A volte, tra grande vino e cibo, l’abbinamento va ben oltre il piatto, e fa bene al territorio. Grazie ad una sempre maggiore sensibilità dei produttori di vino, che investono sempre più spesso ben oltre i proprio confini aziendali. Come succede in Alta Langa, territorio d’eccellenza della spumantistica Metodo Classico del Piemonte, legato a doppio filo al Tartufo Bianco d’Alba e alla sua Fiera Internazionale, con il Consorzio guidato da Giulio Bava protagonista di un’iniziativa peculiare, che vedrà i viticoltori dell’Alta Langa dedicare una porzione di terreno alla piantumazione di alberi simbionti del tartufo, in partnership con il Centro Nazionale Studi Tartufo.
“Il bello di questo legame tra Alta Langa ed il tartufo - spiega Giulio Bava, a WineNews - è che va ben oltre la comunicazione, gli eventi ed i momenti gastronomici che vedono i nostri vini protagonisti di cene e pranzi, stellati e non solo, a base di tartufo. Noi produttori non siamo “solo venditori di bottiglie”, ma una denominazione, un Consorzio che ricade su un territorio, e vogliamo prenderci cura del nostro ambiente. E siccome il tartufo non è un prodotto semplicemente “spontaneo”, ma va curato e va seguito, perchè non cresce nell’abbandono ma nella pulizia, abbiamo pensato di coinvolgere i viticoltori del Consorzio, che sono quasi 80, chiedendogli di mettere a disposizione terreno e tempo per mettere a dimora piante micorizzate per creare condizioni ideale perchè il tartufo viva della sua spontaneità. A breve faremo dei sopralluoghi di terreni e boschi per valutare come agire. E non lo facciamo noi che siamo esperti di vino, ma con il Centro Nazionale Studi Tartufo, che ne ha le competenze. Il Consorzio dell’Alta Langa si fa promotore del progetto, e se ne fa carico. D’altronde, qui in Alta Langa, l’antropizzazione è meno forte che in altri territori, c’è una biodiversità di boschi, pascoli, noccioleti e vigneti, e l’ottica è quella di preservare questa diversità di coltivazioni. E il fatto che un Consorzio che si occupa di vino si curi di piantare alberi è importante”.
Un progetto che vuole restituire al territorio un po’ di quello del territorio dà ad un vino protagonista di una crescita straordinaria, raccontanto dai numeri del Consorzio: 50 case spumantiere, associate al Consorzio, che producono 80 diverse etichette di Alta Langa Docg; 90 viticoltori, 300 ettari di vigneto (1/3 Chardonnay, 2/3 Pinot Nero) e un + 42% di vendite sui valori pre-pandemia del 2019; le alte bollicine piemontesi chiudono l’anno con un sold-out che lascia ben sperare per il 2022, quando gli ettari di vigneto si assesteranno a quota 350, per una produzione attesa di oltre tre milioni di bottiglie.
“Oggi il giro d’affari al consumo che stimiamo - aggiunge Bava - è intorno ai 30 milioni di euro, con scorte di cantina legate al periodo di invecchiamento dei vini (minimo 30 mesi di affinamento sui lieviti, da disciplinare), che ci fanno pensare ad un valore tra i 60 ed i 100 milioni di euro come peso economico della denominazione Alta Langa. Che è il nome nuovo di una grande tradizione piemontese, perchè il metodo classico è nato qui (è stato il primo Metodo Classico ad essere prodotto in Italia, fin dalla metà dell’Ottocento, nelle “Cattedrali Sotterranee” oggi riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco, ndr). Siamo ripartiti con vigneti nuovi, più in collina, c’è una crescita indubbia ma siamo ancora a numeri piccoli, abbiamo tempi lunghi, siamo portati per natura a immaginare le cose proiettate molto in avanti. Dal piantare una vigna alla bottiglia passano almeno 7 anni”, ricorda Bava. Alla guida di un Consorzio enoico che si prenderà cura anche dell’ambiente dove nasce un frutto pregiato come il tartufo, la cui “cerca e cavatura” in Italia è diventata da poco patrimonio Unesco.
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