Costi in crescita e vendite ferme: Chianti, taglio delle rese del 10% per la vendemmia 2023

I costi di produzione continuano a crescere, e le vendite, ricalcando i numeri del 2022, sono ancora lontane dalle performance del 2021: il Chianti, la più grande denominazione rossista del Belpaese enoico, e icona popolare sui mercati e sulle tavole di tutto il mondo, dove è sinonimo di vino italiano, ha deciso, nell’ultima assemblea del Consorzio Vino Chianti, una riduzione delle rese pari al 10%. Un segnale da non sottovalutare, resosi necessario, racconta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi “per non far aumentare il vino accumulato nei magazzini”.
“La fotografia attuale è questa, e parla di un -14% di vendite nel 2022 sul 2021, per cui dobbiamo prendere le giuste contromisure. Se parliamo del rapporto prezzi-costi si nota - commenta il presidente - un pesante squilibrio a causa dell’inflazione. È vero che i prezzi sono aumentati mediamente del 4-6%, ma è altrettanto vero che i costi sono aumentati molto di più: si va dall’incremento del prezzo del gasolio per i trattori passando per i concimi. Tutto questo per le nostre aziende rappresenta una grande difficoltà. In pratica non abbiamo vissuto un anno “normale” dal 2017: l’allarme suona da tempo per tutto il settore”.
“Per i primi 5 mesi del 2023 - spiega Busi - il comparto Vino Chianti sta ripercorrendo i risultati del 2022, ma, purtroppo, il raffronto è su una annata 2022 che ha visto perdere 14 milioni di bottiglie sull’anno 2021. La diminuzione delle vendite 2022 si accompagna ad una vendemmia 2022 che ha visto risalire la produzione del 20%, con conseguente riaccendersi l’aumento delle scorte di magazzino ed una fibrillazione nel mercato che ha fatto scendere nuovamente i prezzi sotto i costi di produzione. Inutile negarlo: un po’ di preoccupazione per l’intero settore c’è”.