Il vino più amato dai wine lovers Usa è il Brunello di Montalcino (33%), seguito dal Barolo (26%), che staccano Chianti (11%), Amarone (9,5%), Prosecco (3%), Pinot Grigio (2%) e Soave (1%): è una conferma, più che una sorpresa, quella che emerge dal sondaggio di Wine Spectator tra i propri lettori, presentato ad Opera Wine 2019, la tradizionale “anteprima” di Vinitaly, di scena oggi alla Gran Guardia di Verona, dall’executive editor del magazine Usa, Thomas Matthews, e dai due senior editor, Bruce Sanderson ed Alison Napjus. Del resto, che il vino italiano, sul mercato Usa, sia la vera star, lo ha ricordato anche il presidente di Veronafiere Maurizio Danese, sottolineando che “Vinitaly si conferma l’evento di punta del vino, anche per il numero di espositori stranieri, con quello degli Usa che si conferma come il mercato più importante, con un valore all’export di 1,7 miliardi di dollari, e nonostante la crescita esponenziale di questi ultimi anni gli Usa sono ancora una grande opportunità per il vino italiano. Nel nostro piano industriale, non a caso, c’è l’apertura di due avamposti per la promozione del vino, uno in Cina, nel 2020, ed uno in Usa, nel 2022. Opera Wine, in questo senso, ci permette di uscire dalla fiera e abbracciare tutta la città, per l’ottavo anno”.
Ed in Usa, a raccontare il Belpaese enoico, come ricorda Stevie Kim, a capo di Vinitaly International, “ci sono 63 ambasciatori formati dalla Vinitaly International Academy, sui 204 presenti in tutto il mondo, dai 44 della Cina ai 19 del Canada”. Opera Wine, come detto, è anche la porta che si apre su Vinitaly, che con questa edizione vive una vera e propria svolta, ribadita dal direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “due sono i pilastri su cui poggia il cambiamento, riassunti da due motti: “Vinitaly Culture of Wine”, perché la mission principale di Vinitaly è quella di portare la cultura del vino italiano nel mondo; e “Vinitaly 4.0”, con la digitalizzazione che ha ed avrà un ruolo sempre più importante. Lanceremo un Portale Business, a servizio degli espositori, dove monitorare in modo continuato le opportunità, tappe di Vinitaly nel mondo, ma anche ordini e pagamenti, e ci sarà un forte feedback sugli operatori invitati in fiera. Con tutte le informazioni disponibili per gli operatori. E nel portale ci saranno info su tutti gli espositori, anche indiretti (non si vedrà più solo il Consorzio, per esempio, ma tutte le aziende presenti in fiera nel Consorzio stesso). E poi - conclude Mantovani - c’è la App di Vinitaly, che funziona con un servizio ci geolocalizzazione, e Veronafiere è il primo quartiere fieristico europeo a farlo”.
Tornando alla ricerca, tra le varietà preferite, non è un caso che tra quelle a bacca rossa vinca il Sangiovese (44%), mentre tra i vitigni a bacca bianca ad avere la meglio è, ancora, il Pinot Grigio (30%), mentre quando si parla di rapporto qualità prezzo, ossia di bottiglie sotto i 25 dollari, l’enoappassionato Usa punta su Toscana (48%) e Sicilia (30%), ma è interessante come tra le donne sia particolarmente popolare il Friuli Venezia Giulia (16%), mentre gli under 30 preferiscano la Puglia (21%). Nel complesso, guardando alle dinamiche di consumo, il 12% degli intervistati dice di scegliere un’etichetta italiana in più del 50% delle occasioni, mentre il 58% decide per un vino made in Italy tra il 10% ed il 50% delle occasioni, ed il restante 30% meno del 10%. In termini di spesa media, il 13% dei wine lover intervistati da Wine Spectator spende più di 50 dollari a bottiglia, il 39% tra i 26 ed i 50 dollari a bottiglia, il 40% tra i 16 ed i 25 dollari a bottiglia e l’8% meno di 15 dollari a bottiglia: il 52%, quindi, spende più di 26 dollari, percentuale che scende al 48% tra le donne ed al 42% tra gli under 30. Leva fondamentale per il successo del vino italiano in Usa si conferma la cucina, indicata come la preferita in assoluto dal 49% degli intervistati (con un altro 6% che ha indicato pizza e pasta, ndr), tanto che le etichette del Belpaese sono in assoluto le preferite (43%) da abbinare a tavola con il cibo.
Questo lo stato dell’arte, decisamente in salute in termini di immagine, del vino italiano in Usa, che oggi porta il meglio della produzione del Belpaese nel calice, da Antinori a Tenuta San Guido, da Ferrari a Caprai, da Allegrini ad Ornellaia, da Masciarelli a Feudi di San Gregorio, da Mastroberardino a Quintodecimo, da Famiglia Cotarella a Bellavista, da Cà del Bosco a Tenuta di Trinoro, da Nino Negri a Umani Ronchi, da Gaja a Marchesi di Barolo, da Gianfranco Fino a Leone de Castris, da Tormaresca ad Argiolas, da Santadi a Donnafugata, da Pietradolce a Planeta, da Tasca d’Almerita a Gini, da Canalicchio di Sopra a Carpineto, da Castello di Albola a Fontodi, da Frescobaldi a Fuligni, da Rocca delle Macie a Lungarotti, da Masi a Nino Franco, da Zenato a Cantine Lunae, da Di Majo Norante a Fèlsina, da Mascarello a Pieropan, da Paternoster a Bruno Giacosa, da Mazzei a Terlano, da San Leonardo a ad Aldo Conterno, solo per citare alcune delle griffe selezionate da Bruce Sanderson ed Alison Napjus, che ci tengono a sottolineare come si tratti “di scelte assolutamente libere ed indipendenti. Quello che ci interessa portare ad Opera Wine è l’eccellenza dell’Italia del vino, raccontando il cambiamento e la vivacità di un Paese tanto ricco, senza dimenticare mai chi l’ha fatto, enologicamente, grande. Non è un caso, in questo senso, che ci siano 15 news entry, tra cui le sei aziende del Brunello di Montalcino, territorio che ha subito un turn over completo proprio in virtù di questa ricchezza qualitativa, ma anche 7 vecchie conoscenze”.
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