Le quotazioni stellari dei vigneti più prestigiosi di Barolo, che superano i 2,5 milioni di euro ad ettaro nei cru più prestigiosi, sono un dato certamente importante e positivo. Ma anche un campanello d’allarme, o quanto meno un aspetto su cui riflettere bene, perchè sono valori non proporzionati al valore effettivo, seppur elevato, dei vini, e perchè rischiano di paralizzare gli investimenti di imprese delle cantine del territorio. Ma se nei cru più importanti le quotazioni non diminuiranno, nel resto degli oltre 2.100 ettari rivendicati a Barolo, i prezzi tenderanno a normalizzarsi nel prossimo futuro. In ogni caso, per il futuro di quello che è già uno dei territori più prestigiosi d’Italia e del mondo, sarà fondamentale lavorare sulla crescita dei valori delle bottiglie, che passa anche da un lavoro più approfondito sulle vecchie annate, rispetto a quanto fatto fino ad oggi. È, in estrema sintesi, la visione del futuro del territorio che, a WineNews, regalano due dei nomi più autorevoli delle Langhe del vino, imprenditori che hanno contribuito in maniera importante a costruire il successo dei vini del territorio Unesco, come Bruno Ceretto, patriarca della famiglia Ceretto, oggi guida di una delle cantine più importanti del territorio, e Pio Boffa, alla guida della storica Pio Cesare, presidio della memoria del Barolo nel cuore di Alba, e tra i marchi più affermati nel mondo.
“Dovremmo saltare sul tavolo dalla felicità per i valori raggiunti dati terreni, si arriva anche oltre i 2,5 milioni ad ettaro nei cru. Ma noi qui nelle Langhe - spiega Ceretto - siamo come la Borgogna, fatta di tanti piccoli proprietari. Credo che sugli oltre 2.100 ettari a Nebbiolo da Barolo, ci siano oltre 1.200 proprietari dei vigneti. Qui i terreni 40 anni fa non costavano niente, perchè la gente li abbandonava per andare a vivere in città. Questi valori li hanno creati una quindicina di produttori di grande spessore, di quelli che corrono per il mondo e battono il marciapiede. Abbiamo migliorato la viticoltura, ma soprattutto la qualità del vino, e oggi siamo a questi prezzi. Ma dobbiamo ricordarci che il Barolo 50 anni fa - sottolinea Ceretto - ancora non faceva testo, nel 1960 si faceva una fatica enorme a vendere il Barolo, era il Dolcetto a trainare. Oggi il mondo è cambiato, in meglio. Però il vero valore aggiunto di questo territorio sono i tanti piccoli contadini che hanno mandato i figli alla scuola enologica e poi si sono fatti la loro piccola azienda. Oggi ci saranno 300 etichette di Barolo, e sono la nostra forza. Ma chi vorrebbe ingrandire la propria azienda spesso non può farlo, questo crea grandissimi problemi. Ma io ho 82 anni, ho visto tantissimi cambiamenti, e credo che le cose cambieranno ancora e si normalizzeranno. Non caleranno i prezzi dei 10-15 cru più importanti come Brunate, Cannubi, Rocche di Falletto, Bussia e così via, nel resto del territorio sono destinati a calare. Anche perchè il 60% del Barolo che è nelle enoteche e nei supermercati parte dalla cantina a non più di 9 euro alla bottiglia, quindi tutto si calmerà. Mentre credo che per crescere ancora, come prestigio e valori, dobbiamo ancora lavorare sulle vecchie annate e sul creare uno storico, cosa che qui in pochissimi, anche per necessità economiche, fino alla fine degli anni 90 del secolo passato, hanno fatto, ma è fondamentale per confrontarci con in più grandi”.
“C’è un trend di crescita dei valori all’impazzata. Lo riteniamo azzardato e senza alcuna ragione economica - spiega, dal canto suo, Pio Boffa - e, a mio modo di vedere, abbiamo una zona, quella di Barolo e Barbaresco, che ha avuto performance incredibili negli ultimi 10 anni, ma le basi vere e concrete per supportare un aumento di valori così grande, e di conseguenza un aumento dei prezzi dei vini, non sono ancora state gettate. Dobbiamo lavorare ancora tanto. Io vado controcorrente, ma dico che questi prezzi dei terreni al momento sono “paralizzanti” per chi vuole investire. Le stime di 2,5 milioni ad ettaro sono anche basse, ci sono cifre anche molto più alte per delle posizioni particolarmente particolari ed importanti, cifre che a noi che siamo qui da tanti anni fanno rizzare i capelli. Anche perchè forse – aggiunge Boffa - il clima ci spingerà a spostarci un po’ più in alto in zone più fresche. Ma al di là di questo, mi fanno un po’ di paura questi grandi valori, perchè accendono una spirale perversa che è quella dell’aumento dei prezzi. È chiaro che se tutti vendessimo vini a valori proporzionali a quei valori dei vigneti, saremmo tutti molto felici, ma così non è. Non abbiamo gettato basi sicure, dobbiamo ancora lavorarci, dobbiamo andare più piano, magari lasciando anche un po’ più di libertà nella crescita, anche dei vigneti, a chi ha mercato, per chi cresce non solo sui mercati del mondo, ma anche in Italia, che è stata un pò lasciata da parte, peraltro. E non va bene, perchè se i grandi clienti vengono in Italia, nelle nostre città, e non trovano i nostri grandi vini, con che faccia andiamo nel mondo. Poi è chiaro che la grandezza di un vino si misura con la grandezza della platea che lo apprezza, quindi è giusto buttarci sui mercati stranieri, storici ed emergenti, ma è un grande errore, che anche noi abbiamo fatto, di trascurare l’Italia, che è il mercato che comunque ci ha fatto grandi e ci ha poi consentito di andare nel mondo”.
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