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ECONOMIA

Agroalimentare made in Italy da record: il vino traina l’export (+20%) nel primo trimestre

Coldiretti: preoccupano gli effetti del conflitto in Ucraina. Germania, Francia e Stati Uniti principali mercati, Cina in calo
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Agroalimentare made in Italy da record: export a +20% nel primo trimestre 2022

Con un balzo del 20% è record storico per le esportazioni agroalimentari made in Italy nel 2022 anche se a preoccupare sono gli effetti del conflitto in Ucraina, con i rincari energetici che stanno colpendo i consumi a livello globale. A dirlo è l’analisi Coldiretti relativa ai dati Istat sul commercio estero del primo trimestre del 2022, diffusa nel Summer Fancy Food 2022, il più importante evento fieristico mondiale dedicato alle specialità alimentari a New York City nel Javits Center. Nel Padiglione Italia, assieme all’Ice (Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane), è stata allestita una grande mostra per mettere a confronto, per la prima volta, le autentiche specialità nazionali con le “brutte copie” più diffuse, ma anche la differenza tra i veri piatti della tradizione gastronomica tricolore e quelli storpiate all’estero con ricette improponibili.
Le esportazioni alimentari nazionali sono in aumento sul record annuale di 52 miliardi del 2021 con la Germania che è il principale mercato di sbocco (+9% nel trimestre), davanti alla Francia (+17%) e gli Stati Uniti che mettono a segno un tasso di crescita del 21%. Importante exploit nel Regno Unito con un +29% che evidenzia come l’export tricolore si sia rivelato più forte della Brexit, dopo le difficoltà iniziali legate all’uscita dalla Ue. I due Paesi anglosassoni sono dunque quelli dove le esportazioni crescono di più tra i principali mercati. Dato negativo invece in Cina con un calo del 18% mentre quello per la Russia indica un +4% sul quale sono però destinate a pesare la guerra in Ucraina e le sanzioni. Basti pensare che, se si considera il solo mese di marzo, le vendite di cibo italiano nel Paese guidato da Putin sono crollate del 35%.
All’estero le vendite del Made in Italy sono sostenute soprattutto dai prodotti base della dieta mediterranea. La leadership è del vino con una crescita del 18% nei primi mesi, davanti a frutta e verdura fresca, ma nel paniere del Made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta, formaggi, olio d’oliva e salumi, anche se a livello nazionale resta da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti: dalla carne ai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. Il vino è anche il prodotto italiano più gettonato negli Usa, dove rappresenta quasi un terzo dell’intero valore dell’export agroalimentare, forte anche di un incremento del 13% registrato nel primo trimestre 2022 (analisi Coldiretti), grazie anche al traino degli spumanti che crescono addirittura del 18%. Aumenti a doppia cifra (+16%) anche per l’olio d’oliva, al secondo posto tra i prodotti Made in Italy più amati negli States seguito dalla pasta che mette a segno un balzo del 23%. Bene anche confetture, passate e succhi (+21%), che precedono i formaggi (+28%).
Secondo Coldiretti, alla base del successo del made in Italy “c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con la leadership Ue nel biologico con 80.000 operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Il Belpaese è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne”. Il presidente Coldiretti Ettore Prandini sottolinea come “per sostenere il trend di crescita serve ora agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti”. Ma non solo perché “è importante lavorare anche sull’internazionalizzazione per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati valorizzando il ruolo strategico dell’Ice e con il sostegno delle ambasciate”.

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