C’è chi lo considera il “grande malato”, il mercato che, nonostante potenzialità straordinarie, basti guardare al numero della popolazione, Cina in primis, non riesce a decollare e, anzi, mostra segnali di sicuro poco incoraggianti e con il freno a mano tirato. Il mercato asiatico del vino è fermo nella fase del “vorrei ma non posso” e anche se qualche “fiammata” in passato si è vista, la stabilità è qualcosa di ancora lontano. I numeri dell’Oemv, l’Osservatorio Spagnolo del Mercato del Vino, parlano chiaro, e mostrano una realtà in difficoltà. La Cina, popolata da oltre 1,4 miliardi di persone, ha ridotto le importazioni di vino del 26% in volume e del 15,2% in valore nel 2023, l’equivalente di 249 milioni di litri e di 8,2 miliardi di yuan (poco più di 1 miliardo di euro, ndr). Sono lontanissime le cifre record del 2017 con 751 milioni di litri e 18,85 miliardi di yuan, quando il Paese del Dragone era, fino ad allora, il mercato in più rapida crescita al mondo, ma, negli ultimi anni, la retromarcia è stata netta, le importazioni hanno lasciato per strada 502 milioni di litri di vino (-67%) e 10,63 miliardi yuan (-56%).
Nel 2023 il prezzo medio è aumentato del 14,7% a 33,01 yuan/litro (equivalenti a 4,30 euro) che rappresenta il massimo storico, frantumando, per la prima volta, la barriera dei 30 yuan. Nel 2023 il calo in valore ed in volume ha coinvolto tutte le tipologie di vino. L’imbottigliato ha guidato le importazioni con 152,2 milioni di litri (-30,2%) e 7 miliardi di yuan (-14,2%) coprendo il 61% in volume e l’86,3% del valore totale, cifre comunque lontane anni luce da quelle del 2017 (quasi 555 milioni di litri). Lo sfuso è quello che ha perso meno in volume (-17,8%), i suoi acquisti si traducono in 88 milioni di litri. Male anche gli spumanti fermi a 5,9 milioni litri (-28,4%), la performance peggiore dal 2011, anche se sono scesi del 4,9% in valore, pari a 559 milioni di yuan, battendo lo sfuso, in picchiata del 33,3% (508 milioni di yuan). Venendo ai Paesi fornitori della Cina, 58 in tutto nel 2023, tra i primi 10, circa il 96,5% del totale, solo il Sud Africa (+13,4%) e la Nuova Zelanda (+19,3%) sono cresciute in volume confermandosi anche in valore (+9,3% Sud Africa, +0,5% Nuova Zelanda) dove c’è da registrare l’andamento positivo degli Stati Uniti (+10,6%). La Francia è il primo fornitore con 3,9miliardi di yuan (-11,6%), davanti a Cile con 1,58 miliardi (-27,7%), Italia a 831 milioni (-9,2%), Spagna a 475 milioni (-30,9%), Usa, 360 milioni (+10,6%). Nel “ranking” in volume, le perdite sono pesanti nelle prime quattro posizioni: il Cile è in testa con 110,6 milioni di litri (-17,9%), davanti a Francia con 64 milioni (-29,4%), Spagna a 20,8 milioni (- 48,6%) ed Italia a 17,9 milioni (-31,5%). Spaventoso il crollo dell’Argentina, decimo fornitore, che perde il 60,4%, importando 2,5 milioni di litri. Dall’anno record del 2017 al 2023, l’Italia è passata da 37,5 milioni di litri a 17,9 (-52,4%), la Francia ha perso il 72,5%, il Cile il 15,4%, la Spagna l’84,5%, gli Stati Uniti il 58,6%. Belpaese in calo anche negli spumanti per un valore di 97,6 milioni di yuan (-12,6%) e 3,13 milioni di litri (-29,7%) mentre la Francia, in valore, con le “bollicine” è in crescita (423,7 milioni di yuan, +0,2%). Dalla Cina al Giappone che va analizzato con attenzione perché se è vero che ha aumentato del 2%, nel 2023, il valore delle importazioni di vino, arrivando a 250,325 milioni di yen (1,5 miliardi di euro, ndr), record storico, in volume, il dato è sceso del 12,4% a 232 milioni di litri, il più basso in 12 anni, ad un prezzo medio record (1.078 yen/litro) salito significativamente per il terzo anno consecutivo, in un periodo di forte deprezzamento dello yen sulle altre valute. Nel confronto con il 2022, in valore, ad eccezione degli spumanti (+8% ma con un aumento di prezzo superiore del 20%), tutte le altre categorie sono con il segno negativo e quindi imbottigliato (-1,3%), sfuso (-11,7%), bag in box (-14,6%). Giù anche i volumi, nessuno escluso: spumanti (-10,4%), imbottigliato (-11,5%, che con 147 milioni di litri rappresenta la parte più consistente delle importazioni), sfuso (-18,5%), bag in box (-14,6%). Il Giappone ha importato vini da 62 fornitori, per il “borsino” in valore, la Francia conferma la propria leadership incontrastata con 1,49 miliardi di yen (+5%), davanti all’Italia di poco superiore ai 30 milioni di yen e con una lieve crescita dell’1,8%. In calo, al terzo posto, il Cile (20.147 milioni di yen, -3,7%), Stati Uniti (18.783 milioni di yen, -7,3%) e Spagna (15.653 milioni di yen, -2,1%). Nella top 10, oltre a Francia e Italia, incrementi in valore, ma in questo caso con una quota di mercato marginale, si riscontrano per Germania (+7,2%), Nuova Zelanda (+3,6%) e Portogallo (+13,2%). Guardando ai dati in volume, “l’emorragia” è significativa, tra i principali dieci Paesi fornitori, i dati sono tutti negativi e solo il Portogallo evita la doppia cifra. I primi cinque sono Cile con 61,6 milioni di litri (-10,6%), Francia, 55,7 milioni di litri (-11,6%), Spagna, 41,1 milioni di litri (-10,4%) e Italia con 40,4 milioni di litri (-11,1%). Il Belpaese, per il prezzo medio di vendita, raggiunge i 744 yen al litro (+14,5%), ma lontano dalle cifre di Francia (2.683 yen) e Stati Uniti (2.022 yen).
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