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ADDIO AI SACCHETTI DI PLASTICA: DAL 1 GENNAIO, STOP ALLE SHOPPER NON BIODEGRADABILI. E SE LEGAMBIENTE E’ “SODDISFATTA”, UNIONPLAST VA ALL’ATTACCO E PER FEDERDISTRIBUZIONE LA SITUAZIONE E’ “CONFUSA”. 20 MILIARDI, LE BUSTE USATE OGNI ANNO IN ITALIA

Addio alle buste di plastica per la spesa in due mosse: dal primo gennaio non potranno più essere prodotte o messe in commercio le shopper non biodegradabili, mentre una norma transitoria - su cui sta lavorando il Ministero dello Sviluppo Economico e che dovrebbe essere inserita nel “Milleproroghe” - darà la possibilità ai supermercati e ai negozi di smaltire le scorte. Il 2011, dunque, dovrebbe essere l’anno che mettere ko i sacchetti di plastica, la cui vita utile è di breve durata a fronte di una vita dannosa quasi eterna. Basti pensare che un sacchetto resta nell’ambiente da un minimo di 15 ad un massimo di mille anni, inquinando aria, mari, fiumi e boschi e con notevoli danni collaterali agli animali, se malauguratamente il loro destino si incrocia con un sacchetto di plastica, o all’agricoltura e alla pesca. In particolare, si è calcolato che ogni italiano, neonati compresi, consumi circa 300 sacchetti di plastica l’anno per un totale di 20 miliardi all’anno. E se Unionplast, l’associazione che aderisce a Confindustria e raggruppa le aziende produttrici del comparto, va all’attacco, lanciando anche l’allarme occupazionale per il comparto, che ha un fatturato medio di 800 milioni l’euro e 4.000 dipendenti, Legambiente è “soddisfatta” e ricorda che “le aziende sono state avvertire da tempo che il divieto sarebbe scattato dal 2011”. A parlare, invece, di situazione un “po’ confusa” è la Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa le imprese della Grande distribuzione organizzata.
L’iter per mettere al bando il sacchetto di plastica è stato lungo. Comincia nel 2007 con la legge Finanziaria. Si prevede un programma sperimentale condiviso tra il Ministero dello Sviluppo e quello dell’Ambiente e per l’avvio del quale venne stanziato 1 milione di euro sul Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale. La data fissata per la loro eliminazione viene fissata dal 1 gennaio 2010. Ma poi prorogata di un anno. Da sempre sono critici i produttori delle buste di plastiche. La tesi degli industriali è che il divieto non sia nemmeno previsto da una direttiva europea. E poi: “il sacchetto di plastica non è un problema per l’ambiente - afferma il direttore di Unionplast Enrico Chialchia - perché può essere riutilizzabile. Il divieto, invece, obbliga il consumatore ad acquistare i sacchi neri per la raccolta dei rifiuti per la quale spesso si usa lo stesso sacchetto per l’asporto di merci. C’e’ poi anche da considerare che il sacchetto di plastica, una volta giunto in discarica, spesso viene separato dal contenuto e recuperato o in energia o riciclato. Le bioshopper - aggiunge - hanno poi performance inferiori perché si rompono più facilmente e costano tre volte di più”. L’associazione ricorda anche che un imballaggio può essere messo al bando - secondo una direttiva europea - se non soddisfa nessuno dei 4 requisiti essenziali e cioè: se non è riutilizzabile, non recuperabile per via energetica, non è riciclabile, e non è biodegradabile. Il sacchetto di plastica i primi tre requisiti li soddisfa. Quindi, rileva, l’Italia corre anche il rischio di andare incontro ad una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles.
A ribattere è Legambiente: “è fondamentale - sostiene il responsabile scientifico, Stefano Ciafani - che i Ministri Romani e Prestigiacomo abbiano detto che la scadenza non sarà prorogata. La norma transitoria servirà a smaltire le scorte”.
Federdistribuzione si dichiara disponibile a partecipare a tavoli ministeriali “per individuare i principi attuativi che possano rendere concretamente praticabile la norma. Parlare di gradualità - sostiene - è fondamentale perché oltre a dover consentire l’esaurimento delle scorte, occorre sapere che le quantità attualmente prodotte di sacchetti ecologici non sono sufficienti per gestire il passaggio in data unica: occorre dare il tempo ai produttori di adeguare le produzioni ai nuovi standard”. Federdistribuzione mette anche in guardia dal rischio di manovre speculative sul mercato che, “sulla base della legge della domanda e dell’offerta, potrebbero portare ad un ulteriore aumento del costo dei sacchetti biodegradabili (il cui prezzo oggi è 4 o 5 volte superiore gli altri) e ad una distorsione della concorrenza perché alcuni avranno le forniture ed altri no”. Allo stato attuale, informa Federdistribuzione, qualche azienda si è già mossa inserendo nei propri punti vendita sacchetti ecocompatibili, le altre si stanno preparando. “Anche se la mancanza di un quadro certo - osserva - ha rallentato questa attività”.
Fonte: Ansa - Autore: Lucio Manca

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