Addio al tramezzino e al primo piatto espresso da prendere nel locale di fiducia, la pausa pranzo adesso si fa a casa o direttamente tra le mura dell’ufficio. Sono tempi sempre più duri per i gestori di bar, ristoranti e pizzerie. Oltre alla nuove misure restrittive che di riflesso pesano negativamente sul giro d’affari, queste attività devono fare i conti anche sui nuovi comportamenti degli italiani che in tempo di Covid-19 hanno cambiato le proprie consolidate abitudini. Torna così la “gavetta” al lavoro per il 53% dei cittadini del Belpaese che hanno stravolto il classico rito della pausa pranzo al bar o al ristorante. Motivazioni che derivano dalla chiusure dei locali, dai timori del contagio, dalla necessità di evitare assembramenti ma anche da ragioni economiche perché di questi tempi si cerca di risparmiare dove è possibile.
Coldiretti ha effettuato un sondaggio sul cambiamento dei comportamenti negli uffici con la risalita dei contagi. Il risultato? Oltre la metà dei dipendenti si porta il pranzo per consumarlo sul posto di lavoro ed a distanza di sicurezza dai colleghi; il 27% preferisce mangiare a casa; solo il 2% si fa consegnare il cibo direttamente in ufficio e un ulteriore 5% va a prenderlo d’asporto. Appena il 4% delle persone approfitta della mensa aziendale e solo il 9% si reca nei bar e nei ristoranti nelle regioni in cui possono ancora stare aperti.
Una tendenza che fotografa il momento di difficoltà vissuto dalla ristorazione con le limitazioni che secondo la stima di Coldiretti (su dati Ismea) “hanno provocato un crack da 41 miliardi per l’intero 2020 a causa del drastico ridimensionamento dei consumi fuori casa provocati dall’emergenza coronavirus”. A rendere lo scenario ancora più critico per il settore c’è il forte ridimensionamento della clientela durante la giornata per l’estensione dello smart working e il crollo del turismo. Si parla di un calo del 48% per i consumi extradomestici con colazioni, pranzi e cene fuori casa che per molti stanno diventando un ricordo.
Un trend che si ripercuote a valanga sull’intera filiera agroalimentare per i mancati acquisti di cibi e bevande che sono dei simboli del Made in Italy agroalimentare: dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dai formaggi ai salumi, dalla frutta alla verdura, il coinvolgimento delle filiere è pressoché totale. I numeri certificano una rivoluzione avvenuta in pochi mesi, basti pensare che “la spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell’emergenza coronavirus - conclude Coldiretti - era pari al 35% del totale dei consumi alimentari per un totale di 85 miliardi di euro. Nell’attività di ristorazione sono coinvolte 330.000 tra bar, mense e ristoranti lungo la Penisola ma anche 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,8 milioni di posti di lavoro”.
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