Il caffè è cosa sacra in Italia: è rito, cultura, storia, costume, e per la gioia di tutti gli amanti della bevanda, con un consumo pari o superiore a 4 tazzine al giorno sembra essere in grado di diminuire le probabilità di sviluppare tumori alla bocca, alla faringe, alla laringe ed ai seni paranasali. E se quest’ultima affermazione può essere letta già in uno studio di 13 anni fa, la novità è che, secondo un’analisi più recente sul tema, pubblicata a fine 2024, queste proprietà vengono condivise anche con la sua versione decaffeinata ed il tè. A dirlo, grazie ad un campione più esteso e a dati aggiornati, i ricercatori dell’Inhance Consortium.
Se la dose giornaliera di caffè con caffeina che, se assunta, risulta inversamente correlata ai tumori del cavo orale, è rimasta invariata, per quanto riguarda il decaffeinato, questa corrisponde ad un bicchiere al giorno o meno (in entrambi i casi non è stata trovata alcuna correlazione con il rischio di tumori faringei). Anche per il tè, la dose giornaliera che ha prodotto i migliori risultati è di un bicchiere al giorno o inferiore, ed è inversamente associata al cancro a testa e collo e cancro ipofaringeo. Un consumo superiore ad una tazza al giorno, però, aumenta il rischio di cancro alla laringe (probabilmente per via della teofillina, che può ridurre la pressione dello sfintere esofageo inferiore e può indurre reflusso acido e malattia da reflusso gastroesofageo).
“Con una maggiore dimensione del campione - si legge nello studio - abbiamo osservato una relazione inversa tra caffè decaffeinato e cancro del cavo orale. Gli studi precedenti si riferivano al solo caffè caffeinato, per via della scarsità di dati sul caffè decaffeinato. Potrebbe essere che composti bioattivi diversi dalla caffeina contribuiscano al potenziale antitumorale di caffè e tè. I polifenoli, composti bioattivi presenti in caffè caffeinato e decaffeinato, e nel tè, hanno dimostrato proprietà antiossidanti ed antitumorali che contribuiscono all’inibizione dell’angiogenesi, proliferazione e metastasi delle cellule cancerose”.
Effetti, quelli che gli studiosi attribuiscono ai polifenoli anche per il vino, come nel cosiddetto “processo al vino”, andato in scena a Milano, nel settembre 2024, e dal quale il prodotto fu sostanzialmente “assolto” proprio perché, tra le motivazioni della difesa, rappresentata da avvocati e medici, Stefano Carugo, direttore Uoc Cardiologia Policlinico Milano, spiegò come il resveratrolo (e quindi i polifenoli) contenuto nelle bucce dell’uva “eserciti un’attività antiossidante ed antinfiammatoria che fa parte in toto della Dieta Mediterranea” ed è “assai cardioprotettiva”, rimarcando il non abuso e l’invito alla moderazione. E ancora, tra i diversi studi, si può citare, quello delle Università di Madrid e Harvard, che, tra le cose, spiega come bere vino durante i pasti riduca o elimini il rischio di morte per cancro, malattie cardiovascolari e qualsiasi causa associata all’alcol in tutte le categorie di bevitori. I ricercatori ipotizzano che potrebbe dipendere “dall’effetto di stili di vita più sani, un assorbimento più lento dell’alcol o componenti analcolici delle bevande”, che includono i numerosi polifenoli presenti nel vino.
Dal caffè al tè, dal vino all’olio. Anche una recente indagine condotta dall’Istituto Nutrizionale Carapelli - Fondazione Ets, ha dimostrato che le diete arricchite con olio extravergine di oliva ad alto contenuto di polifenoli, come quella Mediterranea, determinano un profilo metabolico più sano, con un effetto positivo sul peso corporeo e un netto miglioramento del profilo glicemico e quindi una riduzione del rischio di diabete. Tuttavia, i meccanismi oggetto di studio sono poco noti al pubblico, tanto che il 24% degli italiani non sa cosa siano i polifenoli, percentuale che sale al 50% nei giovani under 25.
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