“Aumento incontrollato della produzione e del commercio di bevande adulterate che venivano chiamate vino, mancanza di una definizione comune di vino che consentisse un contrasto unificato delle frodi, colpevolizzazione del vino durante il decennio del proibizionismo e mancanza di un organismo internazionale di confronto e di studio delle varie problematiche tecnico-scientifiche della filiera vitivinicola”. Sono questi gli argomenti che cento anni fa spinsero Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia a far nascere l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino (Oiv). Lo ha ricordato ancora una volta, oggi, Luigi Moio, presidente dell’Oiv, all’incontro che l’Accademia Italiana della Vite e del Vino (Aivv) ha promosso in sinergia con l’Accademia dei Georgofili, nel suo palazzo storico e prestigioso, a Firenze. Il presidente Moio (qui la nostra intervista raccolta al “Wine Ministerial Meeting”, in Franciacorta, che ha aperto di fatto i festeggiamenti del centenario dell’Oiv, fondata nel 1924) ha sottolineato che l’Oiv, oggi, “è un’organizzazione intergovernativa a carattere tecnico-scientifico che comprende ben 50 Stati membri e rappresenta l’87% della produzione mondiale di vino e il 71% del consumo mondiale”. Nel 1924, alla base della nascita dell’Organizzazione c’era la voglia di “stimolare gli studi scientifici finalizzati a far conoscere ed apprezzare il valore positivo di un consumo moderato del vino” oltre a “esaminare le normative adottate nei vari Paesi, allo scopo di predisporre una definizione comune di vino, tutt’oggi valida, ed incoraggiare lo sviluppo e l’adozione di procedure analitiche rivolte a garantire la purezza, la genuinità e l’integrità del vino”. E infine “istituire un Ufficio Internazionale del Vino per concepire raccomandazioni su basi scientifiche agli Stati membri allo scopo di facilitare un’armonizzazione delle loro politiche vitivinicole per agevolare gli scambi internazionali” ha rimarcato Moio.
Nel porgere i saluti di benvenuto ai partecipanti, il presidente dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini, ha sottolineato come non ci sia luogo più adatto dell’Accademia dei Georgofili per celebrare i cento anni dell’Oiv: “i Georgofili esistono da oltre 270 anni e si sono sempre interessati alla viticoltura e alla trasformazione dell’uva in vino, fin dalla loro fondazione, come è testimoniato da vari documenti custoditi nel nostro archivio storico. Siamo dunque molto lieti di ospitare l’Oiv per celebrare insieme il compleanno di questa importante organizzazione, che tanto ha fatto per il progresso scientifico di viticoltura ed enologia”.
Nell’evento, alla presenza anche di Federico Castellucci, che è stato direttore Oiv dal 2004 al 2013, primo non francese, sono stati consegnati dal presidente Moio, il bicchiere, la bottiglia (ispirata a Pasteur) e la spilla celebrativa del centenario al presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino Rosario Di Lorenzo, al presidente dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini e al presidente di Masi Sandro Boscaini, in qualità di accademico Aivv e sostenitore Oiv per il programma di borse di studio per la formazione dei giovani professionisti del settore. “Un onore poter ricevere questo riconoscimento che premia lo sforzo e il lavoro anche dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino in questi sessanta anni di storia che ricorrono proprio nel 2024 - ha commentato il presidente Rosario Di Lorenzo - questa giornata rappresenta l’importanza, oggi più che mai, di fare sistema nel mondo del vino italiano e mondiale”. “Sono estremamente onorato di essere presente alla celebrazione per i 100 anni di Oiv in veste di accademico e in qualità di presidente della sesta azienda membro del suo “Consortium”, composto da importanti realtà vitivinicole che sostengono l’organizzazione in materia di Ricerca e Sviluppo. Masi è infatti l’unica a rappresentare l’Italia in questo prestigioso gruppo. Il riconoscimento ricevuto oggi è un tributo alla nostra azienda e all’impegno di oltre quattro decenni del nostro Gruppo Tecnico che, attraverso la presenza consolidata nei più importanti contesti scientifici internazionali e il suo storico Seminario a Vinitaly, porta un contributo costante alla conoscenza del mondo del vino, delle uve autoctone e delle espressioni enologiche del nostro Paese”, ha dichiarato Sandro Boscaini, presidente Masi.
