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ITALIA DA SALVARE

Alluvione, gravi danni agli ecosistemi. Coldiretti esorta a fare la spesa “made in Romagna” 

Stragi di api e lombrichi, ma anche di pesci e vongole in mare. A San Pietro i contadini portano le specialità agricole salvate dal disastro

Non solo danni economici incalcolabili e perdita di vite umane: l’alluvione in Romagna ha sconvolto anche la natura e gli ecosistemi, decimando le api - dal cui volo dipende l’impollinazione delle piante - e facendo strage dei lombrichi indispensabili per la fertilità dei terreni, mentre nelle acque del mare sono in sofferenza pesci e vongole. Emerge dall’analisi Coldiretti, che, per sostenere le 21.000 aziende agricole del territorio, esorta i consumatori a fare una spesa “made in Romagna”, e con “Campagna Amica” e la Fondazione “Fratelli Tutti” porta simbolicamente a San Pietro i prodotti agricoli salvati dai territori colpiti dal disastro .
Il permanere per così lungo tempo dell’acqua nel terreno ha creato condizioni molto critiche per la vita nei circa 300.000 ettari di terreni alluvionati dove insetti, funghi, batteri e lombrichi svolgono una attività essenziale per l’umificazione e quindi per la fertilità necessaria alle coltivazioni. Con la morte dei lombrichi viene meno il lavoro instancabile da loro svolto nel suolo dove scavano gallerie, incorporano il materiale vegetale morto nel terreno, producono il pregiato humus e provvedono a una struttura ottimale del terreno.
Se sottoterra la situazione è difficile, nei cieli è venuto a mancare il prezioso lavoro di impollinazione delle api con la perdita di un numero elevato di famiglie che erano presenti nei 45.000 alveari censiti in Romagna. Tre colture alimentari su quattro, spiega Coldiretti, dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra cui le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni. É allarme anche per le acque, dove sono in sofferenza le vongole per effetto della drastica riduzione del livello di salinità, a causa del forte aumento della portata d’acqua dolce del Po. Con il cambiamento dell’equilibrio ambientale, infatti le vongole escono dalla terra per cercare ossigeno e si espongono così anche agli attacchi del granchio blu, predatore implacabile dei molluschi. Il disastro dell’alluvione ha colpito anche gli ecosistemi delle aree interne della Romagna, con le frane che hanno devastato gli ulivi, patrimonio di biodiversità nazionale.Nelle aree collinari sono stati devastati anche i boschi di castagno, con terreni franati che hanno fatto perdere un prezioso rifugio e cibo ad animali, uccelli e insetti. Colpita anche l’azione di recupero della biodiversità delle razze in via di estinzione come il bovino romagnolo e il suino di Mora Romagnola, che sono parte fondamentale del paesaggio e dell’equilibrio ecoambientale dei territori investiti da frane e alluvione.
Ma l’esondazione ha sommerso soprattutto i frutteti, “soffocando” le radici degli alberi fino a farle marcire, con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. E tra queste le pesche e le nettarine di Romagna Igp le cui origini risalgono al XIX secolo, ma anche le albicocche Reale e Val Santerno di Imola, due varietà autoctone di grande qualità che già dal Novecento rappresentano una delle principali fonti di reddito per le aziende agricole del territorio e hanno senz’altro contribuito ad arginare l’esodo rurale. Minacciata anche la Ciliegia di Cesena, una varietà anch’essa dalle origini antiche e molto amata per il gusto e la consistenza della polpa, così come la fragola di Romagna, i cui campi sono da decenni parte integrante del paesaggio rurale dell’entroterra ed ora sotto finiti sott’acqua.
Si tratta di far tornare a vivere un territorio di 300.000 ettari di superficie agricola, dei quali oltre 25.000 ettari di frutteti, mentre in altri 25.000 ettari sono piantati vigneti. Ma ci sono anche migliaia di ettari coltivati ad orticole come patate, pomodoro, cipolla e altro anche per la produzione di sementi. Oltre 60.000 ettari sono coltivati a grano duro per la pasta, grano tenero per il pane, orzo, sorgo e mais. Su altri 7.000 ettari si estendono le coltivazioni di girasole, colza e soia, mentre oltre 40.000 ettari sono coltivati ad erba medica per l’alimentazione animale. E’ preoccupante anche la situazione degli allevamenti, con 250.000 fra bovini, maiali, pecore, capre, polli, galline da uova e tacchini e migliaia di animali morti e affogati. Ora l’acqua ha lasciato il posto nei campi coltivati ad un fitto strato di limo e sabbia, con il terreno che sembra pietrificato da una crosta impermeabile che rende impossibili gli scambi gassosi fondamentali per le radici e la vita delle piante. I raccolti annuali sono andati perduti, ma per frutteti e vigneti l’asfissia radicale uccide le piante con la perdita di produzione per i prossimi quattro o cinque anni.
La ripresa delle attività di vendita dei prodotti agroalimentari romagnoli è un primo passo importante per salvare 21.000 imprese agricole, che alimentano un indotto rilevante nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione alimentare: per questo Coldiretti, nel “World Meeting of Human Fraternity”, con la Fondazione “Fratelli Tutti” e il mondo contadino di “Campagna Amica della Romagna alluvionata”, ha portato a Roma in San Pietro le specialità salvate dal disastro. I produttori alluvionati hanno anche confezionato un cesto di tipicità da donare al Santo Padre come augurio di pronta guarigione.
“Occorre tagliare la burocrazia ed i tempi per fare arrivare il più in fretta possibile gli aiuti alle famiglie e alle imprese e sostenere la voglia di ricominciare di una popolazione che sta stupendo il mondo per la sua grande forza - ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini , nel sottolineare che - acquistare prodotti agricoli e alimentari provenienti dalle zone alluvionate è il miglior modo per aiutare concretamente la popolazione facendo ripartire l’economia e l’occupazione dei territori colpiti”.
L’alluvione ha devastato aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole del Paese, con una produzione lorda vendibile della Romagna pari a 1,5 miliardi di euro all’anno, che moltiplica lungo la filiera grazie ad un indotto di avanguardia, privato e cooperativo, nella trasformazione e distribuzione alimentare che è stato fortemente compromesso. Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali con frane nelle aziende e lungo le strade.
Ma a pesare c’è anche il fenomeno del dissesto idrogeologico, con oltre 30.000 persone che vivono in aree a rischio per pericolo di frane tra Ravenna, Rimini e Forli-Cesena, assieme a più di 2.000 unità locali di imprese (secondo l’ultimo rapporto Ispra). Sono centinaia le aziende agricole che rischiano di scomparire con terreni letteralmente ingoiati da frane, voragini e smottamenti ma a preoccupare sono anche i danni alle infrastrutture, con strade interrotte e ponti abbattuti, con difficoltà a garantire cura agli animali isolati per le interruzioni nel sistema viario, ma anche la commercializzazione dei prodotti scampati al disastro.
La Coldiretti ha avviato l’iniziativa di solidarietà “Salviamo le nostre campagne”, grazie alla quale sarà possibile sostenere le aziende agricole colpite, con un versamento sull’Iban IT 55 U 02008 02480 000106765286, intestato a Federazione Regionale Coldiretti Emilia Romagna, con causale “Alluvione Emilia Romagna 2023”.

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