Il Chianti si fa portavoce delle istanze e dei bisogni della filiera vitivinicola del Belpaese in Europa, portando sul tavolo del Parlamento Europeo due temi strategici per il futuro del settore: l’accesso al credito per le aziende agricole e il codice di nomenclatura. Come ha raccontato, a WineNews, il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, che ha guidato la delegazione a Bruxelles, insieme al direttore Marco Alessandro Bani, “l’accesso al credito è un tema fondamentale per tutto il mondo del vino. Le istanze che abbiamo portato a Bruxelles sono un’ulteriore tappa di un percorso iniziato a febbraio, con il forum ospitato dal Parlamento italiano con le organizzazioni professionali. L’obiettivo è quello di garantire, all’interno del Patto di Basilea, parametri diversi all’accesso al credito per l’agricoltura, che oggi è equiparata a qualsiasi altro settore, dall’industria al commercio. Se per aziende con un magazzino che gira in maniera relativamente veloce può andare bene, per le aziende in cui il magazzino gira appena una volta l’anno, non è un modello funzionale. Chi produce uva, ad esempio, lo fa una volta all’anno, così come chi produce grano, e non per incompetenza o incapacità, ma perché è il ciclo produttivo delle piante è quello”, sottolinea il presidente del Consorzio del Vino Chianti.
“È una stortura da correggere, cercando degli aggiustamenti, ed è ciò che ieri abbiamo chiesto alla Presidente della Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo, Irene Tinagli, all’eurodeputata Camilla Laureti ed al rappresentante di Abi (Associazione Bancaria Italiana), cui abbiamo sollecitato un alleggerimento delle esposizioni delle aziende agricole, cercando di capire la possibilità di un dilazionamento del debito in un periodo molto più lungo rispetto a quelle che sono le scadenze attuali”, continua Giovanni Busi. “Il nostro compito è quello di portare i temi e le richieste della filiera sul tavolo, adesso la palla passa ai parlamentari, che dovranno fare un passaggio con i colleghi di Francia, Spagna e altri Paesi, ma abbiamo chiesto anche alle altre associazioni di categorie europee di portare alla luce le problematiche dei diversi Paesi, visto che la Francia, ad esempio, ha iniziato ad estirpare 7.000 ettari vitati a Bordeaux, segno che qualche problema esiste. Se riuscissimo ad unire le forze e le istanze, sarebbe tutto più semplice”, dice il presidente del Consorzio del Vino Chianti.
“Con l’onorevole Paolo De Castro, invece, abbiamo affrontato un secondo argomento, più tecnico, ma che ci preme molto: il codice di nomenclatura, che identifica il Chianti sul mercato mondiale. Oggi, il Chianti finisce sotto la categoria del “vino rosso toscano”, ma vorremmo avere un nostro codice, così da capire esattamente il numero esatto di bottiglie che finisce in un singolo Paese. Abbiamo percentuali verosimili, forti del fatto che il grosso del Chianti viene imbottigliato da 15 grandi aziende, ma non sono comunque dati puntuali, che ci permettano di capire se le attività di marketing e comunicazione che facciamo come Consorzio, siano giuste o abbiano bisogno di essere ripensate. Siamo consapevoli - conclude Giovanni Busi - che gli investimenti fatti in Cina hanno portato dei risultati tangibili, ma adesso abbiamo bisogno di sapere con precisione di quanto cresciamo. Su questo tema siamo molto avanti, una risposta potrebbe arrivare già entro fine anno, anche se Bruxelles non è mai troppo felice di accogliere richieste di questo tipo, gli ultimi a riuscirci sono stati Prosecco e Doc Sicilia (nel 2017, ndr)”.
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