Discriminate, sottopagate, sfruttate e spesso ricattate: è la condizione delle lavoratrici agricole in Italia raccontata nel nuovo Quaderno dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil “(Dis)uguali”e presentato, nei giorni scorsi a Roma. E secondo il quale, netto è prima di tutto il divario salariale: 5.400 euro lordi annui contro i 7.200 euro dei colleghi uomini, una differenza di 1.800 euro che non dipende da età, cittadinanza, titolo di studio o territorio di residenza, come ha evidenziato la ricercatrice Istat Annalisa Giordano. Le donne impiegate in agricoltura sono circa 300.000, ma il numero reale è più alto se si considerano i rapporti informali: ActionAid, che si occupa di diritti umani e lotta alla povertà, stima tra 51.000 e 57.000 lavoratrici straniere irregolari.
Ma soprattutto, oltre alla paga inferiore, molte sono confinate in ruoli marginali, costrette a conciliare lavoro e cura, esposte a ricatti sessuali e violenze, secondo quanto denuncia Flai Cgil: il Quaderno raccoglie storie drammatiche, come quella di una giovane bulgara di 28 anni sfruttata nei campi senza contratto né salario, minacciata e umiliata dal caporale che le chiedeva favori sessuali in cambio della paga. Le indagini rivelano un sistema che carica le donne di compiti invisibili e non retribuiti, le espone a gravissimi rischi sanitari e le confina in ghetti dove la loro presenza è ignorata dal dibattito pubblico. Mancano servizi essenziali come asili, trasporti e sostegno alla genitorialità, mentre il trauma delle violenze può trasmettersi alle generazioni successive. Il volume si apre con il ricordo di Paola Clemente, morta di fatica nel 2015 nelle campagne di Andria, e si chiude con la storia delle gelsominaie, simbolo di lotte e dignità.
“La percezione collettiva associa gli insediamenti informali a uomini, braccianti stagionali, lavoratori stranieri che lavorano nelle campagne circostanti, mentre sul piano della narrazione e nel dibattito pubblico la presenza delle donne in questi contesti è sottaciuta”, scrive Monia Giovannetti di Fondazione Anci. Secondo un’indagine di Cittalia per Anci e Ministero del Lavoro, a cui hanno risposto poco meno della metà dei comuni italiani, in 4 ghetti su 10 tra quelli mappati è stata rilevata la presenza femminile, parliamo di 1.868 donne su circa 11.000 persone, ovvero il 17% delle presenze complessive stimate. In alcuni di questi insediamenti l’incidenza femminile supera il 50%.
“Raccontare la condizione delle donne in agricoltura è un atto politico e sindacale - ha affermato il segretario generale Flai Giovanni Mininni - per combattere caporalato, sfruttamento e discriminazioni”.
“(Dis)uguali”, ha spiegato, infine, la presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Placido Rizzotto Maria Grazia Giammarinaro, accende molteplici riflettori e pone molteplici interrogativi. Soprattutto uno: “fino a quando la presenza delle donne impiegate nel settore agricolo sarà ignorata?”. Conoscerne le condizioni, chiosa, “è la premessa indispensabile per approfondire il rapporto con le lavoratrici e intervenire per compiere insieme a loro una indispensabile battaglia di giustizia sociale”.
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