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AGRICOLTURA E POLITICA

Ancora tensione sul grano, tra raccolto italiano in calo e accordo tra Russia e Ucraina a rischio

Le analisi e gli allarmi di Coldiretti (che stima la produzione in calo del -10%) e Confagricoltura
Coldiretti, Confagricoltura, GRANO, Guerra, RUSSIA, UCRAINA, Non Solo Vino
Un campo di grano (ph: Oleksandr Ryzhkov via Freepik)

Tra il forte caldo arrivato quasi improvvisamente dopo mesi più o meno caratterizzati dalla pioggia, ed un “accordo sul grano” tra Russia e Ucraina in scadenza il 17 luglio che sarà tutt’altro che facile da rinnovare, agricoltura e politica guardano con apprensione alla produzione nazionale, in calo, e allo scenario internazionale, sempre più complesso, come emerge dalle analisi di Coldiretti e Confagricoltura. “Con l’arrivo del caldo nelle campagne è corsa a mietere il grano dopo che il maltempo ha impedito l’accesso ai terreni dove si stima una perdita dei raccolti di almeno il 10% a livello nazionale, rispetto allo scorso anno”, sottolinea la Coldiretti. Secondo cui il “il rischio concreto è che il raccolto di grano duro nazionale per la pasta possa scivolare a poco più di 3,7 milioni di tonnellate mentre quello di grano tenero per pane e biscotti rischia di attestarsi sotto i 2,7 milioni di tonnellate. Un risultato negativo nonostante i dati sulle superfici coltivate, vedono il grano tenero a poco più di 572.000 ettari (+6,2% sullo scorso anno), mentre per il grano duro - precisa la Coldiretti - i terreni coltivati sono fermi a quasi 1,22 milioni di ettari (-1,6% rispetto al 2022)”.
Di fatto l’andamento climatico dell’ultimo periodo ha ridotto il potenziale produttivo della coltivazioni più diffusa in Italia, con l’alluvione che è costata solo all’Emilia Romagna un taglio della produzione di grano tenero tra il 12 e il 15%, secondo il monitoraggio di Coldiretti e Cai - Consorzi Agrari d’Italia. Il calo dei raccolti è stato accompagnato dal taglio (ormai costante, ndr) dei compensi riconosciuti agli agricoltori che sono scesi del 40 % sullo scorso anno. “Non è accettabile - afferma Coldiretti - che di fronte all’aumento del prezzo della pasta al consumo rilevato dall’Istat a giugno pari al 12%, il grano duro nazionale necessario per produrla venga invece sottopagato appena 33 centesimi al chilo agli agricoltori che per potersi permettere anche solo un caffè devono vendere ben 4 chili di frumento. I ricavi non coprono infatti i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio la sovranità alimentare del Paese con l’abbandono di buona parte del territorio nazionale. Una situazione che mette in pericolo la vita di oltre 300.000 aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione”. “Sotto accusa le manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada, dove sono balzate del +1.018%, passando da 38,3 milioni di chili del primo trimestre 2022 ai 428,1 milioni dello stesso periodo del 2023, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. In Canada il grano - ricorda la Coldiretti - viene coltivato utilizzando glifosate in preraccolta come disseccante, secondo modalità vietate in Italia, scatenando la rivolta degli agricoltori nelle principali regioni di produzione, dalla Puglia alla Sicilia. La domanda di grano 100% made in Italy si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Italia. È necessario adeguare subito - sottolinea la Coldiretti - le quotazioni del grano per sostenere la produzione in un momento difficile per l’economia e l’occupazione”.
Guarda più allo scenario mondiale, invece, l’analisi della Confagricoltura, secondo cui “l’accordo sul grano ucraino è diventata un arma negoziale” dal punto geopolitico e finanziario in mano alla Russia. Accordo che, ricorda Confagricoltura, è stato rinnovato più volte, “dopo intensi negoziati diplomatici per quasi un anno, l’ultima volta a maggio, con la prossima scadenza fissata al 17 luglio. Tuttavia, la Federazione Russa ha recentemente dichiarato che non sussiste “alcuna ragione” per estendere l’accordo sulle esportazioni di grano ucraino, sino a quando non verranno alleggerite le sanzioni varate dall’Occidente che limitano le esportazioni agricole russe, gravando sulle banche e le assicurazioni del Paese, nonostante queste non colpiscano direttamente prodotti agroalimentari e fattori produttivi. Inoltre, la distruzione dell’oleodotto russo che collegava la città di Togliatti al porto ucraino di Odessa per l’esportazione di ammoniaca, ingrediente principale per i fertilizzanti azotati destinati soprattutto all’Ue - sottolinea ancora Confagricoltura - ha rappresentato un ulteriore pretesto per sostenere il mancato rinnovo dell’accordo sul grano. Malgrado le tendenze a ribasso per il prezzo dei cereali sia a livello internazionale, come registrato dagli ultimi bollettini della Fao, sia sul piano interno, la dichiarazione russa ha messo in fibrillazione il mercato. l’accordo sul grano ucraino, sebbene ponga in serio rischio la sicurezza alimentare globale, è divenuta l’arma negoziale utile alla Russia per alleggerire le pressioni sul proprio sistema bancario”. Al di là di quello che sarà l’esito della trattativa in corso, sui mercati continuerà a dominare l’incertezza che apre anche la strada alla speculazione. L’Unione Europea, ricorda ancora Confagricoltura, sta superando l’eccessiva dipendenza dal gas russo, ma ora deve altresì affrontare la nuova dipendenza dalle materie prime critiche in mano alla Cina, fondamentali per la transizione ecologica e digitale.
“Per le materie agricole di base, l’Unione Europea è autosufficiente, nonché primo esportatore mondiale di prodotti agroalimentari: un asset strategico da tutelare con la massima cura. In uno scenario incerto, di fronte a queste tensioni e all’uso del cibo come arma, per Confagricoltura spetta proprio all’Unione Europea il compito di aumentare necessariamente il proprio output produttivo agroalimentare, allentare la pressione sui mercati globali immettendo grano europeo e proporsi come un attore regionale autorevole per sopperire ai livelli minimi di sicurezza alimentare”.

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