Le etichette italiane hanno spazi di crescita. Il 2023, dopo l’euforia post Covid, è stato un anno pessimo per i vini da collezione con un ridimensionamento dei prezzi in tutte le più importanti regioni vinicole, in primis la blasonata Borgogna. Si sono salvati i vini italiani che, pur rimanendo in territorio negativo, hanno evidenziato un calo più contenuto. Nell’attuale situazione potrebbe essere opportuno guardare a questo collectible anche come asset class alternativa. Ma come orientarsi? “Se vent’anni fa - spiega Edoardo Maria Lamacchia, fondatore e ceo della piattaforma di trading eWibe - il portafoglio era per il 50-60% investito in Bordeaux e a seguire Champagne e Borgogna e un 5% di altri vini, nel tempo le percentuali sono cambiate. Il Bordeaux ha perso quote a favore della Borgogna ma in futuro, complice il consolidamento dei prezzi alla fonte e le annate 2015, 2016, 2018 e 2020, benché ancora molto giovani, mostrerà di nuovo la sua forza per gliinvestimenti nel fine wine”. Per i vini italiani le etichette su cui puntare sono i Super Tuscan con Sassicaia, Masseto, Tignanello, Solaia e Ornellaia che hanno ricevuto ottimi punteggi dalla critica internazionale, ma anche Le Pergole Torte e i classici Brunello di Montalcino come Soldera e Biondi Santi Riserva. Per i piemontesi Giacomo Conterno, Bartolo Mascarello, Bruno Giacosa, Rinaldi ma anche produttori che si stanno affermando comeAccomasso, Burlotto, Cappellano e Roagna. E per le bollicine da collezione gli esperti segnalano il Franciacorta Annamaria Clementi R.S.1980 (prezzo da 560 €), un millesimato Ca’del Bosco che ha risposato per 42 anni sui lieviti. Un’avvertenza: il vino va conservato controllando le temperature.
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