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L’ANALISI

I fine wines italiani sono i più amati in Usa. E i margini di crescita sono ancora enormi

Lo studio Nomisma Wine Monitor per Istituto Grandi Marchi. Classe, eleganza, aspetto culturale e “family business” i valori riconosciuti

Il 30% dei consumatori americani si definisce “real user” di fine wines, con una predominanza di consumatori Millennials, uomini, appartenenti all’upper class e con una spiccata curiosità verso vini stranieri. E dopo quelli “made in Usa”, sono i fine wines italiani i più consumati dagli americani nell’ultimo anno, grazie alla loro crescente reputazione. È cresciuta, infatti, la percezione dei fine wines italiani in termini di classe ed eleganza, attributi storicamente riservati ai vini francesi: nel 2024, il 27% dei consumatori americani associa questi valori ai vini italiani, in crescita sul 20% registrato nel 2017. Con gli States che si confermano il principale mercato di destinazione per i fine wines italiani, dove, nonostante il contesto economico sfidante caratterizzato da inflazione e alti tassi di interesse, nel 2024 si è registrato - per il periodo gennaio-novembre e a livello complessivo di vini - un aumento delle importazioni dall’Italia del 5% in valore per i vini fermi imbottigliati e del 10% per gli spumanti, in controtendenza alla media del mercato che vede in leggera diminuzione gli acquisti dall’estero. A dirlo una ricerca di Nomisma Wine Monitor su 2.400 consumatori statunitensi (distribuiti in California, New York, New Jersey e Florida) per Istituto Grandi Marchi, che riunisce 18 delle più prestigiose cantine italiane (Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Antinori, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Col d’Orcia, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca D’Almerita, Tenuta San Guido, Tenuta San Leonardo ed Umani Ronchi), che in 20 anni hanno visto raddoppiare i propri fatturati, a 660 milioni di euro nel complesso, di cui il 55% all’export, in Usa in testa. E guardando al futuro, un ulteriore dato particolarmente promettente riguarda i “non consumatori” di fine wines italiani: il 76% di loro si dichiara interessato a provarli, sottolineando le opportunità per ulteriori espansioni di mercato. “Le potenzialità di crescita sul mercato americano per i fine wines italiani sono concrete. Non solo perché si assiste da tempo ad una premiumization dei consumi di vino, ma anche perché il 44% dei consumatori statunitensi intervistati prevede di aumentarne l’acquisto nei prossimi tre anni, contro un 50% che ritiene di mantenerli invariati e solo un 6% che invece pensa di diminuirli”, ha evidenziato Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor.
Il consumatore di fine wines italiani, in particolare, si distingue per un forte legame con l’Italia che va oltre il vino, che si esprime attraverso origini italiane o esperienze dirette nel Paese, come visite recenti. Questo elemento, spiega la ricerca, gioca un ruolo fondamentale nella valorizzazione dei fine wines italiani sul mercato statunitense, dove la scelta di questi vini è influenzata principalmente da tre fattori: notorietà del brand, riconoscimenti ottenuti nelle guide di settore e l’unicità delle aziende a gestione familiare. Quest’ultimo elemento risulta particolarmente rilevante per i Millennials, con il 16% che lo considera un aspetto determinante, rispetto all’11% della media generale. L’importanza del family business e dell’eredità culturale, dunque, non solo rafforza la reputazione dei fine wines italiani, ma risulta anche un fattore cruciale per attrarre i consumatori più giovani, in particolare quelli sotto i 35 anni, che apprezzano la qualità e l’autenticità dei prodotti.
“Al di là dei dati specifici, di indubbio interesse per l’intero movimento del vino, ciò che più conta e ci lusinga - ha detto il presidente dell’Istituto, Piero Mastroberadino - è registrare la crescita del peso dei fattori immateriali legati alla percezione del nostro mondo, nella considerazione dei consumatori di mercati importanti per valori e per volumi, come ad esempio gli Stati Uniti d’America. I vini di pregio forniscono un contributo chiave all’immagine che gli stili di vita tipici della cultura italiana occupano nella mente del pubblico. Tale immagine si lega intimamente con i valori positivi trasmessi dalla storicità, continuità, coerenza qualitativa delle imprese familiari multigenerazionali che si ergono a custodi delle radici dei propri territori”. Secondo la ricerca, il 70% del fatturato estero delle aziende associate “provenie da mercati al di fuori dell’Unione Europea, con una crescita straordinaria nei mercati asiatici che hanno visto aumentare gli acquisti di vini oltre il 130% negli ultimi vent’anni”.

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