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Affari & Finanza / Repubblica

Quando il designer mette il suo tocco nel vigneto … Vino e architettura si incontrano in cantina. Tutto all’insegna del ‘made’ e ‘designed in Italy’. Il vino italiano, che negli ultimi anni gode di un forte ritorno di immagine vuole farsi rappresentare da ‘segni’ speciali. Quelli architettonici che si traducono in cantine molto spesso ‘griffate’, ovvero realizzate da nomi prestigiosi dell’architettura internazionale.
Il marchese Piero Antinori - a capo dell’azienda omonima, tra i più grandi proprietari di vigneti in Europa (con un fatturato di 110 milioni di euro) e produttore di vini pregiatissimi tra cui alcuni ‘super tuscans’, come il Solaia, ai primi posti della rivista americana Wine Spectators, la bibbia dei vini - ha voluto per la nuova cantina la mano di un rappresentante della nuova generazione di architetti italiani. Ha scelto il quarantenne Marco Casamonti a capo dello studio Archea, sostenuto, nella parte ingegneristica di questa sofisticata architettura, dallo studio Hjdea.

Tutto il progetto, che diventa operativo il prossimo febbraio e sarà pronto nel 2008, costa al marchese oltre 40 milioni di euro per un complesso architettonico - vero gioiello sotto il profilo progettuale e ingegneristico - che più che una cantina sembra una città sotterranea di 37 mila metri quadrati, 23 mila coperti.

Quella che ha progettato Casamonti è una cittadella all’interno della quale si troverà il nuovo quartier generale Antinori che dopo decenni si sposta dal centro di Firenze, Palazzo Antinori, in piena campagna. L’edificio che sorge nel cuore del Chianti avrà anche una terza destinazione: al pubblico. Ci sarà un museo ‘dal vivo’ attraverso il quale la gente potrà vedere come viene prodotto e conservato il vino. Verrà realizzato anche un frantoio per l’olio della casa, un forno per il pane, la fabbrica delle barrique dove viene conservato il vino, uno spaccio con i prodotti tipici della zona e un ristorante. «L’idea è di riproporre in chiave contemporanea la ‘fattoria toscana’» spiega il marchese, da sempre legato alla terra.

«Con questo nuovo progetto spostiamo il cuore della produzione da San Casciano val di Pesa, nel Chianti Classico, a Bargino che è sempre nello stesso comune ma in piena campagna, e trovandosi sulla via Cassia è più facilmente raggiungibile dai turisti», spiega il marchese. Anche perché le persone appassionate di buon vino non si limitano a comprarne delle bottiglie, ma vogliono sapere dove viene fatto, come, e in che campagna vengono coltivati i vitigni da cui viene prodotto. E in effetti in Italia si sta muovendo il turismo legato agli itinerari del vino, che invece in paesi come Francia e California è in pieno sviluppo.

Per questo nuovo, ambizioso progetto, il marchese voleva una struttura importante, ma che non rovinasse il paesaggio. «Un luogo importante, ma invisibile». «Un punto privilegiato per vedere la campagna senza essere visti». Insomma un’architettura che facesse incontrare’ contemporaneità e tradizione’, ma il tutto lasciando intatta la bellezza della collina sulla quale sorge. Compito non facile per chi lo prende in carico. L’incontro giusto è stato con Marco Casamonti che nel periodo in cui il marchese aveva avuto questa idea aveva appena scritto il libro ‘cantine’ per Motta Editore, un’indagine sulle varie tipologie di cantine progettate in giro per il mondo. E tra i due è scoccata la scintilla.

«Antinori voleva una cantina che fosse un edificio importante, ma non monumentale e che si nascondesse nel paesaggio - spiega l’architetto Casamonti - La scommessa era far convivere tradizione e innovazione». Che poi è una scommessa per tutta l’architettura italiana visto che grossa parte delle bellezze architettoniche del mondo sono concentrate in Italia.

Nello studio dell’architetto fiorentino hanno cominciato a mettere mano all’edificio a maggio dell’anno scorso. Il progetto per il quale inizialmente era stato stanziato un investimento di 30 milioni di euro ha sforato di oltre 10 milioni, ma il marchese ha accettato. I costi sono lievitati per la complessità di questo luogo sotterraneo. Quello che si vede dall’alto sono solo due tagli nella collina, come fosse un dipinto di Lucio Fontana. Non esiste un parcheggio esterno e tutta la mobilità di camion e macchine dirette verso Antinori è convogliato direttamente dalla via Cassia all’edificio attraverso un percorso sotterraneo. «La collina è stata scavata per 14 metri con diversi livelli, dal più profondo della cantina al più alto degli uffici. Tutto succede e si muove sotto terra, mentre sopra scorrono i vigneti. La luce penetra attraverso i due tagli nella collina. E il paesaggio è rimasto praticamente intatto». Collocare la cantina nel sottosuolo risponde anche a criteri di conservazione del vino che richiede una certa temperatura che si può ottenere artificialmente, con certi costi e dispendio energetico, oppure, come ha fatto lo studio Archea in questo caso collocandola ad una certa profondità nella terra. «E’ interessante progettare una cantina - spiega Casamonti - che insieme riunisce i segni e i significati di un borgo agricolo, di un opificio e di un luogo sacro... visto che quello del vino per molti è un vero e proprio rito».

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