Verona pronta ad accogliere il museo nazionale del vino… ettere a terra un progetto che è già realtà nei grandi Paesi produttori di vino. Potrebbe essere questo il grande obiettivo da centrare nel 2024 per il mondo enoico tricolore che a Nord Est - e soprattutto in Veneto - ha il suo centro propulsore. I modelli infatti non mancano, dal World of Wine (Wow) di Porto, in Portogallo, al Museo della Cultura del Vino di Vivanco, a Briones, in Spagna, fino alla immensa Cité du Vin di Bordeaux, in Francia. Tutti hub internazionali che da spazi espositivi si sono evoluti in luoghi esperienziali, oltre che di cultura e conoscenza di prodotto. A fare il primo passo per insediare in Veneto, e precisamente a Verona, il museo internazionale del vino italiano è stato a Palazzo Ferro Fini, il veronese Enrico Corsi, consigliere regionale della Lega, primo firmatario del Progetto di legge 182, che modifica e integra la legge veneta del 7 settembre 2000, numero 17 (Istituzione delle strade del vino e di altri prodotti tipici del Veneto e iniziative per la promozione della cultura materiale della vite e del vino e per la valorizzazione della tradizione enologica veneta). “Assurdo che in Italia, Paese che si colloca ai primi posti per produzione vitivinicola, non ci sia ancora una istituzione di questo genere, al contrario di Paesi competitor nel settore”, faceva notare Corsi, presentando il Pdl. Il nuovo testo, diventato legge regionale numero 11/2023 è stato approvato nel maggio scorso all’unanimità dai consiglieri veneti e finanzia il futuro museo del vino con un milione di euro nel triennio. Le ricadute anche dal punto di vista turistico non sono sfuggite all’assemblea regionale. “Il museo di Bourdeaux fa 500mila ingressi l’anno, ma Verona è già nel circuito delle Great Wine Capitals (le città capitali mondiali del vino, ndr), può avvalersi di un asset come Vinitaly, ha una posizione geografica molto più favorevole e soprattutto è città turistica dai grandi numeri. Quindi può fare ancora meglio”, si dice certo. Per sostenere la nascita dell’hub enoico, nel luglio 2022, si è costituita nel capoluogo scaligero la Fondazione Museo del Vino, MuVin, impresa sociale, che conta tra i soci fondatori Confcommercio e Confesercenti, Cia - Confederazione italiana agricoltori, Confagricoltura, il Consorzio di tutela dell’olio extravergine e l’Associazione vini veronesi doc (Avive) che raggruppa i nove consorzi del vino della provincia, Apindustria Confimi e Confcooperative locali. Tra gli organi della Fondazione è previsto il consiglio generale, delegato, tra l’altro, all’approvazione del bilancio, definizione delle linee generali e programmatiche delle attività, nomina del Cda e dell’organo di controllo, (con determinazione dei relativi compensi), modifica dello Statuto. Qui siedono, oltre ai soci fondatori, componenti designati da Comune di Verona, Provincia, ateneo locale, Camera di Commercio, Veronafiere Spa e dalla Regione. A presiedere MuVin, che si è già dotata anche di un comitato scientifico, guidato da Roberta Garibaldi – è Diego Begalli, prorettore dell’Università scaligera. Costruita la macchina, impegnata sul maxiprogetto è iniziato il tempo della pianificazione. Secondo Enzo Ghinato, nel Cda di MuVin, si darà vita a un luogo immersivo, di portata globale, capace di ampliare la formazione, la ricerca e l’indotto economico del settore. In pratica, precisa, “si tratta di una straordinaria opportunità per Verona e per l’intera regione”. A novembre, Ghinato aveva predisposto un business plan da 50 milioni per un’area museale, con sale polifunzionali, zona commerciale e ristorazione di 11.850 metri quadrati da realizzare all'ex cartiera vicino all’hotel Leon d’Oro (accanto a viale Piave, in ingresso alla città da Porta Nuova, ndr) o nelle Gallerie Mercatali di fronte alla fiera. Per la prima ipotesi servirebbero cinque anni circa, perla seconda forse un po’ meno. Ma la Fondazione sta vagliando anche un’altra possibilità che si è affacciata il mese scorso e che consentirebbe di realizzare il museo più celermente, su una superficie già approntata e con minor spesa. I contenuti scientifici, culturali e didattici non saranno secondari. Per questo, prima di Natale, la città di Giulietta ha ospitato la prima conferenza internazionale sui musei del vino dove si è fatto il punto sull’esperienza dei principali hub internazionali. “Siamo impegnati in una iniziativa di grande rilevanza”, afferma Segali, “imperniata su un gigante che si chiama vino e che il consumatore apprezza se raccontato nei suoi valori, insieme a paesaggio, arte e territorio”. Per capire il vino, afferma Garibaldi, “c’è bisogno di cultura: i musei del vino sono in ponte tra vigna e bicchiere, tra il territorio e le sue produzioni di pregio. In Italia ce ne sono già 46, e 83 del gusto: più che in Francia e Spagna”. Tuttavia, spesso sono realtà di piccole e medie dimensioni, di proprietà comunale (41% dei musei del vino e 52% del gusto) odi aziende (33% e 24%). “Questa pluralità testimonia la ricchezza enogastronomica italiana, che vanta il maggior numero di produzioni certificate in Europa. Emergono aspetti da valorizzare grazie al lavoro direte, che MuVin si propone di sviluppare. Fa scuola il progetto partito dalla Francia, dove il ministero della Cultura ha favorito di recente la creazione di un network europeo di musei del vino”, afferma. La Giunta regionale ci crede e a dicembre ha stanziato, solo a sostegno delle attività promosse nel 2023 dalla Fondazione, 75mila euro in particolare per la messa a punto di un sito internet multimediale che illustrerà il percorso di progressiva istituzione del museo del vino e le sue caratteristiche di promozione del prodotto e del territorio, pure sotto il profilo turistico e culturale. Più consistenti saranno gli assegni che Palazzo Balbi staccherà quest'anno e il prossimo, rispettivamente pari a 195mila e a 180mila euro.
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