Alla fine, dopo tanti rumors e mezzi annunci, arriva la parola definitiva: Eataly sarà quotata in borsa, almeno in parte. A dirlo, riporta il quotidiano “Il Sole 24 Ore”, lo stesso fondatore della catena, Oscar Farinetti.
“Ho fatto entrare un socio che si chiama Gianni Tamburi - spiega Farinetti - che ha acquisito il 20% di Eataly, e sarà lui a gestire questa parte. Il primo a dirmelo tre anni fa fu un certo Andrea Guerra che disse che un’azienda come Eataly, sempre più globale, non può non andare in Borsa. E, quindi, ci andremo. Ci metteremo dentro il 33% - ha aggiunto - il resto resterà alla mia famiglia, che detiene il 60% della holding, e i miei figli resteranno lì a fare gli amministratori delegati, perché sono più bravi di me ed è il motivo per cui io me ne vado”.
“A Expo - dice ancora Farinetti - come Eataly abbiamo 16.000 metri quadri: 15.200 li abbiamo dedicati alle piccole osterie e trattorie che presentano 900 piccole aziende del territorio, e 800 mq alle grandi marche, che sono un esempio della nostra diversità, fanno un ottimo prodotto e a un prezzo sostenibile”.
Farinetti si è anche spinto sui tempi di realizzazione delle opere: “siamo arrivati un po’ lunghi per la burocrazia italiana. Non so perché ma i direttori dei musei non hanno tanta voglia che le loro opere siano molto viste, preferiscono guardarsele loro: al Padiglione di Eataly si possono ammirare 250 opere d’arte che ci ha portato Sgarbi, ma dal 22 luglio ce ne saranno 400”.
Focus - Expo 2015 secondo Oscar Farinetti
Expo 2015, con la sua bellezza, i suoi colori e i suoi sapori, è l’ideale luogo di incontro per trovare soluzioni concrete al problema della nutrizione. Così Oscar Farinetti, patron di Eataly, risponde ai dubbi di chi si chiede se realmente l’esposizione universale, con i suoi padiglioni avveniristici e la sua atmosfera allegra, possa realmente dare risposte al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
“Noi umani - spiega Oscar Farinetti all’Agenzia Adnkronos - per riunirci, per trovarci, dobbiamo creare dei luoghi belli, in cui poter discutere di argomenti importanti, forti e duri. Perché farlo in un luogo brutto, visto che si è capaci di farli? A me piace molto la bellezza di Expo e sono favorevole ai suoi luoghi”. Oltre la bellezza, Farinetti invoca, però, la necessità di un dibattito serio che riguardi tanto la nutrizione nei Paesi occidentali, quanto la mancanza di cibo in quelli poveri.
“Nel mondo siamo sette miliardi e tre, produciamo cibo per 12 miliardi e malgrado questo, 826 milioni di persone hanno problemi di fame. In occidente, un miliardo e mezzo di persone sono obese e due miliardi sprecano e buttano via il 40% di quello che comprano”. Una situazione di forte disequilibrio che, per il patron di Eataly richiede un cambio di rotta a partire dal modo di pensare: “dobbiamo ripartire da noi, dal tema del rispetto - afferma - io spero che alla fine di questi sei mesi di discussione esca il fatto che l’unico modo per risolvere i problemi della fame è aiutare i Paesi poveri a seminare la propria biodiversità”.
Non più, quindi, l’idea di trasportare cibo in tutto il globo, ma il trasferimento di tecniche e saperi per fare sì che ciascun popolo diventi esso stesso produttore di cibo. In questa direzione va anche il progetto “10.000 orti in Africa” lanciato da Slow Food nel 2010, che prevede la realizzazione di orti “buoni, puliti e giusti” nei villaggi africani perché oltre a garantire alle comunità cibo fresco e sano, formi una rete di leader consapevoli del valore della propria terra e della propria cultura, in grado di guidare il cambiamento e il futuro del continente. “Si tratta di un progetto molto importante - sottolinea Farinetti - perché crea delle leadership locali che incominciano a interessarsi della propria biodiversità, a seminarla, a coltivarla, a conservarla e a mangiarla. Noi come Eataly, nel nostro piccolo, contribuiamo con mille orti. Ne abbiamo già fatti 300 e vogliamo continuare in questa direzione. Perché benessere alimentare e sostenibilità ambientale sono due temi fondamentali. Ed è attraverso il modo in cui ci nutriamo che discende tutta la catena della sostenibilità”.
“Se l’umanità intera - aggiunge Farinetti - decidesse di non mangiare più prodotti con coloranti, pesticidi e diserbanti, cambierebbe radicalmente il nostro rapporto con la terra. Perché è ovvio che i contadini producano quello che la gente chiede. Bisogna partire dalla fine. Convincere le persone a nutrirsi meglio, mangiando di meno, ma mangiando meglio. Se riusciremo a convincerci di questo - conclude - saremo sulla strada giusta”.
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