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Affari & Finanza / La Repubblica

Chianti classico, il consorzio crea la fascia superlusso per rivitalizzare il brand ... Lʼobiettivo è di restituire individualità a un marchio tanto famoso nel mondo quanto diventato ultimamente troppo generico e di creare le condizioni per sostenere 1 prezzi delle produzioni della punta più alta ... Per la prima volta in Italia “una denominazione crea una nuova tipologia di fascia alta. Una scommessa importante con la quale un vino va a posizionarsi in uno spazio ben definito del mercato”, Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Vino Chianti Classico, ha dato il via al road show di presentazione della Gran Selezione che da Firenze è partita per fare il giro del mondo, toccando i principali mercati di sbocco. Con le modifiche al disciplinare di produzione approvate dallʼAssemblea dei Soci del Consorzio Vino Chianti Classico, nel gennaio 2013, è nata questa nuova linea, extralusso, fiore allʼocchiello della storica Docg toscana, oggi in pieno rinnovamento. Al Chianti Classico Annata, il lusso accessibile, e al Chianti Classico Riserva, lusso lifestyle, si aggiunge cosi ora un picco superiore, la Gran Selezione appunto, un vertice di 54 etichette esclusive. “Eʼ la prima denominazione al mondo ad aver introdotto una nuova tipologia di eccellenza nella piramide qualitativa”, spiega Zingarelli. La denominazione Chianti Classico raccoglie solo i vini prodotti nellʼarea originaria del Chianti, in nove comuni tra le province di Firenze e Siena. Nel cuore di questo terroir, spicca ora la Gran Selezione, prodotta da uve di esclusiva pertinenza aziendale, coltivate nei vigneti più vocati e con regole ultrasevere. Etichette che prima di approdare sul mercato devono invecchiare almeno 30 mesi. Un nuovo punto di riferimento nel panorama enologico internazionale. Siamo nel cuore del distretto vitivinicolo più famoso dʼItalia, quello che ha fatto storia sulle tavole del mondo. Ma che era finito ultimamente nel cono dʼombra di vini da supermercato, spesso venduto a prezzo basso, surclassato da nuove etichette, più agguerrite, più innovative che hanno portato sulle tavole del mondo altri vitigni, altri territori. Un bene per la nostra economia, così ricca di produzione vitivinicola. Ma per il Chianti Classico, che ha vissuto sugli allori, è arrivata lʼora ridare lustro a quello che, nonostante gli alti e bassi, resta il vino più famoso al mondo. Tutti hanno chiara in mente la realtà delle dolci colline e dei paesaggi del Chiantishire, dove frotte di inglesi, americani, tedeschi, e nord europei si sono riversati per anni, a degustare, mangiare bene e rilassarsi. Le mode passano ma tutti, indistintamente, identificano il Chianti con la Toscana, molti lʼhanno bevuto, e chi non lʼha mai provato lo conosce comunque come fama e localizzazione. Una notorietà che arriva lontano: basti dire che uno degli ultimi resort del lusso costruiti sulla baia di Hong Kong si chiama proprio “Chianti”. Ma cosa manca allora a questo brand per ritrovare tutto il suo splendore? Forse proprio il fatto che è diventato talmente ampio da non contenere più nulla, non più una identità specifica, ma un simbolo tout court, che dice tanto ma rischia di non stupire più. Un vino da “mass market”, che non piace ai giovani, proprio la fascia più dinamica del mercato, i clienti del futuro. Ecco, il Chianti Classico, cosiddetta sottozona del più vasto Chianti, punta su una collezione di eccellenza per rilanciare un brand di territorio. Tutti uniti, sotto un unico brand, unica via per vincere sui mercati esteri. “I casi di successo hanno sempre una denominazione territoriale forte alle spalle”, afferma Davide Gaeta che è insieme a Michele Zonin ai vertici della Chianti Classico Company, la società che gestisce il “brand” Gallo Nero, altra rivoluzione in seno al consorzio. Il braccio marketing, cabina di regia della grandiosa anteprima di Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze a metà febbraio. E prima ancora della Gran Selezione al Salone dei 500 di Palazzo Vecchio, allʼombra di quel Gallo Nero già dipinto secoli fa dal Vasari proprio in una delle formelle che rendono unico il soffitto dello storico salone fiorentino. Prima tappa del road show che con la sua carrellata di degustazioni e abbinamenti locali, anche quelli con le cucine più difficili e lontane, come quella cinese, giapponese e coreana, riprende a raccontare la storia delle diverse aziende, la tradizione, le caratteristiche, i profumi e aromi dei tanti vini che si raccolgono sotto il Gallo Nero, e sotto un unico vitigno, il Sangiovese. Sono 35 milioni le bottiglie di Chianti Classico prodotte annualmente ed esportate in oltre 50 paesi. La Gran Selezione rappresenta poco meno del 10 per centro della produzione, destinata a volare nel tempo per un valore complessivo che si aggira tra i 70 e i 100 milioni di euro. Grand cru destinati a tirare la volata sul mercato, dove già oggi si registra un trend al rialzo. Nel 2013 le vendite di Chianti Classico sono cresciute dello 0,5%, sembra poco, ma va aggiunto allʼimpennata del 10% registrata nel 2012, quando il mercato ha ripreso a correre, soprattutto negli Usa. Lʼexport assorbe 1ʼ80% delle vendite di Chianti Classico e gli Usa, con il 31% di quota, sono il principale mercato di sbocco, seguito da Canada, Germania, Regno Unito, Svizzera, Svizzera, Giappone, Paesi scandinavi e ora Cina, Hong Kong e Russia in quote sempre crescenti. Sono 560 i soci del Consorzio, di cui 365 imbottigliatori. Il resto lavora sullo sfuso. E il prezzo dello sfuso diventa fondamentale, va a regolare il prezzo di vendita della bottiglia sullo scaffale soprattutto per i grandi imbottigliatori. Lʼalto di gamma convive con il mass market, fatto di bottiglie, che hanno toccato sullo scaffale negli anni peggiori della crisi anche il prezzo di 1,10 euro. Eʼ la logica del business, anche quello del fashion funziona così. Ecco, un ulteriore dato a segnalare il trend positivo: “Un ettolitro di Chianti classico sfuso quota oggi 185 euro, oltre il 27% in più del 2012, con una ulteriore tendenza al rialzo. Questo accanto a una progressiva riduzione delle giacenze”, sottolinea Giuseppe Liberatore, Direttore del Consorzio Chianti Classico.

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