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Corriere Fiorentino

Un triplice calo spaventa le cantine … Produzione giù di circa il 20% per la peronospora, meno consumi interni e franata delle esportazioni. Per difendersi la Toscana si affida alla propria reputazione e alle carte delle sue denominazioni principali… In calo la produzione, i consumi e l’export del vino. Se non fosse per la solida reputazione della regione sui mercati internazionali, ci sarebbe da temere la tempesta perfetta sulle cantine della Toscana. Il Chianti Classico si difende con un trend di posizionamento più in alto, il Brunello è pronto a mettere sul mercato una grande annata come la 2019 (a gennaio) e il Nobile è trainato dall’entusiasmo per il nuovo progetto delle Pievi. Al netto delle strategie, però, la situazione preoccupa. A lanciare l’allarme per primo è stato Lamberto Frescobaldi in una lunga intervista rilasciata a Winenews. Partiamo dalla vendemmia 2023. La primavera molto piovosa ha portato la peronospora su tutta la regione. Nessuna denominazione esclusa. Tutti si affrettano a dichiarare effetti a macchia di leopardo, ma le perdite di uva ci sono. “Un’annata quasi normale per chi ha saputo intervenire in tempo. Per chi non ci è riuscito prevedo una produzione decimata. Le stime sono di circa il 15% in meno, che per una denominazione come la nostra equivalgono a un venir meno di 15 milioni di bottiglie di Chianti, ma sono solo previsioni” commenta il presidente del Consorzio Giovanni Busi. “Stimiamo yuna produzione in calo del 15% a causa di una situazione molto disomogenea, ma non facciamo previsioni troppo al ribasso” spiega Carlotta Gori, direttore del Chianti Classico. “Qui a Montepulciano c’è un certo calo della quantità ma ancora difficile apprezzarlo, vorrei non mettere un dato ma se devo, direi intorno al 20%” le fa eco il direttore del Consorzio del Vino Nobile, Paolo Solini. Da Montalcino il presidente del Brunello Fabrizio Bindocci si accoda a quello del Gallo Nero Giovanni Manetti parlando di “un’annata scarsa ma di buona qualità” e spiegando un refrain a dir il vero molto comune con un’argomentazione tecnica però molto precisa: “Un grappolo di Sangiovese che lo scorso anno pesava 150 grammi a causa della siccità, questinno ne pesa 250, quindi quello che abbiamo perso con la peronospora da una parte lo abbiamo recuperato con un’annata più regolare”. Se le previsioni di calo produttivo possono sembrare prudenti rispetto alla peronospora che ha colpito duramente, bisogna evidenziare il fatto che la perdita del 20% circa va calcolata rispetto a un’annata siccitosa e quindi scarsa come quella dello scorso anno”. Con un calo produttivo del 20% Ci si aspetterebbe un aumento del prezzo delle uve. Ma l’equivalenza non c’è. Nel Chianti Classico si stima un passaggio di uve a 340 euro a ettolitro (più io% circa sul 2022) mentre a Montalcino a 600 euro a ettolitro per le quali “un aumento del 20% non è fuori luogo” ha aggiunto il presidente Bindocci. Una forbice che si amplia fuori dalle denominazioni principali. Il motivo? Nel suo ultimo report mensile l’Istituto repressione frodi ha denunciato la presenza dell’equivalente di un’intera vendemmia nelle giacenze delle cantine italiane. In pratica, nonostante nel 2021 ci sia stata la gelata, nel 2022 la siccità e nel 2023 la peronospora, nelle cantine italiane c’è un’intera annata d’invenduto. “Nel Chianti è dal 2017 che per un motivo o per l’altro non facciamo una vendemmia piena — spiega il presidente del Chianti Docg Busi — e ciononostante stiamo arrivando ai nostri massimi di magazzino. Siamo a circa 1.100.000 bottiglie, se però il trend dell’annat sarà confermato con un meno 20% produzione torneremo al di sotto d nostro trend”. Per la Toscana ce scorte sono anche tecniche, a causa del lungo invecchiamento dei vini come appunto Brunello, Nobile e lo stesso Chianti Classico. A preoccupare di più però sono i consumi interni ed esteri. Sempre secondo il Chianti “i consumi nella grande distribuzione sono calati del 5-6% che per noi, esposti per il 65% proprio sulla Gdo, sono un bel campanello d’allarme. Meno vendite, meno produzione, la crisi sta investendo tutti” ha concluso Busi stigmatizzando la politica dei tassi d’interesse dell’Eurozona. Da Montalcino, storicamente vocato all’export specie versó gli Stati Uniti, Bindocci conferma che “un rallentamento c’è in Germania, in Inghilterra, in Usa e Canada, ma il vino comunque esce dalle cantine e questo è positivo”. Roberto Giannelli, produttore di Montalcino, imputa questo calo generalizzato a un problema strutturale, una sorta di bolla che si era venuta a creare durante il Covid e che ora si sta sgonfiando. Secondo una fonte di Confagricoltura che fa eco all’allarme di Frescobaldi, in Italia c’è un problema di dati. Se a fronte di gelate, siccità, peronospora e anche grandine l’equivalente di un’annata è bloccato nelle cantine, esiste una mancanza di chiarezza sui dati del vino italiano: dalla sorte delle uve da tavola alle reali quantità di sfuso che entrano nel Paese.

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