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Il vino italiano sulla via “dell’Unesco”: tutti i territori enoici in corsa per diventare patrimonio dell’umanità ... Il vino è, senza dubbio, un patrimonio dell’umanità in termini di piacere, storia, economia e cultura. Almeno in via “informale”. Ma ci sono territori enoici che già sono, anche ufficialmente, Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Come la Val d’Orcia, in Toscana, che racchiude al suo interno Montalcino, patria del Brunello e San Gimignano con la sua Vernaccia, ma anche la Val di Noto in Sicilia, terra di città barocche e di tanti importanti vini dell’Isola, o Castel del Monte, in Puglia, con i vigneti ai piedi del celebre castello di Federico II “racchiusi” dall’omonima Doc. Solo per citare i casi più celebri. Ma tanti sono i territori enoici, individuati dal portale Winenews, nella lista italiana in mano alla commissione di valutazione Unesco, che cercano la candidatura facendo leva direttamente sul legame con il nettare di Bacco, come le Langhe, Roero e Monferrato (la cui candidatura è già rimanda ufficialmente rimandata al 2013), dove nascono Barolo, Barbaresco e altri grandi vini piemontesi, o come la Valtellina, terra dello Sfurzat, tra gli altri, che cercano la candidatura proprio come paesaggi viticoli. O come le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, indissolubilmente legate alle celeberrime bollicine venete. Tante sono anche le zone in cerca di candidatura che, pur non richiamandosi direttamente a Bacco, hanno nel vino e nella viticoltura elementi fondamentali della loro storia, cultura e patrimonio paesaggistico. Come l’Etna, uno dei territori enoici emergenti del Belpaese, dove una delegazione Unesco è in visita proprio in questi giorni per esaminare il dossier e incontrerà anche i locali produttori di vino. Scorrendo la lista, non mancano poi Orvieto, splendida perla architettonica dell’Umbria, nelle cui campagne nasce l’Orvieto Doc, o la Valle del fiume Aniene, nel Lazio, le cui acque bangano le terre in cui nasce il Cesanese di Affile Doc. Impossibile non citare il Salento, in Puglia, dove oltre a “lu sole, lu mare, lu sole e lu ientu”, a modellare il paesaggio e l’economia sono anche i vigneti di Negramaro e Primitivo, così come avviene nelle Murge di Altamura, in lizza per la candidatura. E in Sardegna, nel Sulcis Iglesiente, dove non lontano spiagge, mare cristallino e miniere di carbone, nasce, tra gli altri, in provincia di Cagliari il Carignano del Sulcis. Senza contare il progetto internazionale che punta a candidare la “Cultura del Vino” a Patrimonio dell’Umanità Unesco, nato da un’idea dello spagnolo Santiago Vivanco, a capo dell’associazione per lo sviluppo del turismo e della cultura del vino spagnola, che nel 2013 avanzerà la candidatura quando tutti i musei e le strade del vino, non solo d’Europa, ma del Mondo, saranno state censite e messe a sistema su una piattaforma web dedicata. Il processo di selezione per entrare a far parte della World Heritage List dell’Unesco è selettivo e lungo e per sapere quali saranno i nuovi patrimoni dell’umanità legati al vino bisognerà aspettare mesi, se non anni. Ma, intanto, coscienti che un eventuale “no” oggi può trasformarsi in un “sì” domani (ci sono dossier sul tavolo da anni che vengono riesaminati, arricchiti e riproposti, come nel caso delle Langhe, per esempio), non resta che ingannare l’attesa con un buon bicchiere di vino. Che, nei fatti, è già un vero, enorme, importante e piacevolissimo patrimonio dell’umanità.

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