Hanno preso la parola alcuni tra i più luminari esperti del settore. Tra questi, per “interposta persona”, anche Mario Fregoni, presidente onorario Oiv (e presidente effettivo dal 1985 al 1998), che nel suo intervento ha tenuto a precisare come “all’inizio del Novecento esistessero 10 milioni di ettari di vite, diffusi soprattutto in Europa. Spagna, Italia e Francia erano i tre grandi Paesi viticoli”. Ma in quegli anni, oltre ai problemi, anche sociali, causati della prima guerra mondiale, la viticoltura dovette fare i conti con “l’arrivo della fillossera dall’America settentrionale, che distrusse quasi 3 milioni di ettari dei vigneti europei. Sempre nella seconda metà dell’Ottocento giunsero in Europa dall’America altri due flagelli fungini, l’oidio e la peronospora”, ha ricordato Fregoni.
Enrico Battiston, capo Unità Viticoltura Oiv, ha messo in luce il lavoro fatto dall’Organizzazione per l’impatto del cambiamento climatico sulla vitivinicoltura internazionale e lo sviluppo sostenibile del sistema vitivinicolo. In particolare, ha detto Battiston, “più di vent’anni fa, l’Oiv avviò un percorso di riflessione che ha portato all’elaborazione di diverse risoluzioni, a partire dalla definizione di sostenibilità fino all’analisi degli aspetti ambientali, sociali, economici e culturali associati ai principi generali della sostenibilità”. Ha portato avanti “un percorso normativo e di armonizzazione realizzato anche grazie alla creazione di un gruppo di esperti dedicato, il gruppo Clima poi divenuto Enviro ed infine Sustain”. E questo gruppo ha in discussione “tre bozze di risoluzione riguardanti la definizione della viticoltura di montagna e in forte pendenza, la definizione dei principi dell’agroecologia e la più complessa definizione di resilienza per il settore vitivinicolo”. Sempre per quanto riguarda il ruolo dell’Oiv, Vittorino Novello vicepresidente della Commissione Viticoltura Oiv, ha detto che negli anni “con il progredire delle conoscenze e l’incremento delle problematiche vitivinicole, si è reso necessario affrontare i problemi in modalità maggiormente interdisciplinare e trasversale”. E “La Commissione viticoltura ha approvato 171 risoluzioni, di cui 57 sulle tecniche viticole, 42 su argomenti ambientali, 32 su prodotti non fermentati e 40 sulle varietà di vite”. L’Oiv, tuttavia, non si occupa oggi soltanto di pratiche, ma fornisce anche contributi fondamentali di Economia e Diritto grazie al lavoro della Commissione III. E questo lo ha fatto presente Antonio Seccia, segretario scientifico Oiv. “La Commissione Economia e Diritto è articolata in 5 gruppi di esperti. Si tratta di Diritto e informazioni ai consumatori, Analisi economica, mercati e consumo, bevande spiritose vitivinicole, Cultura, formazione e patrimonio e statistica”. E, dal “1928 al 2023 la Commissione ha adottato 263 risoluzioni, riferite in particolare a tematiche quali l’etichettatura dei vini e delle bevande a base di vino, la protezione del consumatore, il consumo responsabile, la tracciabilità dei prodotti, gli aspetti normativi della dealcolazione, la definizione delle bevande spiritose di origine vitivinicola, l’armonizzazione dei programmi di formazione nel settore vitivinicolo”. Il contributo dell’Italia alla crescita dell’Oiv è stato importante in quanto, ha evidenziato Damiano Li Vecchi, capo delegazione italiana Oiv, e nella direzione generale del Ministero dell’Agricoltura, “ha consentito di contribuire in modo incisivo allo sviluppo di lavori importanti, alcuni fondamentali, per il perseguimento degli stessi obiettivi dell’Oiv e che, nel futuro, contribuiranno al raggiungimento delle ulteriori sfide che la attendono”.
B>Un futuro che, ha ribadito il presidente Luigi Moio, deve fare i conti con consumi in calo, e con richieste di vini più leggeri, freschi e meno alcolici, mentre il cambiamento climatico spinge nella direzione opposta. “Dobbiamo lavorare, e fare ricerca, per avere vini sempre più identitari ed espressivi dei luoghi di produzione, questo sono la forza e il fascino del vino. E con un’enologia che io definisco leggera, meno interventista possibile. Ma il punto è che nel recente passato abbiamo pensato di poter fare vino dappertutto, e non è così. Servono le piante giuste nei posti giusti, solo così si potranno ridurre trattamenti, interventi, pesticidi e così via, non ci si può girare intorno. Si è perso di vista il punto fondamentale, ovvero che il vino è un atto agricolo”. E da qui si deve ripartire, per guardare al futuro.
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