Imparzialità e umiltà ma anche curiosità, studio, ascolto: sono tutte caratteristiche, ma si potrebbero definire anche qualità, che non devono mancare a chi svolge la professione di critico in un mondo complesso come quello del vino, prodotto che è storia e cultura ma anche oggetto di cambiamenti veloci e non sempre prevedibili. Caratteristiche che, non a caso, fanno parte del “dna” dei tre migliori critici del mondo secondo Tastingbook, ovvero la “più grande piattaforma mediatica sul vino del mondo, creata da migliaia di professionisti e aziende vinicole”, che come ha riportato WineNews, ha premiato nel concorso “The Best Wine Critics in the World” 2024, l’inglese Jancis Robinson, Master of Wine, firma delle sue celeberrime “Purple pages” e firma di giornali di primo piano come il “Financial Times”, davanti al tedesco Markus Del Monego, primo al mondo ad essere Master of Wine e “Sommelier World Champion”, ed alla critica di origine coreano-americana, wine writer e wine educator (e anche lei Master of Wine, ndr) Jeannie Cho Lee, a conclusione di un percorso che ha visto l’arrivo di ben 1,4 milioni di voti da tutto il mondo, in una short list creata con segnalazioni spontanee da parte di wine merchant, importatori, produttori e sommelier internazionali. Ed i “Faboulus Three” si sono raccontati proprio a Tastingbook, tra passato, presente e futuro, di un mestiere che sta cambiando ma che si sente “al sicuro” dall’intelligenza artificiale perché le nuove tecnologie non possono replicare una valutazione approfondita che viene fatta su un vino e che è frutto di anni di studio, passione e conoscenza. Una professione anche ambita ma tutta da costruire perché, per avere successo, ci vuole un background solido. “La mia carriera - spiega la Master of Wine, classe 1950, Jancis Robinson- è stata caratterizzata soprattutto dal duro lavoro e da un’insaziabile curiosità. Mi piace davvero molto scrivere, ma tra una scrittura e l’altra mi piace tenere la bocca chiusa, tranne che durante le degustazioni, e ascoltare ciò che hanno da dire i produttori, i ricercatori, i viticoltori, i consumatori ed i commercianti di vino”. Il Master of Wine Markus Del Monego, si focalizza sull’importanza della “curiosità”, in una professione che ha bisogno di “un approccio imparziale e aperto ad ogni vino, l’analisi neutrale deve essere anteposta al gusto personale”. Ma sottolinea come sia anche “indispensabile comunicare le note di degustazione in modo che i lettori possano immaginare la qualità dei vini e la loro espressione sensoriale. Per avere successo è fondamentale una formazione permanente e una buona conoscenza degli stili e delle tendenze del vino”, senza dimenticare l’importanza del “reperire le informazioni e rimanere in contatto con le cantine, i viticoltori, i lettori ed i colleghi degustatori”. Jeannie Cho Lee, Master of Wine, è anche giornalista, consulente e professoressa universitaria, e, secondo la classifica, la terza miglior critica del mondo, “ingredienti” come umiltà ed ascolto sono alla base del successo: “sono sempre umile nei confronti dei grandi vini e spero che questo apprezzamento mi aiuti a essere una buona critica del vino, una persona che cerca di ascoltare ciò che il vino ha da dire anche quando è un sussurro”. Una professione, quella del critico di vino, che, come tutte, si interroga su quale sarà il proprio futuro in un mondo dove, l’intelligenza artificiale, viene vista non solo come una opportunità ma anche come una minaccia per l’estinzione di alcune professioni. La Robinson che è stata definita dalla prestigiosa rivista britannica Decanter “la critica e giornalista enologica più autorevole al mondo”, parte con un bilancio dei suoi anni di lavoro dicendo che “mi sento estremamente fortunata che la mia carriera abbia coinciso con un’età dell’oro in cui la qualità del vino è aumentata vertiginosamente, come l’entusiasmo per il vino, che, purtroppo, sembra attualmente stia sfumando. Penso che debba essere piuttosto impegnativo intraprendere la carriera di wine critics al giorno d’oggi”. Ma sull’intelligenza artificiale Robinson se la cava con una battuta, dall’alto dei suoi 50 anni di esperienza e di studio, “per favore, non ditemi che ci vorrebbero solo poche ore per costruire una macchina che possa fare quello che faccio”. E non sembrano avere dubbi anche gli altri critici saliti sul podio del “The Best Wine Critics in the World” 2024: per Markus Del Monego, “l’intelligenza artificiale può raccogliere e combinare informazioni provenienti da fonti diverse, ma non può assaggiare un vino e collegare l’esperienza e l’impressione personale a un vino. Assemblare note di degustazione potrebbe essere possibile, assaggiare un vino definitivamente no. Perciò i critici enologici rimarranno importanti e influenti nel mondo dei vini pregiati”, mentre Jeannie Cho Lee pensa “che ci sia spazio per i critici del vino perché il vino è ancora un affare da persona a persona, a partire dal vigneron fino al commerciante/sommelier e al consumatore finale”.
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