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Affari & Finanza / La Repubblica

Alimentare, il business in crescita “Ma è ancora guerra di campanile” ... L’edizione 2013 di Tuttofood avrà un menù ancora più ricco e l’intero comparto è in forte espansione ma ci sono molti eventi frammentati e alti tassi di conflittualità. “Ognuno viaggia per conto proprio” ... La rivoluzione delle fiere inizia a tavola. Con l’accordo raggiunto nelle scorse settimane tra Fiera Milano e Aidepi, l’associazione che riunisce le imprese di pasta e dolci del Made in Italy, l’edizione 2013 di Tuttofood avrà un menù ancora più ricco, a base di tutti gli ingredienti del nostro agroalimentare, primi e dessert inclusi. E questo è solo il primo passo, perché la Fiera milanese intende fare sistema ed esportare all’estero, attraverso la sua rete di partecipazioni e joint-venture, le esibizioni del meglio del tessuto produttivo della Penisola, come Macef (casa e abitare) e Food Hospitality World (ospitalità e cibo). “Le manifestazioni rivelano davvero utili quando riescono a sviluppare business. Solo in questo in modo si trasformano involano per l’export delle Pmi. Ed è un traguardo raggiungibile se le associazioni di categoria e gli enti fieristici sapranno superare le logiche dei mille campanili”, dice Francesca Golfetto, direttore dell’Osservatorio Fiere del Cermes Bocconi. Perché fino a oggi, altro che sinergie. “La frammentazione del nostro tessuto produttivo continua a riflettersi anche nelle manifestazioni”. Infatti “assistiamo ad alti tassi di conflittualità, dove ognuno viaggia per conto proprio. E ora, purtroppo, le guerre di quartiere si stanno trasferendo anche all’estero, dove ci si presenta in ordine sparso, divisi per provincia, città o per segmenti di settore. E diventa difficile capire che cosa è sia, davvero, il made in Italy”.
Il Coordinamento per il sistema fieristico italiano e l’Aefi, associazione delle fiere, ha contato,per il 2011, 209 manifestazioni (14 sono nuove di zecca), distribuite tra 14 regioni e rappresentative di 28 settori merceologici. Negli ultimi due anni, sono nate 32 nuove manifestazioni, mentre 45 sono state soppresse o trasferite. In termini di bilancio e metri quadri venduti la situazione si traduce in un -10% di ricavi aggregati dal 2008. Una crisi che morde e rischia di penalizzare soprattutto le Pmi. Il tasso di penetrazioni di operatori esteri è comunque alto, circa il 32% degli espositori arriva da altri paesi, e il 22% degli operatori professionali sono stranieri. Ma fare sistema risulta ancora complicato. Per Franco Bianchi, segretario generale del Comitato fiere di Confindustria, occorre “fare chiarezza”. E uno spunto lo può offrire il sistema fieristico tedesco: “In Germania hanno svolto una ricerca per capire chi sono e quanti sono gli eventi fieristici competitor nel mondo. Ebbene per i tedeschi l’Italia avrebbe una sessantina di esibizioni davvero internazionali e competitive”. Da qui bisogna partire per iniziare una razionalizzazione delle manifestazioni, troppo spesso messe a rischio da doppioni e da guerre tra “cugini”. “La normativa prevede che siano le Regioni ad attribuire la certificazione di internazionalità di una fiera. E ogni territorio gioca la propria partita. A confondere ulteriormente le carte sono le associazioni di categoria che faticano a fare squadra”. Il caso di Milano,tuttavia,non è isolato. Le Fiere più forti stanno cercando di rappresentare fette di made in Italy, costruendo marchi-vetrina sempre più forti in grado di attrarre operatori dell’estero e anche di esportare fuori confine alcune esibizioni. BolognaFiere ad esempio punta su progetti di internazionalizzazione per promuovere settori più vitali del territorio, come il Cersale, ceramiche e arredo bagno, e Sana, la fiera del biologico. E ci sono anche il Klimahouse di Fiera Bolzano, ormai diventato esibizione del risparmio energetico itinerante; il salone del libro e dell’Editoria di Torino, diventato strumento anche per il b2b, piattaforma per agenti letterari; Vicenza Oro per il mondo dei gioielli.

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