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AISE

Pubblicata l’ordinanza della Corte di giustizia Ue sull’illegittimità del termine Tocai. Il ministro Zaia: pieno sostegno ai produttori ... La seconda sezione della Corte di Giustizia Europea ha pubblicato, il 20 giugno scorso, l’ordinanza che conferma l’illegittimità dell’uso del nome Tocai per designare i vini prodotti in Italia. È solo l’ultimo atto della lunghissima querelle tra il vino italiano e il Tokaj ungherese, per porre fine alla quale il ministero italiano delle Politiche Agricole, Luca Zaia, aveva già predisposto una normativa ad hoc per consentire l’utilizzo della denominazione “Friulano” per il vino prodotto in Friuli Venezia Giulia e “Tai” per quello prodotto nella Regione Veneto.
La decisione della Corte europea, sottolinea il portale winenews.it, non preoccupa il ministro Zaia, che ha dichiarato: “prendiamo atto dell’ordinanza della Corte, che conclude una vicenda che va avanti da lungo tempo. Riteniamo che l’eccellenza e la bontà del vino italiano già denominato Tocai sia riconosciuta ed indiscutibile, per cui, anche con un nome diverso, i produttori italiani sapranno consolidare le posizioni già acquisite sul mercato europeo ed internazionale per il Tocai oltre che per gli altri vini”. Zaia, inoltre, si è detto pronto a predisporre in tempi brevissimi i provvedimenti attuativi dell’ordinanza della Corte e ha confermato la volontà di “sostenere gli sforzi dei produttori italiani per conquistare, con i loro vini e anche il Friulano e il Tai, nuove quote di mercato”.
C’è però chi non si rassegna. Come Luigi Soini, direttore della Cantina produttori di Cormòns a Gorizia. “Per noi la decisione della Corte di Giustizia europea non cambia nulla”, afferma. “Continuiamo a esportare il Tocai friulano in tutti i Paesi extra Ue. Continuiamo a fare quello che fanno i produttori cileni, australiani e canadesi, che producono e commercializzano il Tocai in quei Paesi. Noi esportiamo il Tocai friulano in Svizzera e in tutti i Paesi extra europei dove è possibile farlo. Il tutto”, conclude, “in attesa del pronunciamento della Corte di Lussemburgo, che dirà una parola definitiva su questa vicenda”.

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