02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Affari & Finanza / La Repubblica

Quanto è cara la mia terra asset di punta trainato dalle etichette d’autore ... Dai Marchesi Antinori
ai Frescobaldi dai Tenimenti Mps fino ai brand più giovani come Tenuta Degli Dei di Tommaso Cavalli a Tenuta Sette Ponti dell’imprenditore fashion Antonio Moretti i vini toscani tengono alto il made in Italy ... “Ma non se ne parla nemmeno, Piero. È una pazzia!“ Cosi Vincenzo Maranghi, fiorentinissimo amministratore delegato di Mediobanca, allievo e braccio destro di Enrico Cuccia, il più potente e influente banchiere d’Italia, apostrofava Piero Antinori, a capo dell’azienda di famiglia, quando, nel 1992, aveva chiesto un grosso finanziamento per ricomprarsi la quota dell’azienda ceduta alla multinazionale anglosassone Withbread nel 1984. Erano, quelli, anni dominati dal mito della globalizzazione, dalla convinzione che solo diventando sempre più grandi e potenti si potesse resistere a ogni concorrenza. Lo tsunami finanziario prima,la crisi dei paesi occidentali adesso, hanno infranto ogni mito. Nel suo libro presentato alla stampa la settimana scorsa a Firenze, Il Profumo del Chianti, storia di una famiglia di vinattieri. Piero Antinori racconta attraverso le vicende della sua famiglia uno spaccato della storia mondiale e di come una piccola realtà imprenditoriale italiana abbia saputo anticipare i tempi, capovolgendo ogni luogo comune. Forte del patrimonio di famiglia, ormai prossima alla trentesima generazione, Piero Antinori riuscì allora riscattare le azioni prima che Withbread comprasse tutto per poi guadagnare una grande plusvalenza rivendendo, a caro prezzo, le quote a un altro colosso, Allied Lyons, poi Allied Domecq. Una scalata in piena regola, che Antinori riesce a bloccare anteponendo alla logica spregiudicata della finanza, quella diplomatica delle nobili stirpi, legate alla terra e ai ritmi della natura: il palazzo Antinori, nel cuore di Firenze, e le vigne del Chianti. Un patrimonio incalcolabile, con il valore aggiunto della cultura e il territorio, che non sono replicabili in nessuna parte del mondo. I numeri convinsero Maranghi,i prodotti e le strategie il mercato. Il gruppo Antinori, oggi nelle mani delle tre figlie di Piero - Albiera, Allegra e Messia, ha raggiunto l’Olimpo dell’enologia mondiale e scalato il vertice della produzione nazionale, attestandosi al quarto posto per dimensioni in Italia, primo marchio indipendente dopo i grandi gruppi cooperativi come Cantine Riunite-Civ, Caviro, Mezzacorona, con un fatturato di 104,1 milioni di euro, secondo l’indagine sul settore vinicolo 2011 di Medio- banca, presentato a marzo scorso al Vinitaly. I dati si riferiscono a tutto il gruppo che, oggi sotto la guida delle tre figlie di Piero - Albiera, Allegra e Messia- ha diversificato tra la Puglia e la Napa Valley, e continua a crescere, con un incremento del 12,20%delfatturatodal2009 al2010, dicui9,5% per l’Italia e 15,5% per l’estero.
Ma il cuore resta la Toscana, con il Tignanello, blend di Sangiovese e Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, che fa da caposcuola e l’annata 2004, sotto le cure dell’enologo Renzo Cotarella, eletta Wine of the Year da Winespectator ha portato la regione al Top mondiale. La rivista americana, pur tra critiche e conte- stazioni dei puristi, resta la Bibbia del settore, e ogni punteggio in più si traduce in aumento nelle quotazioni del vino.
