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Affari & Finanza / La Repubblica

Boom di bollicine a cinque stelle ecco i distretti del lusso in bottiglia ... Lo Champagne ha ripreso
a correre ma anche le nostre etichette che competono nel mondo con prodotti e caratteristiche diverse specchio della ricchezza del territorio ma che rischiano di confondere i consumatori ... Francia-Italia, guerra fino all’ultima bollicina. Continua la rincorsa tra champagne francese e tutti i vini spumanti italiani. I grandi Krug, Dom Perignon, Taittenger e Veuve Cliquot e altre griffe storiche dei cm attorno a Reims hanno messo a segno un incremento delle vendite a valore del 7% dopo alcuni anni di frenata dovuti alla grande crisi. Restano ancora deboli Francia e Inghilterra, due mercati importanti per le bollicine francesi, che comunque sembrano aver ritrovato sprint.
Crescono anche le bollicine italiane che però, a differenza dello champagne, provengono da diversi territori. Sono almeno sei i distretti delle bollicine. Ciascuno con la sua impronta, la sua identità. Il brand di territorio dà forza e visibilità a tutti i produttori, anche i più piccoli, consentendo ai consumatori di identificare sotto lo stesso nome la denominazione, la provenienza, il disciplinare di produzione. Una strategia che negli ultimi anni è risultata vincente, facendo emergere le chicche del lusso in bottiglia dal grande calderone dello “spumante”, che può indicare prodotti di basso costo e pessima qualità come etichette top. “Spumanti, una parola che va eliminata”, protesta da tempo Maurizio Zanella, presidente del Consorzio di tutela del Franciacorta, nonché produttore di Ca’ del Bosco, tra le griffe di Fondazione Altagamma accanto a Versa- ce, Bulgari e Ferretti Yacht. Uno dei marchi storici di questo territorio in provincia di Brescia, dove nomi come Berlucchi, Bellavista, (altro socio Fondazione Altagamma) Barone Pizzini hanno portato il Francia- corta nell’Olimpo dell’enologia mondiale. Quest’anno il Francia- corta ha toccato il record: secondo i dati Cermes-Bocconi, l’incremento di vendite su12010 è stato del 16,7%, addirittura quasi il doppio, +30%, se si guarda solo l’export.
“All’estero siamo cresciuti di oltre il 20%, in Italia meno del 5% ma qui grazie ai consumi domestici, mentre soffre ancora la ristorazione”, Matteo Lunelli è il nuovo presidente delle Cantine Ferrari, in provincia di Trento, il marchio di punta delle bollicine italiane. Trentasette anni, una laurea alla Bocconi, cinque anni di esperienza in Goldman Sachs tra New York, Londra e Zurigo, dal 2003 Matteo Lunelli è tornato al business di famiglia che oggi è giunto alla terza generazione, coni cugini Marcello, enologo,vicepresidente, Camilla, capo della comunicazione e Alessandro capo dell’area tecnica e pianificazione. Il definitivo passaggio del testimone è di pochi mesi fa, con l’uscitadi scena dello zio Gino, ora presidente onorario. “All’estero si respira un clima più positivo e negli ultimi anni l ’apprezzamento delle bollicine italiane è in forte ascesa”, racconta Lunelli, che gira il mondo tra i Vinitaly Tour Usa, dove è esplosa la “bolla del made in Italy” e il Giappone. “Negli Usa ora si sta facendo largo il Trento Doc, che riguarda la fascia più alta del mercato rispetto al Prosecco che è in pieno boom da tempo”. Il marchio Ferrari ha portato le bollicine italiane in tutto il mondo, primo a osare la grande sfida con i blasonati champagne francesi. Oggi la nuova scommessa è promuovere a brand globale la Trento Doc Metodo classico, un marchio di territorio che oggi sancisce la forza del distretto delle bollicine nato attorno a questa griffe, un altro dei fiori all’occhiello di Fondazione Altagamma.
Ora le bollicine italiane sono al contrattacco. Il made in Italy vince la competizione globale con i territori unici e irripetibili, che legano i vini alla natura e cultura di ogni triangolo di terra, l’arma con la quale Brunello, Barolo, Amarone e tutti gli altri sono riusciti a respingere i produttori australiani e neozelandesi che avevano invaso il mercato con prezzi bassi e vitigni internazionali senza una identità di provenienza. Ma tra denominazioni ed etichette il consumatore si trova davanti a una giungla. E questo sta inducendo a una riflessione, alla ricerca di una strategia che consenta di valorizzare i singoli territori senza indebolire il made in Italy globale. Il Prosecco è la famiglia di bollicine che corre più di tutte: un tempo nome di vitigno, oggi denominazione del distretto a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, è diventato un lifestyle symbol e ha aumentato del 17% la sua penetrazione negli Usa. Ma tiene su anche il Pil: solo il Valdobbiadene, il cuore nobile, fattura 420 milioni di euro, secondo un report del Centro Studi di distretto. E, soprattutto grazie all’Asia, mercato al galoppo, promette di arrivare a produrre un miliardo di bottiglie entro 25 anni. Con una promessa: 30.000 nuovi posti di lavoro.

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