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Corriere della Sera

Il talento del vino di montagna. Lumera invita tutti alla meditazione … Il filosofo Pievani e il climate change: “Giocare d’anticipo”. Gli chef e l’elogio della cucina vegetale: “Piena di energia”. La memoria letteraria di Ilaria Tuti, Pannofino spumeggiante...Il 70% del territorio trentino “si trova sopra i mille metri ed è coperto da foreste con 500 milioni di alberi. La sola altitudine, tuttavia, non basta a definire un ambiente di montagna, servono altri parametri. Le ricerche della Fondazione Edmund Mach hanno rilevato la presenza di un centinaio di composti volatili negli spumanti Trentodoc e questo dato è significativo dell’enorme biodiversità del territorio”. Stefano Fambri, presidente dell’Istituto Trento Doc non nasconde l’orgoglio per le 97 medaglie, di cui 35 d’oro, conquistate “dalle bollicine di montagna” a Londra durante il recente Champagne & Sparkling Wine World Championships. “È stata premiata la qualità di un settore dove cooperative, piccole aziende e grandi produttori fanno sistema”, dice Fambri, aprendo la seconda giornata del Trentodoc Festival. Luciano Ferraro, direttore artistico del Festival e vicedirettore del Corriere della Sera, evidenzia come questa “eccellenza assoluta sia nel suo insieme un microcosmo: 69 viticoltori per un totale di 14 milioni di bottiglie prodotte”. Un patrimonio da preservare in questo tempo in cui i cambiamenti climatici costringono a nuove scelte. “I dati scientifici parlano chiaro: è in corso un cambiamento ed è necessario giocare di anticipo”, dice Telmo Pievani, professore di filosofia e scienze biologiche. “Se il termometro sale, con un’accelerazione che lascia perplessi gli scienziati stessi, bisogna prepararsi alla transizione”. “In montagna la temperatura gioca un suo ruolo e negli ultimi 50 anni, qui in Trentino, si è registrato un rialzo di un grado e mezzo, come se i vigneti si fossero abbassati di duecento metri e non è corretto pensare di poter coltivare a quote sempre maggiori”, dice Andrea Buccello, enologo della cantina Cesarini Sforza. Cambiamenti climatici e obiettivi economici non vanno di pari passo e se le condizioni odierne premiano il Trentino, il futuro deve essere il frutto di scelte “odierne e consapevoli”. Per il filosofo Massimo Donà “il vino è un po’ come Trump: imprevedibile”, ed è pure “un’opera d’arte, prodotta in base ad un progetto”. A colloquio con Divina Vitale, Donà evidenzia che “il vino è doppio come Dioniso, da una parte un essere malvagio, dall’altra un fanciullo dai riccioli biondi. Inquietante e rassicurante insieme”. Un elisir simbolo di “libertà e solitudine”, per la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti nella veste anche di produttrice con una storia aziendale di famiglia che riporta al 1697. Il vino è cultura e viaggio. A Venezia diventa una mappa toponomastica: calle del Sturion, Riva del vin, Calle della Malvasia. Nomi presenti ancora oggi ed è una storia inusuale e accattivante quella sulla Serenissima tracciata dallo scrittore Alberto Toso Fei che elogia la Malvasia ambasciatrice del buon vivere. Quella gioia che gli chef oggi ritrovano anche nella cucina vegetale. Verdure protagoniste nella Loggia del Romanino, nello scenario di Cook Tales. “Ricche di gusto e fascino” per Sauro Ricci (Joia, Milano, ndr). Il vegetale è magia come il seme che cresce nella terra e il frutto diventa simbolo di attesa, relazione con il sole e quindi è energia”. Un mondo quello vegetale “privo di violenza, pacifico, di cui si gode senza nuocere a nessuno”. Una cucina liquida quella di Maddalena Zanoni, dove le erbe botaniche e persino “le erbacce” diventano materia prima per le sue bevande fermentate e senza alcol. Biologo e naturalista, Daniel Lumera si dice “disposto ad essere mangiato”. Una lezione, la sua, sul potere della meditazione e sull’arte del lasciarsi andare, tema del suo ultimo libro (“Ti lascio andare”, Mondadori) con capitoli dedicati a ricapitolazione e ritualità, rispettivamente la capacità di rivivere con consapevolezza il proprio passato (liberandosi dei significati che creano sofferenza) e i riti quotidiani come forma di spiritualità e non semplice routine. Il tema della memoria entra con forza nelle opere di Ilaria Tuti, applaudita (anche) per il personaggio di Teresa Battaglia portata sul grande schermo da Elena Sofia Ricci. La seconda giornata del Trentodoc Festival si è chiusa con la comicità e con i racconti di Francesco Pannofino, il doppiatore che ha dato (tra i tanti) la voce a George Clooney e Tom Hanks nel film Forrest Gump. “Una responsabilità doppiare un personaggio che nella realtà aveva l’accento di un ragazzo dell’Alabama”, ricorda l’attore della serie Boris. “Di lui colpisce l’inconsapevolezza. Una favola moderna per raccontare anni di storia”.

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