Quest’anno è toccato sempre a un toscano, il Brunello 2006 di Campogiovanni, al quarto posto nella “Top 100” di Wine Spectator, il primo delle sedici etichette italiane in classifica. La tenuta, sul versante sud-ovest del colle di Montalcino, esposta ai ai venti dolci del mare che conferiscono sapidità e morbidezza al vino, è oggi di proprietà della Tenuta Agricola San Felice, una delle tenute della Ras, oggi in capo al gruppo francese Allianz. Promozione, marketing? Dietro al successo di personaggi e prodotti c’è sempre un grande lavoro di valorizzazione. Ma questo non regge alungo se manca il resto, la qualità e l’innovazione. E in questo il Brunello fa scuola: è il primo marchio divino registrato come brand di territorio, una strategia che ha fatto da apripista. “Il territorio, il legame con il luogo di produzione è l’unica arma per competere“, ama ripetere Lamberto Frescobaldi, vicepresidente e direttore produzione della Marchesi Frescobaldi, con gli Antinori uno dei più antichi marchi del vino, tra i più grandi in Italia, con il Brunello Castelgiocondo tra i vini più premiati e l’Ornellaia, un Bolgheri che fa aste da record. I numeri parlano chiaro, Montalcino, nel 1984 aveva poco più 200 ettari di vigneto, un ristorante, e le case diroccate. Oggi, grazie al Brunello, ha distese vitate e gli stranieri fanno la fila tra ristoranti e alberghi.
Il marketing territoriale ha fatto vincere all’Italia la competizione con i vini di tutto il mondo. L’export del vino italiano vola, quello del toscano è avanti a tutti. Nc12011 fatturati sono in aumento nel 52% dei casi, la fiducia è superiore alla media nazionale per il positivo andamento dell’export anche per 112012, e buoni sono i riscontri in termini di vendite sui mercati estèri più dinamici - Russia, Cina e Canada. E’ quanto emerge dalla ricerca Il settore vitivinicolo in Toscana e in Provincia di Siena, presentato due settimane fa al Forum Montepaschi sul Vino Italiano, organizzato da Banca Monte dei Paschi in collaborazione con Enoteca Italiana. L’istituto di Rocca Salimbeni, Siena - che ha realizzato anche Mps wine index, il primo ‘indice di competitività” del vino italiano -ha un duplice sguardo sul settore, quello degli investitori e quello dei produttore, con due tenute di prestigio in portafoglio: Chigi Saracini, di Castelnuovo Berardesca e Poggio Bonelli, etichette blasonate del Chianti. Il gruppo, per ricordare la sua data di Fondazione, ha lanciato lo scorso anno una nuova linea, Chiantìl472,Chianti Classico 1472 e Igt Toscana 1472, etichette con il brand dell’istituto. Un matrimonio tra finanza e terra all’insegna del lifestyle.
Attorno al vino italiano si intrecciano tante, diverse suggestioni che ne arricchiscono l’immagine internazionale. Ora si aggiunge il fashion, altro asset radicato in Toscana.
La severità del nero, accesa solo dal calore dell’oro, una raffinata bordura laterale frutto di studi grafici inediti dello stesso Roberto Cavalli: anticipai tempi la nuova etichetta di Tenuta degli Dei, il vino bandiera della maison Roberto e Tommaso Cavalli, che come le collezioni cambia di anno in anno. Padre e figlio hanno suggellato a Ponzano, nel Chianti, il matrimonio tra fashion & wine. La fantasia di Roberto corre sull’habillè, Tommaso con lo stesso piglio sartoriale cura il bouquet: l’annata 2008 libera i toni austeri e le note più balsamiche e minerali: “Voglio lasciar correre la terra“, racconta Tommaso Cavalli. “Tenuta degli Dei è principalmente estero- spiega - 185% della produzione infatti è venduto fuori Italia, Usa, Cina e Svizzera in testa“. Il Cavalli Tenuta degli Degli Dei,vino dell’eccellenza per l’Espresso, Tre bicchieri del Gambero Rosso, ha conquistato 92 punti di Wine Spectator e punteggi altrettanto elevati di Wine Advocate.
Il connubio vino-passerella dà lustro alle griffe. La tenuta Il Burro, curata da Ferruccio Ferragamo è un altro esempio. Griffe relativamente giovani, ma forti di un brand, sono quelle che faranno risalire l’indice Livex fine wine insofferenza, sostiene Stephen Williams, Ceo di The Antique Wine Company. Una conferma: si impenna del 33% l’export di Tenuta Sette Ponti (Toscana) di Antonio Moretti- cui fanno capo i brand Arfango, e CarShoe - e delle altre tenute tra Maremma e Sicilia.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024