“Terra Madre ormai si tiene da 20 anni, è un meticciato positivo che nel tempo ha portato ad idee concrete per quanto riguarda il settore agroalimentare. Oggi il tema è l’alimentazione sostenibile e io confido che la nuova generazione raccolga questo testimone: ha l’opportunità di essere protagonista di questo cambiamento”. Parola di Carlin Petrini, fondatore Slow Food, nella sua lectio magistralis che ha tenuto, oggi, nell’“Anteprima Terra Madre e Festa del Bio”, riunendo per la prima volta gli eventi iconici di Slow Food Italia e di FederBio al Maxxi di Roma fino al 26 maggio, aspettando “Terra Madre Salone del Gusto” 2024, il più importante “raduno” mondiale dedicato al cibo buono, pulito e giusto della Chiocciola, Città di Torino e Regione Piemonte che celebrerà 20 anni dall’edizione n. 1, a Torino (Parco Dora, 26-30 settembre).
Nel suo intervento, Carlo Petrini si è soffermato sul tema della sostenibilità, in tutte le sue sfaccettature: “la situazione è seria - ha detto - io non ne posso più di sentir parlare di sostenibilità. Ormai è tutto sostenibile, ma il concetto è più ampio del discorso della salvaguardia dell’ambiente. La parola “sostenibilità” deriva da “sustain” in inglese, che è il pedale del pianoforte che allunga la nota. I francesi traducono sostenibilità con “durable”. Sostenibilità vuole dire durare di più, e questo deve essere il risultato. Vuol dire andare contro a uno dei fondamenti di questa società: la convinzione che produrre e consumare in continuazione faccia il nostro bene. Ormai questo è un paradigma economico che non regge più”, ha detto. Per questo il fondatore Slow Food ha spronato i giovani: “non si può misurare la felicità di un Paese con il metro del Pil. O almeno non solo con quello. Mettiamo da parte la competitività, esaltiamo la cooperazione. Servono nuove forme della politica e sta ai giovani scriverle. Va intrapresa una lotta gioiosa, senza terrore”. Nel suo intervento, Petrini, ha messo in guardia il pubblico presente anche sul fenomeno del “greenwashing”: “ci prendono in giro. Le multinazionali hanno capito che rende economicamente. Ci propinano la Dieta Mediterranea nascosta dietro ai cibi iper processati. Ne vedremo ancora tante, dobbiamo saper distinguere”.
Sul clima, Carlo Petrini ha ribadito come la “colpa dell’attuale sconquasso ambientale è l’attuale sistema alimentare globale che produce il 37% della Co2. Trasporti e mobilità inquinano per il 17%. Noi consumatori siamo complici. Inoltre c’è troppo spreco di cibo: ne produciamo per 12 miliardi di persone, ma siamo in 8. Il 33% degli alimenti viene buttato via, un miliardo e mezzo di tonnellate ogni anno. L’attuale classe politica è impreparata, bisogna intervenire sullo spreco e sull’educazione alimentare. Questa è la vera politica”.
“In questo momento - ha concluso il fondatore Slow Food - i contadini sono schierati contro agli ambientalisti ed è un problema grosso. Una della cause è la grande distribuzione, ora anche online. L’e-commerce toglie il 20% di redditività annua ai contadini che vanno a beneficio dei detentori delle piattaforme digitali. E noi da che parte stiamo?”.
Sul palco anche l’intervento di Sara Segantin, ambasciatrice per l’European Climate Pact, che ha parlato di mobilitazione contro l’inazione nei confronti della crisi climatica in atto: “nel 2024 parlare di clima significa parlare di ogni singolo aspetto: società, economia, salute, diritti umani. Il World Economic Forum dice che il 50% del Pil mondiale dipende dalla biodiversità. L’Italia ne beneficia, ma è uno dei suoi principali oppositori. Come è possibile che gli agricoltori festeggino l’annientamento della Politica Agricola Comune? Dovrebbero essere alleati della giustizia climatica. Il cambio culturale è possibile - ha detto - avremmo bisogno di 10.000 miliardi di euro per una transizione ambientale giusta e equa. Ogni anno il mondo spende 14 trilioni per fare le guerre: basterebbe investire in 20 anni quello che investiamo in 9 mesi nei conflitti”.
Eugenio Cesaro, fondatore della band torinese Eugenio in Via di Gioia, ha tenuto invece una vera e propria esibizione artistica. Ha cantato “Lettera al prossimo” e poi ha raccontato un aneddoto legato alla canzone: “invece di fare un videoclip abbiamo realizzato una piattaforma online: con un countdown fissato a 36 anni. Noi della band, mettendo da parte un euro al giorno saremmo riusciti infatti a ottenere un bosco tutto nostro in 36 anni. Abbiamo aperto a donazioni anche ad altri: in 10 giorni abbiamo terminato il conto alla rovescia. Siamo andati a Paneveggio, vicino Trento, località colpita da una tempesta nel 2018 e abbiamo ripiantato insieme a Federforeste 2.000 alberi. Niente in confronto a quanto distrutto, ma è servito a non sentirsi impotenti di fronte alla crisi climatica. Il nostro ruolo può essere chiave per il cambiamento che abbiamo in mente”. Come quello di ognuno, nel suo piccolo.
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