Razionalizzare il prezioso, ma forse troppo complesso, sistema delle denominazioni italiane (oltre 520 tra Dop e Igp, con 20 che, però, fanno oltre il 70% del mercato), e allargare i propri confini e diversificare i mercati mondiali per un Paese esportatore come l’Italia, che vede in 5/6 Paesi concentrarsi oltre la metà del proprio giro d’affari. Temi annosi per il vino italiano, di cui si parla e si dibatte da tempo, e ribaditi oggi a Firenze da Lamberto Frescobaldi, imprenditore alla guida del Gruppo Frescobaldi, uno dei nomi più importanti del vino italiano, e presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), nella sua prolusione per l’apertura dell’Anno Accademico n. 75 dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, che rappresenta il più importante sodalizio italiano dedicato alla vitivinicoltura, con al suo attivo 600 accademici tra studiosi, imprenditori e divulgatori del settore. Che ha ribadito il suo impegno nell’aiutare il mondo del vino ad affrontare e a superare le sfide che si trova di fronte.
Oggi “il comparto è al centro di sfide complesse - ha sottolineato il presidente dell’Accademia, Rosario Di Lorenzo - che interessano il mondo della produzione e che hanno come temi quelli della sostenibilità, dei cambiamenti climatici e dei vitigni resistenti. Ma ci sono anche da affrontare problemi di comunicazione oltre a quelli che incidono sul mercato del vino. Ad iniziare dall’approccio con il modo di bere dei giovani e dal cambiamento del gusto che è in atto a livello globale con la preferenza per i vini dealcolati. Sono aspetti che ci pongono di fronte a problematiche importanti che il comparto vitivinicolo deve saper affrontare e superare”. “Lo sviluppo del vino italiano - ha detto Frescobaldi, che è anche Accademico della Vite e del Vino, nella sua prolusione “Situazione attuale e prospettive per il settore vitivinicolo nazionale” - deve reggersi su quattro fondamenta: razionalizzazione, investimenti, conoscenza dei mercati, promozione. In primo luogo, è necessario sfoltire il panorama delle denominazioni con politiche ragionate, attraverso accorpamenti o anche, laddove i numeri siano davvero scarsi, cancellazioni. Oggi su circa 400 tra Doc e Docg attive, solo 7 hanno imbottigliamenti sopra i 500.000 ettolitri e rappresentano oltre la metà del volume totale. Il sistema Dop-Igp nel complesso mostra tassi di volume imbottigliato insoddisfacenti rispetto al rivendicato di partenza. Una riorganizzazione darebbe al settore la possibilità di convogliare energie e risorse nella ricerca e nella promozione, perché i tempi per il settore vino stanno cambiando a una velocità insostenibile”.
Sul fronte del mercato, ha poi proseguito il presidente Unione Italiana Vini (Uiv), “l’estero è stata la chiave di sviluppo di questi due decenni, trainato dalla progressiva sostituzione della vendita di sfuso per conto terzi con l’export di confezionato in Italia. Un esempio tra tutti, la Francia, nostro diretto competitor, dove siamo passati da essere anonimi produttori di sfuso a produttori di vini di medio-alto profilo, con un balzo a valore del 120% a fronte di una riduzione fisiologica dei volumi del 70% negli ultimi 20 anni. Ora però sui mercati - ha concluso Frescobaldi - serve un’ulteriore spinta: è necessario arricchire una ancor troppo esigua concentrazione di piazze di sbocco, con cinque Paesi (Usa, Germania, UK, Canada e Francia) che assieme sommano il 62% dell’export italiano. Non solo dobbiamo saper leggere e intercettare i cambiamenti demografici che detteranno l’evoluzione dei consumi. Negli Usa, per esempio, è in atto un veloce cambiamento etnico in favore dei non-White che necessita uno sforzo di riposizionamento straordinario per il vino made in Italy”.
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