eroici vigneti ad Alberata Aversana: 7 ettari, 20.000 bottiglie di Brut, 6.000 di Metodo Classico e 5.000 di vini fermi, tutte a base di Asprinio d’Aversa.
Le viti dell’Alberata, sorrette da pioppi, richiedono per la potatura e la vendemmia notevoli abilità acrobatiche e competenze tramandate da generazioni: una sapienza che sta scomparendo, insieme agli anziani viticoltori, che adesso si cerca di recuperare attraverso le nuove generazioni. C’è della poesia nella scena di esperti contadini che si arrampicano su lunghe scale come “uomini ragno”, in un’epoca dominata dalla velocità e dalla massima efficienza: anche per questo l’Alberata Aversana ha avviato il suo iter per una possibile candidatura all’Unesco, dopo essere stata dichiarata “Patrimonio Culturale Immateriale della Regione Campania” nel 2019. Del resto l’Asprinio d’Aversa ha avuto in epoche passate estimatori illustri: dai Borboni, che chiamarono a corte i migliori pittori dell’epoca per rappresentare l’Alberata, allo scopo di incuriosire e richiamare i viaggiatori europei che affrontavano il Grand Tour, fino a Goethe, che cita il vitigno campano nel suo “Viaggio in Italia”, da Plinio il Vecchio ad Alexandre Dumas.
“In realtà la storia dell’Alberata Aversana è quella della viticoltura mondiale - afferma Cesare Avenia, presidente del Consorzio Vitica - Doc Aversa - un tempo tutte le viti venivano “maritate”, noi abbiamo semplicemente mantenuto e salvaguardato un metodo che rimanda agli albori della storia. Adesso è fondamentale attuare una serie di azioni concrete per il suo rilancio: incentivare e regolamentare la nascita di nuove Alberate, investire sulla formazione dei giovani, indicare sulle etichette i vini prodotti con questo metodo, inserendo il simbolo dello “scalillo”, ovvero la lunga e sottile scala, oltre ad un Qr Code per informare il consumatore quale sia la specifica Alberata da cui viene ricavato ogni singolo vino”.

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