Andare oltre gli allevamenti intensivi, rendendo protagoniste le piccole aziende agricole zootecniche e incoraggiando la transizione ecologica di quelle grandi e medie: Greenpeace Italia, Wwf Italia, Isde - Medici per l’ambiente, Terra! e Lipu presentano in Parlamento una nuova legge per il settore. L’obiettivo è promuovere la transizione ecologica del settore zootecnico, riconoscendo il giusto prezzo ai piccoli produttori e garantendo ai consumatori l’accesso a cibi sani e di qualità, secondo i valori positivi del made in Italy. Anche Slow Food accoglie con favore “l’avvio di un percorso istituzionale sul tema del superamento dell’allevamento industriale e intensivo, un modello dal forte impatto ambientale che anche in questi giorni, se ancora ve ne fosse bisogno, sta rivelando tutta la propria insostenibilità”.
Il sistema zootecnico europeo, compreso quello italiano, richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce enormi quantità di sostanze inquinanti. Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca e il conseguente inquinamento da polveri fini, responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia che, nel 2021, sono state poco meno di 50.000. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica. Da tempo il sistema zootecnico è soggetto a cicliche crisi in parte legate alle sue stesse caratteristiche: l’elevata dipendenza da input esterni (energia, mangimi, acqua) lo rende particolarmente fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti), che lo rendono vulnerabile alle epidemie sempre più frequenti. Parlando di numeri, in Italia, sono più di 700.000 i capi allevati in maniera intensiva ogni anno, con l’80% dei fondi europei destinati al comparto agricolo tricolore che finiscono nelle casse di appena un 20% dei beneficiari.
Sono molti gli aspetti critici dell’attuale approccio alla zootecnica, secondo le associazioni: due terzi dei cereali commercializzati nell’Unione Europea diventano mangime e il 70% dei terreni agricoli europei è destinato all’alimentazione animale, principalmente a coltivazioni come il mais che richiede tantissima acqua, una risorsa sempre più scarsa e, oltre a questo, questa penalizza le piccole aziende e favorisce quelle di maggiori dimensioni.
La proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi. Per una transizione agro-ecologica della zootecnia”, coerente con l’implementazione delle Strategie “Farm to Fork” e Biodiversità 2030, secondo le quali i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta ed anche con gli impegni assunti dall’Italia alla Cop28 sul clima, vuole “tutelare la salute pubblica riducendo gli impatti degli allevamenti intensivi, a partire dalle zone a più alta densità zootecnica; tutelare le risorse naturali a vantaggio della sicurezza alimentare delle generazioni presenti e future; contribuire al rispetto dei target in materia di clima, biodiversità e inquinamento; tutelare i piccoli allevamenti virtuosi garantendo un adeguato sostegno economico e promuovere la necessaria riconversione dei grandi allevamenti intensivi, tutelando in ogni caso i diritti delle lavoratrici e lavoratori; tutelare il benessere animale”.
La proposta si rivolge ai soggetti istituzionali, economici e sociali, affinché tutte le parti siano impegnate per garantire la piena tutela dell’ambiente, della salute pubblica e dei lavoratori. Si tratta di una normativa che offre agli allevatori, soprattutto ai più piccoli, costretti a produrre sempre di più con margini di guadagno sempre più bassi, una via d’uscita che tuteli il futuro dell’uomo e del pianeta. Una transizione che richiede anche una riduzione dei consumi di carne e di prodotti di origine animale provenienti da allevamenti intensivi, considerando che il consumo medio di carne in Italia è superiore a quello consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità.
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