Patrimonio unico di biodiversità, testimoni di storia e “faro” per il futuro, le vecchie vigne, di cui le cantine sono “custodi”, negli ultimi anni sono state al centro di una riscoperta assoluta con gli stessi produttori italiani che ne studiano la resilienza e gli appassionati che ne rimangono affascinati (come WineNews ha raccontato, tante volte, a proposito dei cosiddetti “patriarchi della vite”). Un patrimonio culturale da tutelare, da studiare per sostenibilità e tracciabilità, ma anche da comunicare al consumatore di vino e da “sfruttare” nell’ottica di un enoturismo che ha sempre più “sete” di storia e di esperienze da condividere. Ma quando è che una vite o un vigneto possono definirsi vecchi? Una domanda la cui risposta non è più soggettiva, perché finalmente ha trovato una definizione ufficiale grazie all’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino. Una vite vecchia, spiega l’Oiv, “è una singola pianta la cui età ufficialmente documentata sia di almeno 35 anni o superiore, indipendentemente da altri fattori. Essa costituisce il risultato di un processo fisiologico-ambientale avvenuto nel tempo, naturalmente o indotto di proposito (fattori antropici), consentendole di sopravvivere in un dato luogo. Nel caso di piante innestate, la connessione tra nesto e portinnesto deve essere rimasta inalterata per almeno 35 anni. Per scopi diversi dalla produzione di prodotti vitivinicoli, può essere stabilito un limite di età più alto”. Se quindi una vite vecchia si può definire con un’età di 35 anni, un vigneto vecchio “è una particella di terreno vitata, continua e legalmente delimitata, nella quale almeno l’85% delle viti soddisfa la definizione di cui sopra (e quindi anche i 35 anni di età come minimo, ndr), e dalla quale si ottengono prodotti vitivinicoli (vino, uva da consumo fresco, uva passa, distillati e prodotti non fermentati della vite), idonei a ricevere una certificazione legale da parte di un’autorità competente. I suoi fattori genetici, economici, socioculturali e storici conferiscono caratteristiche riconoscibili alle sue uve e ai vini da esse prodotti”.
Numerose le raccomandazioni rivolte dall’Oiv agli Stati membri come quella di promuovere e favorire l’opera di catalogazione dei vigneti vecchi e delle vecchie viti; di mettere apertamente a disposizione i dati ufficiali del catasto vitivinicolo per elaborare mappe dei vigneti e accertarne l’età; di analizzare il livello di sensibilità delle viti vecchie alle malattie, in particolare quelle del legno della vite, ma anche di studiare i fattori trainanti dal punto di vista sociale, culturale, ambientale ed economico ed i vantaggi derivanti dalla conservazione delle vecchie viti e dei vigneti vecchi, prestando particolare attenzione a quelli appartenenti a un’indicazione geografica oltre a promuovere la ricerca sulla percezione da parte dei consumatori dell’uso delle diciture “vite vecchia” e “vigneti vecchi” e simili nell’etichettatura commerciale di uve, vini e altri prodotti vitivinicoli.
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