Il clima non spacca a metà solo l’Italia, ma anche singoli territori o Regioni. È il caso delle Sicilia, dove la vendemmia sta prendendo il via in queste ore, ma con un quadro molto variegato, e comunque complesso. Perché se la magrissima consolazione è che caldo e clima secco hanno evitato la diffusione di malattie della vite come la peronospora, la siccità, di cui si parla da tempo, pesa come un macigno anche sulla produzione di vino. A rilanciare l’allarme, mentre sull’isola cadono i primi grappoli, è la Cia - Agricoltori Italiani Sicilia Occidentale, che parla di “un’annata in chiaroscuro, graziata dalla peronospora, ma fortemente condizionata dalla siccità e dalle difficoltà, in alcune zone, nella distribuzione di acqua per l’irrigazione dei vigneti”. E così, se in gran parte delle province di Palermo e Trapani si va verso una vendemmia di qualità, con uve sane, alcune aree sono invece in fortissima difficoltà e accusano perdite che vanno dal 50% al 70%. È il caso dei 5.000 ettari di terreni dell’areale mazarese servito dalla diga Trinità, dove in queste settimane è stata garantita solo l’irrigazione di soccorso.
“Dopo il 2023 funestato dal massiccio attacco della peronospora - dichiara Camillo Pugliesi, presidente Cia - Agricoltori Italiani Sicilia Occidentale - in generale, registriamo e stimiamo quantitativi in lieve riduzione e una buona qualità. Le conseguenze della siccità, in diverse zone, sono state superate, in parte, anche dalla presenza dei laghetti privati, con le limitate riserve idriche che con fatica si è riusciti ad accumulare. Ma dobbiamo anche registrare le gravi perdite che accuseranno i terreni che dipendono dalla diga Trinità. Un invaso che può essere utilizzato solo parzialmente per i noti problemi che ormai lo accompagnano da anni e che non sembrano di semplice soluzione. Dalle sue acque dipendono centinaia di aziende che ora devono essere sostenute. È fondamentale, quindi, aprire la discussione anche a nuove soluzioni, che possano diventare strutturali, come l’utilizzo per uso agricolo delle acque reflue dei centri abitati, o attivare con celerità le misure destinate alla realizzazione di pozzi e laghetti aziendali, a cui l’Assessorato sta lavorando attingendo ai fondi del Psr, in modo da non lasciare di nuovo a secco migliaia di ettari che producono un’eccellenza della Sicilia”. In queste settimane il Consorzio di bonifica sta cercando di tamponare l’emergenza con l’irrigazione di soccorso: “ma serve solo a mantenere in vita le piante - spiega Matteo Paladino, vicepresidente Cia - Agricoltori Italiani Sicilia Occidentale - non certo alla produzione. Qui tra Mazara e Castelvetrano c’è grande rabbia e frustrazione, perché abbiamo avuto la possibilità di mettere acqua da parte nella diga Trinità per due eventi piovosi tra aprile e maggio, ma è stata invece sversata per problemi di sicurezza. Il risultato è che oggi ci ritroviamo con una diga praticamente vuota, una siccità che dura da un anno e mezzo e i nostri vigneti secchi. Chiediamo alla politica che si interessi di questo territorio”.
“La produzione? Peggio di come sta andando - racconta Tommaso Giglio, produttore - veniamo dai gravissimi danni del 2023 causati dalla peronospora e dal deficit di irrigazione. In primavera hanno buttato acqua a mare per 45 giorni, noi ci siamo ostinati a coltivare questa terra, ma senza irrigazione la vite non sopravvive. Abbiamo perdite del 70% e non vediamo futuro per queste coltivazioni. Se lo Stato ci garantisce l’acqua noi continuiamo a coltivare queste terre, altrimenti ce lo dicano chiaramente e diamo i terreni al fotovoltaico e all’eolico. E qua diventa un deserto”. “La mancata gestione del bene acqua - aggiunge un altro produttore, Vito Magaddino - sta avendo ripercussioni notevoli su cantine sociali, aziende private, famiglie e tutto l’indotto. Di contro sono aumentati tutti i costi. Questa provincia, che era tra le più vitate al mondo, oggi ha una produzione che si va riducendo anno dopo anno. Per la sopravvivenza di questo territorio l’irrigazione è fondamentale”.
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